Quali templi vedere a Bali

Si sa, Bali è piena di templi, assolutamente impossibile dire quanti: ogni famiglia ne ha uno! Ed è anche difficile fare una sorta di classificazione, perchè comunque la si metta, alla fine un tempio riesce sempre ad intrufolarsi in diverse categorie. Si può procedere per “appartenenza”: dal family temple fino al village temple, proseguendo per il tempio del distretto e sempre più su, fino ad arrivare al già nominato Pura Besakih, o mother temple, ossia il tempio dei templi, il tempio dell’intera isola.

E’ possibile parlare anche di “templi direzionali” (“kahyangan jagat”), nove per l’esattezza, così definiti perchè hanno una particolare importanza per poter  essere di proprietà di una sola comunità: appartengono a tutti quanti i balinesi, che ne hanno libero accesso.

I templi direzionali, poi, possono essere anche “Sky Temples” (non vale viceversa), in genere costruiti alle pendici di qualche monte, e caratterizzati da un numero infinito di scalini, per raggiungere il cielo e comunicare con la divinità (il Pura Besakih, ancora lui, è uno sky temple, oltre che un tempio direzionale), o possono essere “Sea Temples”, abarbicati sulla costa, come lascia intuire il nome, e costruiti in modo tale che da ognuno si possa vedere il successivo, in una sorta di fil rouge che unisce tutta l’isola (un esempio può essere il già citato Pura Tanah Lot).

Bali

Insomma, le cose sono come sempre alquanto complicate e non serve perderci del tempo nel tentativo di capirle secondo canoni tipicamente occidentali: vanno prese così come sono, vissute, e poi lasciate andare: anche questo è induismo.

Scopo di questo post è quello di dare un flash veloce su un paio di templi magari poco visitati, ma che in realtà meritano qualche ora: dopo le “trappole per turisti”, quindi, gli “onesti semisconosciuti”, anche se entrambi sono templi direzionali (non proprio gli ultimi arrivati, insomma).

Il Pura Goa Lawa si trova non molto distante da Padang Bai, sulla costa sud-orientale; il nome sta a significare “Tempio della grotta del pipistrello”, ed è proprio in questo che consiste: una grotta che si apre nel fianco della montagna, popolata da un numero impressionante di pipistrelli (mai visti così tanti insieme); tutt’attorno una serie di altari dove vengono depositate le offerte e proprio davanti uno spiazzo dove i fedeli si fermano a pregare, mentre l’incenso riempie l’atmosfera (senza tuttavia riuscire a coprire la “fragranza” dei simpatici animaletti!).

La leggenda dice che la grotta scava la montagna per ben 19km prima di spuntare proprio nel complesso del Pura Besakih, al quale risulta quindi strettamente collegata; ma di leggenda si tratta e tante volte è bello crederci senza andare a verificare.

Proprio fuori dal tempio c’è un ampio padiglione (il cosiddetto “Bale”) utilizzato per le famose danze balinesi, quelle accompagnate dal suono del gamelan, che si danzano in occasione delle cerimonie.

Ho avuto la fortuna di incappare durante una prova: bellissimo vedere come una manciata di bambini si applica con dedizione a quella che è un’arte centenaria!

Spostandoci più a est, anche il Pura Lempuyang, nei pressi di Tirta Gangga, è un tempio direzionale poco frequentato, oltre che uno Sky Temple.

Il complesso (in realtà si tratta di sei templi collegati e Pura Lempuyang è il nome dell’ultimo) è molto bello e la vista semplicemente mozzafiato; per arrivare in cima bisogna salire 1700 gradini (secondo la Lonely Planet: confesso che mi sono fidata e non li ho contati!), forse proprio per questo non è tra i più gettonati, ma posso garantire che una volta arrivati in cima, se si sopravvive, beh, la sensazione che si prova è una di quelle che ci si porta appresso per una vita intera: assolutamente da provare!

Il 29 agosto ci sarà un’importante cerimonia in questo tempio (sconsiglio la visita durante la cerimonia: sarà obbligatorio lasciare la macchina al villaggio lì sotto, il che vuol dire circa quattro ore di cammino per arrivare alla cima), ecco perchè pochi giorni fa, quando sono andata a visitarlo, era particolarmente affollato di devoti alle prese coi diversi preparativi: chi adornava gli altari con drappi bianchi e gialli (no, non è il Vaticano!), chi intrecciava foglie per preparare vassoi per le offerte, chi friggeva coloratissime torte di riso (beh, qualcuna finiva anche in qualche bocca, ogni tanto!), a ciascuno il suo compito.

Sì, torte di riso, perchè un’offerta consiste di acqua, di fiori, ma anche di frutta o cibo in genere.

E’ quindi ancora possibile respirare quell’aura di sacralità che ha fatto conoscere Bali in tutto il mondo: diffidiamo da quelle voci che dicono che ormai l’isola non è più come vent’anni fa, che il turismo l’ha rovinata e così via con la solita cantilena; per certi versi è anche vero, ma se ci si allontana dalle solite rotte, che sia per avvicinarsi ad una grotta affollata (dove, ripeto, non si respira solo sacralità), o per avvicinarsi alle nuvole, si scopre che non è così.

Invito queste voci a salire 1700 gradini, o anche solo a fare due passi a Candidasa alle 5 del mattino, quando i pescatori rientrano dopo una notte in mare o ad infilarsi al mercato di Bugbug, giusto per citarne uno dei tanti, sempre prima che sorga il sole: sarò poi felice di vedere se le loro convinzioni sono ancora così solide.

Non mi stancherò mai di ripeterlo: tutto è possibile, soprattutto su questa isola.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.