Barletta: un connubio tra arte e storia

Col pretesto di visitare un’interessante mostra allestita presso la Pinacoteca De Nittis a Barletta, ho colto l’occasione per fare un bel giretto in questa allegra cittadina di mare, al limite settentrionale della Terra di Bari, profondo Sud.

Inevitabilmente, addentrandomi nel cuore di Barletta, mi accorgo di come le imponenti chiese medievali, il possente castello, l’antico porto, le eleganti architetture rinascimentali mi parlino con un certo orgoglio, raccontandomi la storia di una città il cui aspetto estetico è innegabilmente segnato da un illustre passato.

Di origini antichissime – il ritrovamento di tombe apule con materiale risalente al IV-III secolo a.C. denota, infatti, l’esistenza di un centro indigeno – la città assunse un’importanza crescente durante il periodo di dominazione Normanna, divenendo un vivace centro commerciale e una ragguardevole fortezza. Ma il periodo di maggiore splendore, Barletta lo conobbe con l’avvento degli Angioini, tra il XIV e il XV secolo, quando divenne punto nevralgico per i traffici con l’Oriente e la sua flotta si rafforzò fino a divenire una delle migliori del regno.

Un evento in particolare ha segnato la storia di questa città: la epica Disfida di Barletta, rivissuta puntualmente ogni anno l’ultima domenica di luglio, durante una sentita manifestazione accompagnata da un suggestivo corteo storico. Nella prima metà del ‘500, infatti, il valoroso Ettore Fieramosca capeggiò un esercito di tredici cavalieri italiani militanti nelle file spagnole, conducendoli alla vittoria contro altrettanti combattenti francesi.

Ospitata tra le nobili mura di Palazzo Marra, la Pinacoteca De Nittis è un omaggio al grande pittore nato a Barletta che, a contatto con i macchiaioli a Firenze e con gli Impressionisti a Parigi, elaborò opere tra le più originali e significative della pittura italiana di fine Ottocento.

Il Palazzo stesso è un’opera d’arte: situato in via Cialdini è un maestoso esempio di architettura barocca di fine ‘500, costruito su tre livelli e impreziosito da un’elegante corte interna. L’imponente balcone principale, retto da cinque mensole raffiguranti mostri, cani e grifi, domina la facciata principale, decorata da allegoriche raffigurazioni della Vecchiaia e della Giovinezza.

La raccolta di opere di Giuseppe De Nittis, donate alla città natale dalla moglie Léontine Gruvelle, si sviluppa lungo un accurato percorso museografico che disvela la naturale evoluzione artistica del pittore; a partire dalle esperienze partenopee con i paesaggi dal vero, concretizzati soprattutto negli incantevoli scorci vesuviani, prosegue poi con una personale e vivace interpretazione delle grandi capitali europee, trapelanti modernità, per racchiudersi infine nel dolce intimismo che portò il pittore a ritrarre poetiche figure femminili, Léontine in primis.

“L’odore della luce”, sinestetica espressione che dà il nome alla mostra temporanea, offre, invece, una delicata visione della vita contadina, un’interpretazione nobilitata della quotidianità di quei gesti faticosi sullo sfondo di una natura incontaminata e sublime. Una particolare attenzione è rivolta alla figura femminile che, sullo sfondo dei mutamenti politici e culturali dell’Italia a cavallo tra ‘800 e ‘900, andava assumendo un ruolo di fondamentale importanza sociale.

Mi allontano dal bel Palazzo, curiosa di ammirare il famoso Colosso, situato affianco alla meravigliosa Basilica di S. Sepolcro. Questa mastodontica statua in bronzo, risalente al IV secolo d. C. e raffigurante un imperatore, pare abbia origini orientali: furono i Veneziani a prelevarla da Costantinopoli, ma, in seguito a un naufragio, venne ritrovata sulle spiagge di Barletta. Amputata di braccia e gambe da parte dei Domenicani di Manfredonia, che ne fecero campane per la propria chiesa, nel 1491 fu rimessa in sesto dalle abili mani di uno scultore napoletano e collocata nell’attuale posizione.

Alle spalle del Colosso si erge la Basilica di S. Sepolcro, esempio di elegante commistione di stili architettonici. Originariamente romanica, assunse connotazioni più gotiche alla fine del XIII secolo, subendo poi ulteriori rifacimenti in epoca rinascimentale.

Proseguo la passeggiata lungo corso Garibaldi per incanalarmi poi nella stretta via del Duomo, dove già intravedo l’alto campanile della Cattedrale. L’ora è perfetta per apprezzare al meglio i raggi del sole che s’inclinano dolcemente inondando di luce calda la bianca pietra della sua facciata, saldamente terrena e al contempo divina, nella sua candida nudità.

Dulcis in fundo, poco distante dal Duomo e a due passi dal mare, si presenta imponente dinanzi al mio sguardo il fiore all’occhiello della città: il magnifico Castello, con la sua pianta quadrilatera, i ponderosi baluardi angolari, i profondi fossati e lo scenografico cortile, emblema solenne della consistente presenza Normanna e Sveva in queste magiche Terre di Puglia.

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