Dall’Islanda al Sudafrica a bordo di un camion

Emanuela – per gli amici Manu – è cresciuta a Polla, un piccolo paesino della provincia di Salerno. Per molto tempo ha lavorato negli alberghi in giro per il mondo – “É stato un modo facile e veloce per poter non solo viaggiare, ma anche trasferirsi in un posto nuovo e conoscerlo bene” – per poi passare a un lavoro d’ufficio. Ma dopo qualche mese seduta davanti ad uno computer è ripartita e ora condivide il suo viaggio attraverso il blog My1stimpressions.com, perché questo è ciò che più la appassiona: scrivere e catturare emozioni.

Che cosa significa per te viaggiare?

Viaggiare significa mettersi alla prova, uscire dalla propria “comfort zone” ed andare a cercare il mondo per scoprirlo. Non si viaggia per insofferenza, altrimenti si starebbe male ovunque. Si viaggia per curiosità. Quando viaggio lascio a posti, cose e persone la possibilità di stupirmi e di farmi amare un luogo per sempre.

Dall’Islanda al Sud Africa: com’è cominciata quest’avventura?

Insieme a Vikings Across Africa siamo partiti il 6 gennaio da Reykjavik, in camion, con lo scopo di raggiungere Città del Capo entro fine giugno, attraversando tutta l’Europa e la costa dell’Africa occidentale. Finora abbiamo attraversato l’Islanda, ci siamo imbarcati per tre giorni in nave per la Danimarca, con scalo alle isole Far Oer, e abbiamo poi attraversato tutta l’Europa fino ad arrivare in Marocco, dove finalmente abbiamo messo piede su suolo africano più di un mese fa. Abbiamo attraversato il Marocco e tutto il Sahara occidentale e la Mauritania, il Senegal e al momento siamo in Guinea. Nei prossimi mesi percorreremo le strade dell’Africa occidentale, attraverseremo Costa D’Avorio, Ghana, Togo, Burkina Faso, Nigeria, Cameroon, Congo, Namibia e infine entreremo in Sud Africa dove il nostro viaggio terminerà all’inizio dell’estate.

Con chi sei in viaggio?

Con altre 16 persone, di cui nove sono islandesi. Il resto viene da Canada, America, Sudafrica, Svezia e Inghilterra. Sono l’unica mediterranea del gruppo.

Si tratta di un progetto studiato in ogni dettaglio?

Quando si progetta un viaggio attraverso l’Africa si sa che il più delle volte saranno gli eventi a determinare la rotta, in quanto tutto può accadere. Questo viaggio non è da meno. Sulla carta cerchiamo di seguire il percorso segnato e le tappe promesse, ma senza dimenticare le varianti, che sono poi quelle che rendono il viaggio e il modo di arrivare a destinazione più interessante ed indimenticabile. Di “varie ed eventuali”, come le chiamo io, finora già ce ne sono state molte, come la ruota bucata nel bel mezzo della savana o il cambio del camion rotto il giorno in cui ci scadeva il visto della Guinea.

Dal freddo nordico al caldo africano… cosa hai messo in valigia?

In generale seguo la teoria del “viaggiare leggeri”, sempre. Uno zaino per sei mesi è più facile da preparare di uno per poche settimane, in quanto si deve per forza eliminare i superfluo e lasciare solo poche cose, utili e comode. Per la parte fredda del viaggio mi sono portata pochissimi indumenti, ma molto caldi e comodi. Per l’Africa è stato abbastanza facile, con vestiti facilmente lavabili. Siccome alla fine del viaggio prevedo una probabile sosta in Sud Africa per qualche tempo, non ho portato cose inutili, ma solo cose che mi possono servire. Il resto posso sempre comprarlo strada facendo. La cosa da cui non potrei mai separarmi è la mia macchina fotografica, i miei occhi, il mezzo che uso per condividere la bellezza che mi circonda con tutti voi. Oh… e il mio asciugamano, che mi segue da 15 anni. È un po’ come la mia “coperta di Linus”, ce l’ho sempre avuto, da quando ho iniziato a viaggiare, ed è ormai quasi un portafortuna da cui è diventato impossibile separarsi.

Qual è il vostro mezzo di trasporto?

Ci muoviamo in camion, con un Bedfort da guerra, arancione, ed è proprio il mezzo più insolito, scomodo e divertente che ho provato. Quando arriviamo in qualsiasi posto, la gente ci guarda incuriosita e inizia a salutarci. Sembra che attiri le energie positive delle persone che si avvicinano. A parte il camion, non dimenticherò mai la corsa in autobus a Rabat nell’ora di punta, con l’autobus pienissimo di gente o il viaggio in 18 in una Peugeaut da Tambakunda in Senegal a Kundhara in Guinea: quattro davanti, quattro in mezzo, tre dietro, tre nel portabagagli e quattro sopra… per otto ore!

Se potessi tornare indietro a un momento del viaggio fatto finora, dove andresti?

Sull’isola di Ngor, di fronte a Dakar, in Senegal, dove ho trascorso quattro giorni stupendi con la gente del luogo. Ngor e’ un’isoletta piccolissima, a 200 metri dalla costa. La si raggiunge in piroga e la si può visitare in dieci minuti, eppure i suoi paesaggi e la sua gente ti riportano lì giorno dopo giorno, instancabilmente. È stato lì che ho sentito per la prima volta battere il cuore africano, a ritmo di percussioni, una sera attorno al fuoco con i ragazzi del posto, quando, in silenzio e al buio, hanno iniziato a scambiarsi i tamburi e a creare un ritmo e un’atmosfera che non dimenticherò mai.

Avevi qualche timore prima della partenza?

La cosa che fin dall’inizio mi spaventava di questo viaggio era il fatto di dover viaggiare con altre 16 persone… e ancora lo è. Per una persona abituata a viaggiare da sola, ad avere i suoi ritmi, a prendere le decisioni e a godere anche dei momenti di solitudine, a volte è difficile avere a che fare costantemente con altre 16 persone così diverse. A volte lascio tutto e mi dedico qualche giornata da sola. L’ho fatto in Guinea, dove ho lasciato il camion per deici giorni. Ma devo ammettere che è anche bello ritrovarsi insieme la sera attorno al fuoco, magari nel deserto, a condividere questo sogno.

Cosa ti potrebbe mai convincere a fermarti per sempre in un posto?

Non lo so, è per questo che sono ancora in viaggio.

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