Diario di un “nuovo berlinese” alla scoperta della capitale più cosmopolita d’Europa

Da Brunico a Berlino: sette lettere, stessa iniziale. 1000 Km di distanza. Ed è così che comincia il mio viaggio verso la New York dei nostri tempi: Berlino.

È luglio ed il volo delle 12.45 arriva puntuale in aeroporto. Immediatamente provo questa sensazione di benvenuto e calore. Eccola lì, maestosa ed imponente, è la torre della televisione che accoglie viaggiatori colmi di speranza ed in cerca di emozioni.

Dopo alcuni giorni passati a visitare la città come un qualsiasi turista arriva il primo giorno di lavoro. Sono impiegato in un’agenzia di turismo e qui tutto profuma e pullula di nuove esperienze da cogliere al volo. Da lunedì a venerdì i giorni passano ormai scanditi dalla routine quotidiana, ma ciò che conta è il fine settimana: due giorni in cui il concetto di relatività del tempo e dello spazio di Einstein trova la sua più assoluta conferma. È il momento in cui ci si sente liberi in una città libera. Niente pregiudizi, niente orari, niente monotonia. Qui le chiavi della città le tiene ben custodite mamma creatività e camminando per le strade ci si perde fra imbiss di kebab, currywurst e gallerie d’arte di artisti alle prime armi.

Una storia in particolare merita di essere raccontata. Si chiama Tacheles ed è una casa occupata proprio nel cuore di Berlino. Da ormai molti anni rappresenta un’istituzione e punto di riferimento per generazioni di visitatori e creativi.

 Ciò che la rende speciale è l’essenza stessa del luogo. Vi si possono trovare persone venute da lontano di ogni cultura e religione, sesso e tribù. Tutti assieme con un unico scopo. Un unico luogo che racchiude in se lo spirito puro ed originale di una città globale, aperta e multiculturale.

La storia continua e, passeggiando tra le vie della città, mi accorgo di essere di colpo passato dalla parte est alla parte ovest. Questa volta però non è il famoso Check Point Charlie ad indicarmelo, ma la vista di edifici fin troppo appariscenti. Eccomi arrivato a Postdamer Platz. Non molti anni fa infatti questa piazza era terra di confine. Oserei dire terra di nessuno, non vi erano né case né persone. Solamente un muro di cemento, guardie e filo spinato che separavano famiglie, amicizie ed amori. Ora invece vi si trovano palazzi, hotel e strutture moderne costruite da ingegneri molto famosi.


La vita è tornata al suo posto tra le strade, ma i volti che si incontrano sono quelli di turisti inconsci di ciò che è stato e ciò che sarà. Ora si è già fatto sera e rientro sulla via di casa. Stanco ma felice salgo i 101 scalini che mi portano in appartamento e preparo la cena.

Berlino è come un libro, la copertina è bellissima e la trama tutta da scoprire.

3 commenti su “Diario di un “nuovo berlinese” alla scoperta della capitale più cosmopolita d’Europa”

  1. Sai, abitavo proprio li, e uscendo dalla via mi trovavo sempre di fronte a questo dipinto/murales…e mi affiscina ogni volta di più…

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