Australia in camper: intervista ad una famiglia in viaggio

Intervista a Claudio e Myriam, due giornalisti che hanno ottenuto 6 mesi di aspettativa per realizzare il proprio sogno: attraversare l’Australia in camper con il figlio di 5 anni.

Introduzione 

Siamo Claudio Cuccurullo e Myriam Defilippi, entrambi giornalisti 45enni, l’uno partenopeo, l’altra eporediese. Last, but not least, nostro figlio Lieto, pavese di nascita e cosmopolita di spirito: adora e pratica il calcio che è lo sport più internazionale, è affascinato dalle lingue straniere (lo spagnolo in particolare),  vorrebbe boicottare i nostri viaggi perché – giustamente – ama stare a casa con il suo nintendo, gli altri giochi e gli amici. Poi, però, quando siamo in viaggio ci accompagna e ci sprona con il suo entusiasmo, le sue critiche, il suo desiderio di scoprire.

Quando avete deciso di “cambiare aria” e perché?

Viaggiare è sempre piaciuto a tutti e due fin da ragazzi, in compagnia ma anche da soli (in questo senso l’interrail è stato un ottimo viatico per le avventure future). Arrivati agli anta un desiderio, che prima forse si animava solo in qualche limbo emotivo, ha cominciato ad avere forma più definita e riconoscibile: dopo anni chiusi in redazione o comunque agganciati al solito tran tran, volevamo staccare. Per ritemprarci sia individualmente sia come famiglia.

Abbiamo avuto la fortuna di poter chiedere un periodo sabbatico di sei mesi. E’ un privilegio, lo riconosciamo, ma pochissimi dei nostri colleghi lo usano per un’esperienza di questo tipo. Soprattutto ha significato per entrambi non incamerare un euro per un semestre. Abbiamo dovuto mettere qualcosa da parte per fronteggiare la traversata dell’Australia, oltre che le spese che la casa pavese avrebbe continuato a presentarci nonostante fossimo dall’altra parte del mondo.

Perché avete scelto proprio l’Australia come meta per la vostra avventura?

Tre motivi: era stata la meta del nostro viaggio di nozze e ci aveva entusiasmati. A tutti piaceva (su altri Paesi non c’era una simile concordanza). Cercavamo un luogo che ci permettesse di vivere vere avventure senza farci abbandonare del tutto l’Occidente (ci preoccupavano, in particolare, eventuali problemi di salute del bambino che all’epoca del viaggio aveva 5 anni; non volevamo fare vaccinazioni…). E l’Australia affascina proprio perché contiene più mondi: è la terra più antica, ma ha le città più giovani, sa essere ipermoderna ma ti permette anche di entrare nel Tempo del Sogno aborigeno…

Da dove e’ partita l’idea di viaggiare in camper? (Il camper l’avete comprato in Australia?)

La prima volta, in viaggio di nozze appunto, siamo stati in Australia un mese spostandoci in aereo da un luogo all’altro: laggiù infatti le distanze sono gigantesche, la dimensione spaziale è sempre dilatata e con essa si dilata pure lo sguardo di chi quella terra percorre. Ci siamo però resi conto che il modo migliore di visitare quel Paese è il camper: gli stessi australiani lo prediligono e hanno ottimi campeggi, dove il rapporto qualità- prezzo è premiante.

Claudio da ragazzo aveva avuto esperienze di campeggio ma non di camper: Myriam era digiuna dell’uno e dell’altro e oggi li consiglia a tutti coloro che abbiano un po’ di tempo da spendere nella terra di Oz. Abbiamo scelto il camper per varie ragioni: poter strutturare il viaggio giorno per giorno accogliendo così desideri e necessità che via via si fossero presentati.  Andare per sei mesi in hotel sarebbe stato economicamente fuori target, soprattutto, in molte delle zone in cui siamo stati non esistono hotel però… ci sono le stelle: le esperienze più emozionati sono stati i campeggi liberi così da poter vivere la notte nel cuore dei deserti (in Australia si trovano opuscoli anche per organizzarsi di tanto in tanto il campeggio libero e quasi dovunque trovi una toilette  – letteralmente in mezzo al nulla; nei paesini anche la doccia. Un popolo di viaggiatori si mette e ti mette a disposizione gli “strumenti” di viaggio).

In un primo tempo avevamo pensato di comprare il camper con la formula del buy-back, poi abbiamo optato per l’affitto così abbiamo potuto beneficiare dell’assistenza gratuita un paio i volte, per esempio, per il cambio delle gomme che, macinando 23mila chilometri, si sono decisamente usurate. Il camper ci ha permesso anche di dare una casa a Lieto, qualcosa di stabile in quei mesi di continuo movimento.

Avete avuto grosse difficoltà viaggiando con un bambino di solo 5 anni?

