7 mila miglia intorno al mondo #7: verso il cuore della Cina

La prima fase del viaggio ha visto i partecipanti arrivare dall’Italia al Kazakistan. Il 15 luglio è iniziato il percorso che li porterà fino in Cina, e poi ci saranno le tratte Canada-Panama, Colombia-Bolivia, Bolivia-Argentina, Sudafrica-Etiopia, Etiopia-Italia, per giungere finalmente a Milano il Primo Maggio 2015 in concomitanza con l’apertura dell’EXPO 2015.

7MML Around The World 2014-2015 - Dunhuang, Cina

Dal diario di Luca Rizzotti

23 e 24 luglio

La discesa verso la pianura deserta che dopo un percorso di 400 chilometri ci porterà a Dunhuang ci sorprende per la somiglianza con le nostre strade di montagna. Se non fosse per i cartelli in mandarino e le gher sparse qua e là sembrerebbe la strada per Collio, mormora qualcuno…

Finita la discesa inizia l’ormai consueto paesaggio che da giorni si alterna alle montagne. Lingua d’asfalto senza apparente fine, deserto brullo costellato da pale eoliche a perdita d’occhio e immensi elettrodotti. Ci stiamo rendendo conto che la parte uigura della regione sta finendo soprattutto per l’assenza sui cartelli stradali della doppia lingua, cinese ed araba.

25 luglio

Ripartiamo in direzione Anxi per riprendere la via della seta settentrionale. Imboccheremo il corridoio del Gansù nella regione del Qinghai, il passaggio dove un tempo transitavano le merci provenienti dalla Cina e dirette in Asia centrale.
Il percorso desertico e monotono ci invita a una deviazione decisiva. Prenderemo la via per Sunan per attraversare le montagne del Datong, una zona che fu territorio tibetano prima dell’annessione cinese ma che conserva ancora le caratteristiche di quel popolo anche per il fatto di trovarsi a tremila metri di quota. Lo conferma la presenza dei monasteri buddhisti, delle antiche torri di segnalazione, fortezze, alcune sezioni della Grande Muraglia e degli Stupa.

26 luglio

Nell’estenuante tappa da Quinlin verso Lanzhou risaliamo fino 4000 metri di quota. Abbiamo trovato freddo, grandine e un traffico automobilistico fuori controllo ma che ormai stiamo abituandoci a capire. Dopo cinquecento faticosi chilometri troviamo rifugio in una stazione di servizio per rifocillarci. Riso bianco e germogli di soia, fagiolini e noodles. Il luogo è sporco e il cibo non è gran cosa ma ormai siamo rodati. I guerrieri della strada hanno già percorso 5.500 chilometri e molto deve ancora essere fatto.

27 luglio

Dopo la sosta notturna a Minhè ripartiamo per Xiahè risalendo dal corridoio del Gansù a quella che un tempo fu la regione tibetana del Qinghi. È una città posta a 3000 metri di quota e sede del più importante monastero buddhista della Cina: Labrang. Dopo avere percorso il kora, sentiero del pellegrinaggio circolare che si snoda attorno al monastero ci immergiamo nella vita cittadina e nella sue attività. Incrociamo commercianti di cappelli in feltro, di chuba (i mantelli tibetani) e degli immancabili mala (i rosari buddhisti); venditori ambulanti di pane speziato o di burro e yogurt al latte di Yak che costellano la strada che ci conduce al caratteristico albergo in stile tibetano dove pernotteremo.

28 luglio

Partiamo per Tianshui e la regione del Gansù orientale. Ancora una volta ci sorprende il cambiamento di paesaggio e di etnia. Lungo la fertile valle che incontriamo scendendo da Xihaè si succedono villaggi e cittadine di evidente stampo musulmano, testimoniato dalla presenza di numerose moschee e dalla quasi totale assenza di etnia Han. Oggi è il giorno della fine del Ramadan  e i proprietari delle macellerie di strada sono intenti a lavorare le pecore per poi esporle sul ciglio del marciapiede ancora sanguinanti. Chi ha viaggiato nei paesi arabi sa di cosa stiamo parlando, ma non è mai facile abituarsi all’odore di sangue e alla sporcizia che accompagna il cammino del viandante lungo marciapiedi affollati di uomini e donne intenti a comperare frutta e verdura, meloni e mango essiccati, aglio, peperoncini, funghi di varie tipologie e le immancabili angurie.

29 luglio

Città di Xi’an. Regione dello Shanxi. Il caldo soffocante e umido della sera ci avvolge, mentre percorriamo le affollate strade del quartiere musulmano. È qui che è servito il miglior street-food della città e ce ne accorgiamo subito quando al nostro arrivo veniamo avvolti da nuvole di fumo provenienti dagli onnipresenti ròuchuàn, gli spiedini di carne di montone o di qualsiasi altro animale ci diverte immaginare. Diversamente dal mercato di Kasghar, qui è tutto più organizzato e forse meno affascinante, ma anche più variopinto e calidoscopico, talvolta persino ipnotico. Sostiamo di fronte a esperti cuochi di strada che spadellano majiàng liangpi, (noodles in salsa di sesamo), fenzhengroù (spezzatino di montone con grano macinato) o la carne di manzo o di agnello saltata in padella con peperoni verdi e cumino spesso servita nel pane pitta.

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