Nicola da Asolo all’Outback in Australia

Vi proponiamo il racconto di Nicola, un ragazzo che non ha voluto compromettere la propria vita, decidendo un bel giorno, di partire e seguire il proprio sogno. Quella che segue e’ la sua bellissima storia:

Arriva un momento in cui capisci di dover dedicare un po’ di tempo a te stesso astraendoti dalla routine giornaliera. Una decisione di questo tipo spesso implica scelte difficili e talvolta prive di senso agli occhi degli altri, o senza un punto di arrivo. E così è stato per il mio viaggio nel continente australiano.

Mi chiamo Nicola, nato ad Asolo, grazioso borgo del nordest, dove sono cresciuto tra vigneti e capannoni. E’ il Veneto che produce e spinge in alto il pil, come si dice dalle mie parti, perlomeno fino a quando la “locomotiva” non ha cominciato a rallentare. Ho concluso gli studi universitari e dopo un’esperienza di lavoro a Milano, ho deciso che era arrivato il momento giusto per un grande viaggio on the road , da troppo tempo rinviato.

Bullo River

I preparativi prima della partenza sono stati pressoché nulli: ho contattato un paio di amici già in Australia da tempo per avere alcune informazioni generali, ho richiesto il WHVisa ed acquistato il biglietto aereo di sola andata. Tutto questo nell’arco di pochi giorni.

Partito da Milano con qualche timore, sono arrivato in Australia con un migliaio d’euro in tasca e l’obiettivo di mettermi alla prova per superare un periodo sterile, che rendeva le mie giornate assolutamente vuote.

Rileggendo i post pubblicati da altri italiani, che hanno scelto un modo nuovo di vivere, ho notato più di una volta la forte enfasi nella dicotomia turista vs viaggiatore. Una distinzione che condivido a pieno e della quale ero consapevole prima della mia partenza.

Bullo River

Credo che l’idea di non voler controllare ogni cosa e’ forse la condizione essenziale che distingue il viaggiatore dal turista. L’incontro casuale che fa perdere il controllo è l’elemento distintivo del viaggiatore perché l’imprevedibilità suscita nuovi interrogativi, apre nuovi scenari e talvolta stravolge completamente l’itinerario.

Di questi incontri credo di averne fatti più di uno ed ognuno ha dato vita a nuove esperienze che ricorderò sicuramente nei miei racconti. L’ultimo di questi mi ha portato in un luogo assolutamente fuori dal mondo dove mai avrei immaginato di finire.

Un luogo come Bullo River disperso nell’Outback australiano a 75 km dalla prima strada asfaltata e tre ore dalla prima pompa di benzina. Un puntino minuscolo in una proprietà ampia quasi quanto la Valle d’Aosta: dove la posta è recapitata per via aerea e il “flying padre”, una sorta di sacerdote-psicologo, ci fa visita mensilmente con il suo apparecchio biposto.

La cattle station Bullo, che nella lingua aborigena locale significa “farfalla”, e’ un luogo impervio ed  isolato dove cattle musters, mandrie di bestiame, natura selvaggia e spazi immensi ricordano paesaggi da pellicola.

Bullo River

E’ un luogo in cui la vita si fonde al lavoro, il sudore si mescola alla polvere rossa e il sole e’ così tagliente che lacera il viso. Qui la vita scorre lentamente e tutto è dettato dalle ore di luce: la sveglia è all’alba perché il lavoro comincia alle prime ore del mattino, quando l’erba è ancora bagnata e gli incontri con la vita del bush sono sempre una nuova emozione. Totalmente estranei alla società non abbiamo copertura telefonica, ma solo l’accesso a internet che a singhiozzo ci permette di cogliere qualche novità dall’esterno.

Funziona tutto come in una piccola comunità: gli uomini si occupano del bestiame, le donne seguono la manutenzione della casa, la maestra insegna ai piccoli, che altrimenti non potrebbero andare a scuola, e i bambini a loro volta fanno impazzire tutti con scherzi e giochi di ogni genere.

Bullo River

La cosa che più mi colpisce, ma al contempo mi affascina, è la quantità di conoscenze ed abilità che si condensano in uno spazio così piccolo. Qui non esiste l’iper-specializzazione dei ruoli della società “civilizzata” perché tutti sanno fare di tutto: se collassa la cinghia del motore si sostituisce, se è necessario sistemare l’antenna satellitare si interviene, se bisogna ferrare un cavallo ecco fatto, quando è necessario riempire il congelatore si macella un animale. Sembra tutto così semplice ma allo stesso tempo così complesso, che sorgono spontanei molti interrogativi sulla normale vita nella cosiddetta “società civile”.

Eccomi qui nel Northen Territory, primo italiano a spingersi fino in questo luogo per lavorare con questa bizzarra comunità. Sono consapevole che a momenti sarà difficile, e talvolta le giornate interminabili, però è qui che voglio trascorrere i miei prossimi tre mesi da viaggiatore australiano prima di un nuovo incontro.

A breve l’intervista completa a Nicola

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