Attraverso il Rajastan: viaggio in India, terza parte

Il nostro programma per questo primo giorno del 2011 prevede lo spostamento tra Jaisalmer e Jodhpur che raggiungiamo dopo circa 5 ore di auto.

Anche in questo caso val la pena scrivere due righe su una delle tante cose che abbiamo visto cammin facendo. Infatti, in un piccolo paese, ho notato tanti uomini seduti a gruppi su lenzuola bianche, esattamente sul ciglio della strada. Il nostro driver, vedendo la mia espressione interrogativa, si è affrettato a spiegarmi che si trattava di un torneo di carte. E del resto…chi non organizzerebbe un torneo di carte sui bordi della strada tra mucche, maiali e cumuli di immondizia!? Anil ci accompagna subito al Forte Meherangarth che si staglia imponente su una collina che sovrasta la città.

Non mi dilungherò sulla descrizione di questa struttura ma mi limito a dire che questa visita va assolutamente fatta per lo splendore del forte e per i meravigliosi panorami che regala sulla città dai tetti blu.

Consiglio inoltre di visitarlo in autonomia ma muniti dell’audioguida molto completa. Prima di raggiungere l’hotel facciamo ancora una tappa nel luogo in cui furono cremati i reali di Jodhpur ma, siccome ormai il cenotafio è chiuso, ci accontentiamo di osservarlo dall’esterno essendo comunque una bellissima struttura. L’hotel che abbiamo scelto in questa città è il Park Plaza, scelta che, per quelli che sono i miei gusti, si rivela poco azzeccata essendo di matrice troppo internazionale e scomodo per raggiungere a piedi il centro.

La mattina successiva optiamo per una sveglia molto clemente. Con Anil abbiamo concordato un giro per la campagna circostante la città di Jodhpur sapendo che vi vivono molti coltivatori d’oppio. Infatti, sebbene l’utilizzo dell’oppio in India sia illegale, in questa zona sono autorizzati a coltivarlo affinché venga utilizzato per fini terapeutici. Raggiungiamo una casa in aperta campagna dove ci accoglie una calorosa famiglia che, dopo averci messo a nostro agio servendoci del the, ci mostra qual è il procedimento per la preparazione della bevanda a base di oppio.

Rimaniamo increduli quando l’uomo che ci ha fatto la dimostrazione, ci fa cenno di sederci accanto a lui e ci allunga le mani tra le quali trattiene un po’ di quella bevanda. Capiamo di non poterci astenere dall’accettare la sua offerta perché siamo consapevoli che il nostro ingrato rifiuto verrebbe interpretato come segnale di chiusura e quindi chiniamo il capo abbeverandoci con quella strana miscela direttamente dalle generose mani del contadino. Il gusto non proprio gradevole risulta molto amaro per il palato, ma lo celiamo al nostro ospite che ci osserva con sguardo soddisfatto.

La seconda tappa del nostro giro per le campagne è un laboratorio artigianale, a conduzione familiare, in cui vengono tessuti tappeti. Un ragazzo, dove averci fatto una breve dimostrazione, ci invita a provare. Ed è con mia grande delusione e contro ogni aspettative che scopro Gabri più propenso all’arte della tessitura di quanto non lo sia la sottoscritta.

La terza tappa è un piccolo laboratorio di ceramiche dove saltiamo la dimostrazione e passiamo subito agli acquisti. Sulla strada del ritorno ci fermiamo in un grandissimo bazar di tessuti dove acquistiamo splendidi capi. Per il pomeriggio abbiamo in programma di coccolarci un po’ con un massaggio ayuverdico. Solo verso le 4 ci incontriamo nuovamente con Anil che ci accompagna nella piazza dell’orologio dove si svolge il mercato. Se già di norma qui il caos regna sovrano, lascio immaginare cosa accada in una piazza colma di bancarelle, ambulanti e bazar.

Per la cena decidiamo di seguire il suggerimento del nostro autista andando all’ “On the rocks”. Lo segnalo dal momento che ci siamo trovati particolarmente bene: bella la location, buono il cibo e prezzi contenuti.

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