Viaggio a Johannesburg: una storia intrecciata intorno ad apartheid e miniere

La città più popolosa del Sudafrica, Johannesburg non compare di frequente nei percorsi turistici delle migliaia di visitatori che ogni anno giungono nella punta estrema del continente africano in cerca delle sue meraviglie naturali. Molto più spesso, la città è semplicemente il punto di partenza per un emozionante safari nel Parco Nazionale Kruger, una delle più vaste riserve naturali di tutta l’Africa e probabilmente il teatro dei safari più famosi al mondo, oppure uno scalo necessario per le più amene città costiere come Durban e Città del Capo.

Il principale aeroporto della città, l’OR Tambo International Airport, è raggiunto infatti dalle compagnie aeree di tutto il mondo ed è meta anche di numerosi voli per Johannesburg dall’Italia, che consentono di raggiungere agevolmente qualunque altro angolo del Paese.

Questa sorta di scalo forzato ha reso la città un centro nevralgico degli spostamenti turistici, contribuendo ad accrescere negli ultimi anni lo sviluppo dell’offerta mirata ai visitatori internazionali, che spazia dai centri commerciali alla ristorazione e al settore alberghiero, includendo parchi di divertimento e giardini zoologici. Johannesburg è infatti una grande metropoli, le cui strutture non hanno nulla da invidiare alla modernità delle città occidentali. Ma tra le sue strade, tra le sale dei suoi numerosi musei e per i sobborghi sviluppatisi nelle sue periferie, Johannesburg racconta ancora oggi la storia drammatica e struggente delle miniere sudafricane e del regime di segregazione razziale intorno a cui tale industria si è arricchita.

Nelson Mandela Square - Johannesburg, Sudafrica

Alle porte della città, ad esempio, si estende l’enorme township di Soweto, che ospita circa un milione e mezzo di abitanti. Il nome è l’acronimo di South-Western Townships e quest’area urbana è rimasta separata dal resto di Johannesburg fino agli anni Novanta, quando il governo segregazionista ne ha fatto un centro di rilocazione per la popolazione di colore. Teatro di numerose rivolte e azioni di protesta, oggi a Soweto rimangono vari musei e memoriali a testimonianza del suo difficile passato.

Il Nelson Mandela National Museum, comunemente noto come “Mandela House” è stato l’abitazione dell’ex presidente sudafricano e fautore della fine dell’apartheid, che ci ha vissuto dal 1946 al 1962. Sulle pareti si notano ancora i buchi dei proiettili degli attentatori che hanno minacciato la vita di Mandela durante le sue campagne, mentre la facciata presenta le tracce lasciate dai lanci delle molotov.

Strenuo oppositore del regime di apartheid imposto dalla minoranza bianca sulla popolazione di colore sudafricana, Nelson Mandela trascorse 27 anni della sua vita nei carceri del Paese. Il regime di segregazione razziale prevedeva forti limitazioni nei diritti civili e politici della popolazione nera e coloured, oltre a limitarne gli spostamenti e le possibilità di alloggio, di lavoro e di formazione. Tale regime alimentava anche una preziosa e vasta manovalanza a basso costo da impiegare nelle miniere di diamanti di cui il Sudafrica era ricco, ma anche di oro, che proprio a Johannesburg, capitale economica del Paese, videro realizzarsi le fasi più importanti del loro sviluppo.

L’oro fu scoperto 400 chilometri a est della città verso la fine del XIX secolo e alimentò una corsa forsennata che porto alla nascita di numerosi sobborghi intorno a Johannesburg, il primo dei quali fu Ferreirasdrop, edificato nel 1886. Migliaia di lavoratori di colore venivano prelevati dalle grandi città come Johannesburg, dove la segregazione proibiva loro di accedere ai posti di lavoro meglio retribuiti, e venivano inviati a lavorare nelle miniere in condizioni disumane e per una paga ridicola. Questo e molti altri aspetti del regime razzista dei bianchi sono ben illustrati nell’Apartheid Museum di Johannesburg, la città più ricca del Sudafrica, ma che ancora oggi rivela una storia sofferta e controversa.

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