Bambini lavoratori a Lima

Julio ha nove anni, vive con la mamma e due fratellini in una stanza in affitto alla periferia di Lima e non ha mai conosciuto suo padre. Julio, tutte le mattine, prepara colazioni insieme alla mamma in un piccolo chiosco a un angolo di strada: salchipapas, tripas, sandwich, sopa de pollo. Le colazioni, in Perù, sono pranzi. A scuola, Julio fa parte della commissione “mensa” e decide insieme alle mamme e agli insegnanti quali piatti preparare, aiuta a ordinare gli alimenti per la dispensa e dà una mano nella distribuzione dei pasti. Per il suo futuro, Julio ha un sogno ben preciso: “Da grande, voglio fare il cuoco!”

Raquel, 12 anni, vive sulle isole galleggianti degli Uros, sul lago Titicaca, nell’aria sottile dei 4000 metri. Parla aymara, quechua e anche inglese: ha dovuto impararlo per poter comunicare con i turisti. Raquel fa piccoli souvenir di totora (una canna acquatica galleggiante con cui sono intrecciate le stesse isole Uros). Li fa e li vende ogni mattina – come molti dei suoi amici – ai turisti che arrivano sulla sua isoletta per visitarla. E questo lavoro le piace perché, dice, “è creativo”. Nella sua scuola, Raquel siede nel comitato di supervisione del programma di microcredito: controlla chi, fra i compagni che hanno ottenuto un piccolo credito per le proprie attività, non ha rispettato le scadenze di restituzione del prestito. Nei suoi sogni c’è una barca da condurre e figli da allevare.

Carlos ha 10 anni e vive a Jaen, cittadina della Selva Nord del Perù. È l’ultimo di quattro fratelli. Vive con i nonni, ha perso la mamma due anni fa e il padre è in carcere. Carlos fa il lustrascarpe in piazza. Ha un solo lucido, nero come la notte, e lo usa per tutti i tipi di scarpe. A scuola, due volte a settimana, dirige la defensoria, si occupa di placare i dissidi interni alle classi, promuovere la tolleranza e il gioco di squadra. “Cosa farò da grande? Non lo so. Il medico, magari. O l’insegnante. Ma mi piace molto giocare a pallone, quindi magari farò il calciatore”.

Nel mondo sono più di 250 milioni (trecentomila solo in Italia) i bambini che lavorano. Molti lo fanno in condizioni di sfruttamento, esposti ai pericoli della strada, vittime di violenza e abusi; molti non vanno a scuola.

Julio, Raquel e Carlos sono bambini lavoratori ma, a differenza dei loro coetanei che sono vittime dello sfruttamento, conoscono i propri diritti e sanno come esercitarli, vanno a scuola tutti i giorni e sognano, come dovrebbero fare tutti i bambini del mondo, un futuro di avventura e benessere. Come altri 600 bambini, Julio, Raquel e Carlos frequentano tre delle sette scuole rivolte ai bambini lavoratori dove il Progetto “NATs: scuola, lavoro, diritti” promosso da Cifa e dall’associazione locale Ifejant, da più di tre anni, giorno dopo giorno, promuove il diritto all’educazione, al cibo e alla salute.

La scuola diventa così il luogo centrale di una comunità, uno spazio di incontro, confronto, crescita e protezione. Qui i bambini ricevono un’educazione adatta alle loro esigenze: le metodologie didattiche sono pensate apposta per loro e integrano elementi della quotidianità dei piccoli, valorizzando il loro ruolo e interpretando la loro condizione di bambino lavoratore come un’opportunità di crescita e dignità. Nelle scuole, ricevono tutti i giorni un’alimentazione equilibrata che valorizza i prodotti locali, quelli che i bambini conoscono bene e che possono avere e preparare anche nelle proprie case. Nella stessa scuola, i bambini vengono sottoposti a visite odontoiatriche, oculistiche e di salute generale, perché fra la malnutrizione, la vista e l’igiene dentale c’è un nesso strettissimo e perché solo risolvendo questi problemi i bambini potranno godere della forza necessaria per potersi concentrare, studiare, leggere e giocare. I docenti si preparano e si formano sulle tematiche dei diritti dei bambini e sulle metodologie alternative di insegnamento; così facendo, sviluppano anche loro nuove sensibilità. Il professor Pedro, pochi mesi fa, raccontava l’inizio di questa esperienza: “Grazie al progetto mi sono accorto che moltissimi dei bambini che frequentavano la scuola erano bambini lavoratori… Non li avevo mai considerati tali”.

Si inizia da qui, con il loro riconoscimento, a dare una risposta concreta ed efficace alle loro esigenze. Si inizia da qui, e chiamandoli per nome: Julio, Raquel, Carlos.

JULIO, CARLOS, RAQUEL: BAMBINI LAVORATORI

di Caterina Ghislandi, Desk Officer di Cifa

Immagini a solo scopo illustrativo

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