Gli Angeli di Calcutta: libro e intervista a Paola Pedrini

C’è chi viaggia per conoscere, per comprendere o per fuggire, c’è chi viaggia con la mente e c’è chi viaggia nella propria stanza, c’è chi viaggia per lavoro, per studio o per passione, c’è chi viaggia da solo e chi a dorso di un cammello, c’è chi viaggia a piedi e chi viaggia intorno al sole, c’è chi viaggia per partire e chi per arrivare, c’è chi viaggia comodo e chi viaggia su un tappeto, c’è chi viaggia tra le nuvole e chi con i piedi per terra e poi ci sono gli Angeli di Calcutta. 

Dopo il successo de ‘La mia India, pensieri in viaggio’ (più di 1000 copie vendute in meno in un anno), Paola Pedrini torna a scrivere per raccontare e divulgare un’esperienza di solidarietà unica. Un viaggio tra le sue paure e le sue incertezze che trova la strada di Calcutta. Una promessa mantenuta, verso il lettore del primo libro e verso se stessa. Quella di tornare in India per fermarsi, per solidarietà. Calcutta non è un paradiso. Questo è quello che s’impara leggendo quest’esperienza.

E’ una città pesante, maleodorante e sporca che ognuno vive a modo suo. Paola conosce volontari di vari paesi, di diversi credi che, per motivi diversi si trovano a vivere la stessa scelta: quella di avvicinarsi e prendersi cura dei ‘più poveri dei poveri‘, di tutte quelle persone che sono diventate un peso per la società, seguendo le orme di Maria Teresa di Calcutta. E lì incontra la sua salvezza: gli Angeli di Calcutta.

Ho raggiunto la scrittrice per farle alcune domande sul suo nuovo romanzo.

Come è nata l’idea del libro?

“Gli angeli di Calcutta – sguardi sulla città e il volontariato” è la mia seconda pubblicazione dopo “La mia India, pensieri in viaggio”. Entrambi i libri nascono dall’unione di due passioni, quella per la scrittura e quella per i viaggi, nascono dall’esigenza di raccontare, di descrivere ma soprattutto di condividere esperienze, emozioni, difficoltà, delusioni, attimi di felicità vissuti in paesi così lontani dal nostro, lontani in ogni senso.

L’importanza di questo libro?

Questo libro credo sia importante per l’importanza dell’esperienza che ho vissuto e che descrivo, un’esperienza che ha cambiato la mia vita, anche professionale. Esperienze così profonde, e che inevitabilmente mettono in discussione il nostro modo di pensare, il nostro stile di vita e tutto il nostro essere, meritano di essere condivise. Le situazioni al limite della sopravvivenza in cui si ritrovano a vivere certi paesi, si devono conoscere. La diversità, che per me rappresenta un grande arricchimento, potrebbe diventarlo anche per altri. Ma sono stati soprattutto importanti i legami che sono creati con le persone che ho incontrato a Calcutta, tutte queste persone sono gli angeli di Calcutta.

Quale il messaggio che vuole lasciare al lettore?

Non credo che ci sia un messaggio in particolare, non ci sono conclusioni, forse arriveranno con il tempo e dopo altre esperienze simili, forse. Il lettore deve essere libero di cogliere le mie parole e farle sue, di leggere i miei pensieri e trarre le proprie conclusioni, anche di non essere d’accordo. Il confronto è comunque sempre costruttivo. L’india. Lei c’è stata. Cosa le ha lasciato? Che paese è?Sono stata in India quattro volte per diversi mesi, mi ha lasciato tanto ma tanto si è anche presa. Difficile descrivere in poche parole un paese così complesso.

“Dopo tanti viaggi in India come donna e viaggiatrice è giunto un momento in cui ho sentito la necessità di fermarmi. Fermarmi e semplicemente dare. Chiedendomi il perché ma senza avere la pretesa di riuscire a trovare le risposte. A Calcutta, una delle città più terribilmente affascinanti dell’India, ho prestato volontariato in uno dei centri fondati da Madre Teresa e oggi gestiti dalle Missionarie delle Carità. A Calcutta ho conosciuto la povertà, la malattia, il degrado. Ma non solo. Ho imparato cosa significa amare, ho capito che non è mai abbastanza, ma quell’amore ha un valore inestimabile. Ho conosciuto persone speciali che hanno cambiato la mia vita, queste persone sono gli Angeli di Calcutta” (da l’introduzione de La mia India di P. Pedrini).

Viaggiare per conoscere, per partecipare, non solo per vedere e poi raccontare.

Paola Pedrini ha valicato il confine che separa il viaggio, anche il più coinvolgente, dall’immersione totale che né il turista, né il viaggiatore più maliziato possono sperare di raggiungere. Un‘esperienza unica che si somma alle tante singole esperienze di chi come lei è pronto a toccare con mano e a vedere con i propri occhi una realtà cruda che la legherà per sempre.

‘La Casa Madre’ accoglie volontari da tutto il mondo, in sosta, per un periodo limitato, per dare e ricevere amore. Giapponesi, spagnoli, americani che da un giorno all’altro arrivano e ripartono. E in questo viavai continuo e incessante di lingue di diversa provenienza, Paola vive la sua esperienza.

Un libro toccante, vibrante ed emozionante. Un libro di viaggio? Molto di più. Un libro che parte da un viaggio ma che si sviluppa attraverso incontri, persone (diverse ma tanto straordinarie) e passioni. E in questo libro emerge  bene quanto viaggiare possa aprire opportunità mai sperate, porte che non avremmo immaginato mai si aprissero. Il viaggio come scoperta e riscoperta di se stessi.

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