La metropoli assetata

Bellissimo racconto propostoci da Marco Pastorl di CIFA ONLUS.

L’enorme crocifisso luminoso campeggia sulla collina a strapiombo sul mare di Lima. Resto lì a guardarlo quasi intontito. Sono a Barranco, quartiere di Lima che si affaccia sull’oceano, dove convergono molti turisti alla ricerca di uno degli angoli più suggestivi della città.

La città sconfinata che dall’estremo nord all’estremo sud misura 50 km affacciati su un Oceano Pacifico offeso da un assembramento umano il cui numero imprecisato di abitanti varia, a seconda delle fonti, tra gli 8 e gli 11 milioni.

Offeso dalle fatiche degli uomini e delle donne, offeso dal sudore del loro lavoro, offeso dagli scarichi industriali, dai liquami, dal porto.

Oceano Pacifico.

Un crocifisso vi campeggia sopra. Simbolo della dominazione che diviene accoglienza per chi giunge dal mare, punto di riferimento per chi percorre 50 km di costa o più. Simbolo di un Paese colonizzato nel nome di Dio.

Lima. Assembramento umano.

Assembramento di asentamientos humanos. I quartieri più poveri della capitale arroccati sulle colline desertiche del cono nord e del cono sud. Milioni di persone che arrivano in città alla ricerca di cibo, lavoro, dignità. In fuga dalle aree più povere del Paese per finire in luoghi anonimi, grigi, avvolti da una nebbia che pare essere inamovibile, eterna. Rischia di franare tutto in qualsiasi momento. Eppure non ci si può accampare da nessuna altra parte se si vuole diventare cittadini di Lima. Sono i non luoghi che gli immigrati provano a trasformare in luoghi accoglienti. Ma è impresa dura.

Dopo anni ed anni di occupazione abusiva del suolo pubblico la Municipalidad de Lima ne riconosce l’esistenza, a volte anche la proprietà delle baracche. Quasi mai del terreno.

Ma ci vogliono decenni prima che, oltre alle Escaleras solidares amarillas municipali che agevolano gli spostamenti su terreni scoscesi ed impervi, si possa avere la luce e l’acqua.

Anzi l’acqua non arriverà mai. Proprio non c’è, non si sa dove andarla a cercare, in mezzo al deserto; e portarla costerebbe troppo.

L’acqua si compra e costa cara. E vale un quarto o più delle spese di un mese delle famiglie.

È la mia prima volta in America latina.

Quando incontro il nostro partner locale, quando attraverso Lima mi sembra una missione diversa da tutte le altre. Ifejant è un’organizzazione giovane, preparata, con una base teorica solidissima, che trasforma la propria passione per i bambini e per i loro diritti in attività sociale e politica. Lima non è certo paragonabile alle “mie città”: Phnom Penh, Addis Abeba.

Il miglior pisco sour della città si beve al bar del Grandhotel Bolivar, a Lima Centro, in Plaza San Martin. E qui, per la prima volta dopo cinque giorni che sono a Lima, una bimba prova a vendermi qualcosa. Sono abituato a bambini che mi chiedono o provano a vendermi qualcosa di continuo. Da quando scendo dall’aereo a quando risalgo.

Ma quando vado a visitare gli asentamientos humanos insieme a Beatrice tutto torna tristemente al suo posto. Tutto torna ad essere Etiopia, Cambogia, Burkina Faso, Perù. Tutto torna ad essere povertà.

I luoghi, la scarsità di lavoro, la mancanza di accesso all’acqua, l’assenza di energia elettrica, la mancanza di accesso alle cure sanitarie di base, le famiglie numerose, le violenze sui bambini e sulle donne, la sporcizia.

Tutto tristemente al suo posto. Completando quel puzzle di povertà che insieme a quello della ricchezza smisurata ed ingiusta non manca mai dei pezzi necessari a ricomporsi perfettamente davanti ai nostri occhi.

Testo e Foto di Marco Pastorl.

Potete anche voi aiutare i bambini del Peru; per maggiori informazioni visitate il sito di CIFA ONLUS

Puoi scaricare gratuitamente la scheda del Peru cliccando qui

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