Da Singapore a Pulau Batam, l’isola indonesiana dello shopping

Singapore è una città stato situata in Estremo Oriente, considerata la Svizzera d’Asia per l’ordine e la funzionalità che vi regna. Tutto è assolutamente armonioso e gli enormi grattacieli del centro si alternano a grandi spazi verdi. Tradizione e modernità coesistono perfettamente, un melting pot entusiasmante che dà il massimo nei vari quartieri etnici, che godono dello stesso spazio e rispetto dei grandi quartieri finanziari.

Singapore

Singapore vanta un porto considerato uno dei crocevia navali più importante al mondo ed è proprio di qui che decido di prendere un traghetto veloce per partire alla volta di Pulau Batam, una piccola isola che insieme alla tropicale Pulau Bintan compone l’aricipelago delle Riau. Sono entrambe visitabili in giornata, ma la differenza tra le due è abissale: Pulau Bintan è una piccola isola tropicale con numerosi resort extra lusso, spiagge bianche e paradisiache che vengono letteralmente prese d’assalto dagli abitanti di Singapore nel fine settimana; al contrario Pulau Batam è più concreta, talvolta più cruenta, distante da quelle immagini patinate che troviamo sugli opuscoli turistici.

Pulau Batam è un’isola indonesiana, pertanto è necessario avere un visto turistico per farvi ingresso, facilmente ottenibile all’arrivo a fronte del pagamento di venticinque euro. La procedura si rivela assai rapida e in un batter d’occhio mi ritrovo su un autobus sgangherato che mi porterà alla scoperta di questa piccola isola. Il bus è occupato nella quasi totalità da turisti asiatici che vengono qui per fare shopping sfrenato, la mancanza di tasse d’importazione. Qui si può veramente trovare di tutto sia in marca originale che contraffatta a prezzi ridicoli.

L’isola in sé non offre molto da vedere. La prima tappa è un piccolo e moderno tempio buddista dal nome impronunciabile, Maha Vihara Duta Maitreya, che racchiude all’interno una statua di medie dimensioni raffigurante un buddha che sorride. Si prosegue con la visita di una sorta di parco dove gratuitamente si può fare il giro tra le tipiche costruzioni indonesiane in scala ridotta.

Arrivata l’ora di pranzo l’autobus inizia a percorrere un lungo sentiero polveroso che si affaccia su un laghetto dall’acqua melmosa e puzzolente, ed è proprio lì che si trova il ristorante designato dal tour per il pranzo che, ovviamente, ha come specialità pesce di lago. L’ambiente è molto informale, tutti ci accolgono con grandi sorrisi. C’è anche un improbabile duetto canoro che delizia tutti con un repertorio musicale che di melodico ha ben poco. Il pesce da cucinare, ancora vivo, viene tenuto in bella vista in piccole vaschette di plastica.

Raggiungo il mio tavolo apparecchiato con una tovaglia di plastica e mi siedo alquanto affamata insieme ad altri ragazzi asiatici del gruppo, abituali frequentatori di quest’isola. Mi sono sentita subito a mio agio, nonostante mi renda conto di come possano essere differenti  le abitudini a tavola di paese in paese. Vengono serviti crostacei e molluschi in condizioni igeniche non proprio da cinque stelle, ma la fame è tanta e quando si è in viaggio non si può certo essere schizzinosi. Il cibo servito non è affatto male, pesci di diversa misura e qualità vengono accompagnati con verdure saltate e insaporite di curry e spezie locali.

Mi accorgo però che i commensali buttano gli scarti di cibo, lische e carapaci, direttamente sulla tovaglia fino a formare una montagna al centro del tavolo. Poi capisco la praticità di questo gesto per i camerieri, che in un nano secondo portavano via la tovaglia con gli scarti al suo interno.

Al termine del pranzo sosta nei negozi di uno dei centri commerciali più grandi e famosi dell’isola, che vengono letteralmente presi d’assalto dal resto del gruppo determinato a fare ottimi affari. Io però decido di allontanami per respirare un po’ di vera vita. Mi rendo subito conto di come la popolazione viva con poco, ma con grande dignità. Lo spettacolo più toccante è dato dai piccoli che passano il loro tempo a giocare con palloni di pezza, o a raccattare qualche oggetto che possa diventare un giocattolo dalla spazzatura che galleggia su quel mare a pochi chilometri di distanza da Singapore.

1 commento su “Da Singapore a Pulau Batam, l’isola indonesiana dello shopping”

  1. ciao ADA mi chiamo giovanni (vanni) vado subito al problema ,esiste un ferry (trasporto auto e persone ????? Sono un viaggiatore che gira mi mondo con le proprie auto.comunque il mio sito e’ girovaganti .com ,viaggio solo x piacere di vedere il mondo. Ti ringrazio del eventuale risposta Vanni

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