Qualcuna sì: la notte in cui ha avuto una brutta otite è stata difficile, poi gli abbiamo ripulito le narici con l’acqua dell’oceano (effetto simile all’acqua marina che si compra in farmacia), il catarro si è sciolto e siamo ripartiti. C’erano giorni in cui facevamo 600-700 chilometri immersi nel caldo afoso dell’ouback tropicale e per Lieto è stato un notevole sforzo fisico ma anche emotivo. In più, visto che cambiavamo di continuo campeggio non aveva amici stabili (ne ha trovati due con cui ci siamo visti un paio di volte negli stessi campeggi e poi, per il saluto finale, a Sydney). Mentre  noi guidavamo lui giocava a contare quante auto incrociavamo (magari una all’ora!) e in quali animali rischiavamo di andare a sbattere: canguri, ma anche mucche, iguane  e una volta persino un’echidna!

Quali sono state le mete del vostro viaggio?

Siamo partiti da Sydney, risaliti a nord fino a Brisbane, la Gold Coast, poi ci siamo tuffati nell’outback attraverso la terra rossa, i termitai, raggiungendo Mount Isa (ancora nel Queensland) poi Katherine e Devil’s marbles (gigantesche pietre sacre agli aborigeni) e il villaggio aborigeno di Manyanalluk tanto per citare alcune tappe del Northern Territory. Abbiamo dedicato parecchi giorni a quell’enorme meraviglia che è il Western Australia: Kununurra, Broome, Monkey Mia, Perth (le coste strepitose, ma anche l’interno in città minerarie come Tom Price e parchi come il Karijini), poi nel South Asutralia e nel Victoria fino a Melbourne, da lì in Tasmania che abbaino girato in tondo. Dopodiché ancora sul continente fino a Canberra e back to Sydney. Qui citiamo soprattutto le città perché sono le coordinate geografiche più note, ma abbiamo passato la maggior parte del tempo in paesi con pochi abitanti o terre dove l’uomo è solo presenza transitante. Non abbiamo toccato tappe classiche, come Uluru e Darwin, perché eravamo già stati la prima volta e non avevamo tempo sufficiente per rivedere tutto.

Quale e’ stato il momento più’ difficile in viaggio? E il momento più bello?

In 6 mesi e 23mila chilometri si accumulano tante esperienze. Un momento non semplice lo abbiamo vissuto nel deserto del Western Australia: il camper aveva i pneumatici lisi ed emetteva un rumore inquietante; fuori c’erano 45 gradi e un’umidità incalcolabile, Myriam era isterica, poi dopo un paio di giorni abbiamo trovato un centro assistenza che si prendesse cura del camper e la temperatura è scesa un po’. Allora abbiamo cominciato a riconciliarci con il mondo.

Il momento più bello? Per Lieto l’incontro con un dingo sulla Fraser Island (ma forse anche con gli ornitorinchi a Eungella, o i canguri che “bussavano” alla porta del camper in alcuni campeggi non recintati e il delfini che arrivavano alle 7 del mattino sulla spiaggia di Monkey Mia). Per noi genitori la traversata del Nullarbor: un rettilineo di 1200 chilometri che attraversano il nulla più pieno di emozioni (ci sono solo 3 o 4 roadhouse lungo il percorso dove mangiare qualcosa e, soprattutto, fare benzina). Laggiù abbandoni tutto, incontri la magia, ritrovi te stesso.

Avete mai pensato “Quasi quasi ci trasferiamo a tempo pieno in Australia”?

No, lo abbino vissuto come momento di passaggio anche se manteniamo contatti con l’Australia e qualche australiano.

Che benefici ha dato questa vostra esperienza di vita? Non so, ha per esempio  aperto gli occhi su certi aspetti della vita ai quali non avete mai pensato prima?

Sicuramente ti dilata gli occhi interiori: percepisci modi nuovi di vivere lo spazio e il tempo, ti ricarichi lo spirito, scopri con quanto poco si possa vivere intensamente. Quel viaggio è stato una sfida che ci ha resi tutti più forti, più aperti e tolleranti. Poi, una volta che tocchi la terrra rossa del bush, te la porti per sempre dentro: è una riserva d’energia emotiva straordinaria.

Rifareste un viaggio / esperienza di questo tipo? Se si, dove vorreste andare?

Senza dubbio. Ci stiamo pensando ma i tempi (e le finanze) non sono maturi.

A chi consigliereste questo viaggio / esperienza di vita e perché?

A tutti, basta volerlo. Poi, intendiamoci, non è detto che sia sempre possibile avere sei mesi liberi e che interessi l’Australia. Molti sognano un’altra vita poi non fanno nulla di concreto per cambiare. Anche uno stacco, netto e rigenerante, è utile e sprigiona tanti stimoli e novità. Oggettivamente la terra di Oz è strepitosa, ma siamo convinti che ognuno, quando si mette in moto, trova la “sua Australia” laddove essa lo aspetta.

1 commento su “Australia in camper: intervista ad una famiglia in viaggio”

  1. Ciao,
    anch’io vorrei fare un bel tour dell’Australia in camper, ma di soli due mesi.
    Dove posso trovare i loro diari?
    Avete qualche libro o sito da consigliarmi?

    Noi siamo due ragazze.. ma vorrei un tour un po più selvaggio in 4X4, e non dormire su camping ma un po’ dove capita.

    Grazie
    Giulia

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