Viaggio verso nord: l’Islanda delle Highlands

Il nostro viaggio verso l’Islanda del Nord inizia in modo stralunato.

Tröllaskagi, Islanda

Il volo è previsto per le sette e un quarto. Un’ora prima un taxi ci deposita al terminal partenze nazionali dell’aeroporto di Reykjavik. Il tempo di raccattare i bagagli e ci rendiamo conto che la porta scorrevole non funziona, all’interno le luci sono tutte spente. In breve: l’aeroporto è chiuso! Nel piazzale poche auto e solo due persone, noi.

Iniziano a serpeggiare i primi dubbi: vuoi vedere che abbiamo sbagliato aeroporto, abbiamo sbagliato orario, abbiamo sbagliato giorno? Ma no, è tutto in regola, solo che l’aeroporto continua ad essere inesorabilmente chiuso. Siamo ancora lì nel parcheggio ad arrovellarci quando passa un’utilitaria, si ferma nel piazzale. Scende una donna che viene verso di noi, poi devia verso una porta laterale. Va ad alzare le saracinesche del bar: non sarà quello che aspettavamo ma è pur sempre un segnale. Infatti di lì a poco giunge la collega della barista e finalmente un’altra donna arriva con calma, accende le luci, e la porta si spalanca.

Sono le sei e mezza, ora di apertura dell’aeroporto nazionale di Reykjavik, capitale dell’Islanda. Il nostro volo è previsto per le ore 7,15 ed al check-in ci siamo solo noi. Gli altri arriveranno solo più tardi, giusto in tempo per ottenere la loro carta d’imbarco stampata su carta termica – come gli scontrini del Bancomat – ed imbarcarsi direttamente, senza alcun’altra formalità, senza controllo di sicurezza, perquisizioni personali, nuovo controllo dei documenti eccetera. Funziona così sui voli interni in Islanda, nei giorni in cui nel resto del mondo non si può portare in cabina neanche una bottiglietta d’acqua minerale.

Aereo - Islanda

Poi si decolla, tra le nuvole che nascondono la vista degli altipiani centrali. Viaggiando verso l’interno la visuale si fa più chiara, appare un’immensa pianura bruna e nera livellata da milioni di anni di gelo e ghiaccio. L’Islanda è una delle terre più giovani del pianeta, eppure quando la vedi dal finestrino dell’aereo sembra il dorso squamoso di un rettile preistorico: campi di lava per le squame e la torba al posto della pelle, almeno come la ricordiamo dai libri di scuola, il colore è bene o male lo stesso. Un enorme pterodattilo nel bel mezzo dell’Oceano Artico.

Il paesaggio qui è qualcosa di più di una superficie oggettiva, fissa e misurabile. Questa è una terra giovane, priva di monumenti storici e rovine. La memoria storica islandese molto spesso risiede nel territorio stesso, che porta ancora i segni dell’attività vulcanica, che conserva i segreti di fattorie citate nelle saghe ed ora scomparse, che con la sua evoluzione collega la storia nazionale islandese al presente. Ecco per intero la mole dello Hofsjökull, il terzo ghiacciaio più grande d’Islanda, enorme massa bianca solcata da crepacci ai bordi, lungo i quali scorrono numerosi fiumi e che nasconde un vulcano sotto chilometri di ghiaccio.

Eiyjafjördur, Islanda

Finalmente atterriamo sulla pista del piccolo aeroporto di Akureyri che è stata ricavata direttamente dal mare, nel fiordo. Ci apprestiamo a continuare il nostro viaggio in automobile, immersi in un paesaggio completamente diverso da quello che abbiamo lasciato prima dell’intervallo piovoso di Reykjavik: fiordi profondi dove l’acqua di un azzurro scurissimo riflette le montagne ancora innevate; pianure verdi intervallate da basse colline con fattorie, pecore, cavalli. E poi la luce, la luce del Nord: radente, calda, che dona tridimensionalità ad ogni oggetto e di pomeriggio crea riflessi cupi dappertutto, a partire dall’acqua del mare, che diventa color cobalto.

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