Diario di viaggio: Etiopia, Africa

Fantastica anche la seconda esperienza etiope a distanza di tre anni dalla prima. Questa volta l’itinerario era incentrato sul sud, verde e rigoglioso, completamente diverso dal nord. L’approccio iniziale e’ con i laghi della Rift Valley contornati da acacie, senza dimenticare i quattro favolosi laghetti vulcanici di Debre Zeyt a soli 42 km. dalla caotica Addis Abeba. Caratterizzati dalla massiccia presenza di uccelli, paradiso naturale per il byrd-watching.

Eccelle il lago Zyway con i suoi gruppi di pellicani, ma tutti i laghi presentano un magnifico contesto. Lungo la strada tanti asinelli e gente a piedi, folla caratteristica delle strade etiopi. Da Yabelo ci immergiamo nel cratere El Sod, ancor oggi utilizzato per estrarre sale dal fangosissimo laghetto centrale … se la discesa nel cratere e’ semplice, piu’ faticosa la salita affrontata sotto un caldissimo sole battente.

Coloratissimi i vestiti della gente Borana che vive in questa zona, immancabili i tanti calcio-balilla e i tavoli da ping-pong in tutti i paesini, e come non buttarsi in qualche infuocata partitella con gli schiamazzanti bambini del luogo!? Sulla strada verso Konso, patia dei Karo, visitiamo un villaggio Fasha sopra la spaccatura di Gesergio, un canyon naturale dal forte colore marrone-arancione.

Interessante la visita al villaggio tra i canti dei bambini ed un sollevatore di pietre subito circondato da due donne adoranti e in preda all’alcool contenuto nella tradizionale birra locale … poco paragonabile alla nostra!! Nella zona tanti i villaggi Karo ma favoloso quello sull’ansa del fiume Omo e simpatici ma molto meno aggressivi del previsto gli Arborè. Spettacolo di colori e di gente il primo approccio con i mercati a Dimeka. Come al solito ospitalità e cordialità ai massimi livelli!! …

A Dimeka scopriamo anche la simpatia e la bellezza del popolo Hamer, nel quale ci infileremo nei giorni trascorsi a Turmi. I Domenech si presentano come il popolo più povero, vivono sull’altra sponda del fiume ad Omorate, zona di confine che pullula di militari. Le piste conducono al Turkana, ma sempre attenzione ai guadi e soprattutto all’innalzarsi delle acque dei fiumi, che dal niente possono diventare travolgenti in pochi minuti. L’appuntamento clou con gli Hamer è il salto del toro.

Le ragazze cominciano a ballare, anzi a saltare con grinta sulle gambe (… e che gambe!!) dove portano lacci di campanelli, tutte insieme in cerchio con sorrisi eccezionali per poi avvicinarsi al capo e farsi frustare. Sì frustare … e con bastoni di rovo che fanno male e lasciano clamorose scarnificazioni sulla schiena … resto un pò choccato, non me l’aspettavo! I capelli intracciati e a scodella hanno un bellissimo colore rosso-terra… appunto visto che la pettinatura è rifinita con terra bagnata! Si cominciano a colorare i visi degli uomini e di alcune ragazze, si riuniscono le mucche e le ragazze saltano, saltano, saltano e danno testate ai buoi!

E anche i buoi da bianchi cominciano a tendere al chiazzato rosso … e intanto lei balla, salta e con grinta dà di testa verso l’animale … resto a bocca aperta! Adesso tutte insieme ripartono accerchiando le mucche, suonando le trombette a perdifiato e via ancora con le testate finchè le radunano … gli uomini tengono fermi gli animali e il prescelto parte improvvisamente di corsa e ci corre sopra tre volte avanti e indietro. Poi abbracci e pacche, e via di corsa …. ci sono 28 km. da fare per tornare al villaggio!! Il ragazzo è diventato grande e tra due anni potrà sposarsi con la prescelta. Io attraverso il fiume e non capisco bene a cosa ho assistito!!

Turmi è il posto di partenza per visitare le tribù della zona, è un piccolo paesino con un affollato mercato … al bar lavora Mescarem, studentessa di 17 anni che sogna di raggiungere la grande città, Addis Abeba: il sogno di chi vive in campagna. Chiacchieriamo per un’oretta e come al solito l’anima di questo popolo prevale in generosità, in umanità, in quei piccoli modi di fare che ormai noi occidentali ci siamo dimenticati … con la nostra maledetta frenesia!

La zona dell’Omo river è ormai molto battuta dal turismo, grazie anche alle nuove strade costruite da ditte cinesi e indiane. Da qui nasce il rapporto mercanteggiante tra le tribù indigene e le tribù dei turisti, si paga un prezzo per la visita del villaggio e si contrattano i prezzi delle foto agli abitanti, al che bisogna mantenere la dignità ma prendere la cosa come un gioco, ben sapendo che il soggetto fotografato ha una sola cosa da vendervi: la sua immagine! Da casa mi sembrava una situazione penosa, poi giocata nel modo giusto diventa al contrario anche divertente.

A Jimka cerco di telefonare a casa, un signore zoppo mi accompagna alle Telecomunication, per entrare devo lasciare la macchina fotografica, e il mio accompgnatore resta a guardarla mentre io telefono, per ringraziarlo gli regalo 20 birr, non sa come ringraziarmi …. dopo più di un’ora sono in un baretto a bermi una birra, mi avvicina insieme ad un ragazzino, e quest’ultimo mi dice che il signore voleva ringraziarmi ma non sa l’inglese e allora ha chiamato lui come interprete …. e io che so l’inglese sono rimasto senza parole!

Eiland è la bottiglia di plastica vuota che tutti ti cercano … è un utilissimo contenitore! Tutto è riciclato, gli ornamenti di alcuni personaggi sono sorprendenti: usatissimi i tappetti delle bottiglie, cinturini d’orologio, pezzi di schede telefoniche, chiavi più o meno arrugginite, tubetti, penne, pelli … e non parliamo di come giocano i bambini con qualunque cosa sia tondeggiante.
Sempre tanta gente che cammina per strada, soprattutto nei giorni di mercato … e che dire delle tante mandrie di mucche in mezzo alle quali bisogna zigzagare al tramonto.

Il lago Chamo è veramente spettacolare, fantastico navigarci in silenzio su una barca circondati da volatili di ogni tipo e da immense macchie verdi quasi invisibili: i coccodrilli, e che bestie!!
Key Afar è sede di uno dei mercati più interessanti della zona dell’Omo River, tsemay, banna, hamer e altre tribù coloriscono le stradine di questo paesino. Qui c’è anche un piccolo ambulatorio-ospedale molto importante, gli interventi più necessari sono per la malaria e per le ferite d’armi da fuoco. Infatti alcool e armi da fuoco sono molto diffusi in zona e costituiscono un binomio che non dà certo adito a molta sicurezza, tant’è che alla fine del mercato qualche colpo di fucile non manca mai. Se la malaria è un problema devastante per gli abitanti locali, per il turista è semplicemente un problema da affrontare per qualche settimana.

Sono anni che io non facevo la profilassi, e sentendo parlare così male del Lariam malgrado io non avessi mai avuto effetti negativi (alcuni ironicamente sostengono addirittura che la malaria è meglio del lariam) ho voluto provare il malarone, molto più caro (ma questo non è un grosso problema!) ma soprattutto da prendere tutti i giorni e questo mi ha portato a soffrire leggermente di insonnia, quindi in futuro ci penseremo bene!!

La mia permanenza in solitaria ad Addis Abeba mi ha permesso di visitare la realtà delle missioni salesiane in Etiopia, tante e tutte con scuole molto importanti per le possibilità che creano alla gioventù etiope; molto importante l’utilizzo delle adozioni a distanza, 30 euro sono circa 600 birr e ricevendoli ogni mese sevono non solo al bambino adottato ma a tutta la famiglia come una notevole boccata d’ossigeno, così come mi dimostra la visita ad alcune famiglie nei quartieri più disastrati di Addis Abeba, con case di circa 10 metri quadrati in cui vivono anche padre, madre e dieci figli. Grazie anche a interessanti ONG italiane che operano attorno a Sodo si comincia a vedere l’enorme potenzialità del microcredito nella realtà rurale etiope.

Economicamente l’Etiopia è in netto crescendo, tanti gli investimenti stranieri tra cui spiccano gli olandesi nel campo floreale (interminabili le file di serre coperte sulla strada per Shashamane) e i turchi nel campo tessile, ma chi la fa da padrone come in buona parte dell’Africa è la Cina che concede prezzi più che competitivi e pagamenti dilazionati … quasi tutte le strade portano il marchio cinese, e tanti gli accampamenti per gli operai cinesi lungo le grandi strade in costruzione.
“Un giorno un cinese in auto investì un asino, subito il padrone etiope chiese il risarcimento all’autista. Nel frattempo i tanti operai cinesi che lavoravano nelle vicinanze si avvicinarono per vedere cosa era successo. L’etiope teneva per il braccio l’autista cinese chiedendo il risarcimento e questi non capiva perchè l’etiope malgrado le sue rassicurazioni non gli mollava il braccio …. al che l’etiope circondato da decine di operai cinesi, gli chiese come avrebbe fatto a riconoscerlo una volta lasciato andare!!” … è un aneddoto che si sente in tanti bar etiopi, vero o non vero è già una leggenda.

Bellissimi i Monti Bale, al Plateau Sanetti raggiugo i 4200 metri d’altezza e purtroppo le nuvole basse mi rendono difficile la visione del lupo dell’Abissinia ma alla fine almeno uno a 5 metri di distanza riesco a vederlo. Bellissimo!! Per me il muso è proprio quello del lupo, e chissenefrega se in inglese è chiamato red fox!! Dal lodge di Dinisho è possibile incamminarsi in un bel bosco popolato da fagoceri e dal bellissimo imponente Nyala, con le sue immense corna ricurve, simbolo stesso del parco nazionale.

Monte Wenchi si trova a 170 km. da Addis Abeba, si sale si sale finchè dalla cima si vede lo splendido cratere con il suo bel lago, un colpo d’occhio affascinante. E poi si scende in mezzo alle immancabili mandrie di buoi e asini stracarichi, però come nella zona del monte Bale non mancano i tanti cavalli (questa sarà poi un’ottima soluzione per la risalita! n.d.r.)
Con un amico belga facciamo a colazione a Dinisho, i sette i clienti in totale durante l’ora di permanenza, 12 i dipendenti e spettacolare il movimento, mai fermi, tutti apparentemente indispensabili, eccezionali!!
Adesso mi piacerebbe andare a visitare la Dancalia, magari partendo da Addis Abeba verso Mekelle da cui entrare nella depressione, quindi passare da Gibuti e rientrare in Etiopia passando da Harar … va beh, ci penserò!

Di Marco Cavallini

1 commento su “Diario di viaggio: Etiopia, Africa”

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