In caicco alle Tremiti

Questa volta una recensione tutta italiana. L’occasione è il nostro anniversario di matrimonio, cifra tonda…il decimo…e i giorni a disposizione sono pochi, la stagione estiva è alle porte e la voglia di mare si fa sentire, quindi scelgo una location che da tempo mi incuriosisce e una soluzione un po’ “romantica”, si va in caicco tra i Sassi di Diomede, cioè alle Isole Tremiti!

Ovviamente anche il nostro amato terzo incomodo, nostra figlia di 4 anni, è con noi.

Arriviamo in tarda mattinata al porto di Termoli, lasciamo l’auto al parcheggio e ci imbarchiamo (visto che non siamo dei veterani e temiamo il mal di mare) muniti di cerotti e pastiglie … non si sa mai!

Il nostro caicco si distingue al porto di Termoli, 32 mt di eleganza sobria, accoglienza burbera del comandante con 20 anni di navigazione alle spalle e presentazione del piccolo equipaggio: Enrico il cuoco, ex-rappresentante che a 50 anni ha deciso di mollare tutto e imbarcarsi, sempre dotato di bandana rossa e orecchino, Dario, Savino e Riccardo, mozzi freschi freschi di corso per barche da diporto e il piccolo PierGiorgio, figlio del comandante, con cui la nana entro 24 oreavrebbe stretto un’amicizia vera.

La traversata Termoli – Isola di San Domino, tre ore di sole terso e mare calmo, ci fa entrare nello spirito “di barca”, io sciolgo i capelli e mi godo il vento sulla prua, Giuseppe e la nana prendono posizione sui materassini di poppa protetti dal sole, il cuoco si mette a suonare la fisarmonica a bocca, il profilo di San Domino da lontano è un’onda fatta di roccia bianca a strapiombo sul mare e verde scuro, la sua fitta vegetazione di pini d’Aleppo e macchia mediterranea.

Attracchiamo alla Cala del Bue Marino e dopo il primo tuffo nel blu quieto di questo paradiso senza nessun altro intorno, ceniamo tutti insieme al sole del primo tramonto, accompagnati dai gabbiani che abitano soli questi cieli. Mica male come inizio!

La sera usciamo alla scoperta di San Domino, l’isola più grande e attrezzata dal punto di vista turistico. La costa in alcuni tratti scende dolcemente verso il mare, in altri a strapiombo è scavata da grotte marine, baie tranquillissime e scogli scolpiti ad arte dalla natura.

L’aspetto dell’isola è molto suggestivo, il paese ci sorprende per semplicità, case immerse nella natura, assenza quasi totale di auto (i turisti non possono portarle) e cura del piccolo centro con una terrazza fenomenale da cui si gode la vista notturna illuminata del borgo arroccato di San Nicola, l’isola di fronte.

La giornata volge al termine e ce ne torniamo al caicco passeggiando tra il profumo di ginepri, rosmarini, mirti. La cabina-loculo (e  menomale che ho scelto la più grande!) in perfetto stile inglese si rivela un vero forno, non si muove la minima bava d’aria, dopo un’ora tutti e tre sfioriamo la rissa ed è solo l’inizio… a breve, dopo temperatura tropicale e assenza d’aria, scopriamo che il comandante dorme nella cabina affianco e russa paurosamente come un orso in letargo, tutte le assi scricchiolano e l’equipaggio sui ponti avanti e indietro completa un quadretto micidiale. Altro che festeggiamenti notturni per il decimo anniversario, notte in bianco incazzati a boccheggiare!!! L’unica a dormire è la nana, anche se la mattina apre gli occhi e dice “però in questa stanza non si dorme mica tanto bene!”… beata lei.

La mattina dopo il caicco molla gli ormeggi e iniziamo la nostra circumnavigazione delle isole.

L’incedere lento e silenzioso ci permette di godere appieno delle varie insenature, cala delle Rondinelle, cala dei Benedettini, cala delle Arene, cala Matano… raggiugiamo col gommone la trasparente Cala dei Pagliai, un arenile dorato delimitato da scogliere a picco dove il mare è turchese, cristallino e trasparente e chi ha più voglia di rientrare?

Nel tardo pomeriggio, appena il sole picchia meno, navighiamo intorno alle isole di Caprara e Crepaccio, disabitate a parte i conigli e i capperi, con la Cala del Diavolo, Pietre di Fucile e gli Architielli di Punta Secca, raggiungibili solo in barca. Ci tuffiamo a vedere la statua sommersa a braccia aperte di Padre Pio, alta 4.20 mt a 9 mt di profondità.

La sera attracchiamo al porticciolo di San Nicola e per la notte faccio una scelta drastica, abbandono mio marito alla cabina-loculo, prendo mia figlia e due teli, decido di passarla sul ponte di coperta, dotato di ottimi materassini… un’altra notte in sauna e senza ossigeno non la reggerei…Addormentarsi così, all’aperto, sotto un cielo stellato, ha un sapore adolescenziale…

Il giorno successivo scendiamo presto dal caicco per vedere San Nicola, l’isola storica, abitata da 1000 anni da ordini di monaci tremitesi, con fortificazioni di tutto rispetto, l’ Abbazia di S.Maria a Mare in posizione strategica, il chiostro, il Castello dei Badiali, il monastero in parte abbandonato e in parte trasformato in B&B, 3 ristoranti, 2 baretti ed esagerando una cinquantina di abitanti, il tutto in una cornice medievale con scorci di Mediterraneo mozzafiato. La nana va avanti a gelati per contrastare il caldo torrido, ci fa da Cicerone il figlio (10 anni) del comandante che conosce a menadito ogni angolino e storia di queste isole.

Nel pomeriggio il programma prevede il giro delle grotte, le Tremiti ne hanno diverse davvero belle, la Grotta delle Viole, la Grotta del Bue Marino, delle Rondinelle, etc. attracchiamo di fronte allo scoglio dell’Elefante, una roccia con un’altezza di circa 20 metri che ricorda un elefante accovacciato con proboscide tesa, come se stesse abbeverandosi nel mare.

Partiamo col gommone alla volta della prima, la Grotta delle Viole. Entriamo in una spaccatura nella roccia larga 6 mt e alta 3, si entra in una specie di vestibolo a forma di vasca cilindrica scoperta, con pareti a picco rivestite da arbusti che in primavera si coprono di fiori, i riflessi dell’acqua sono incredibili, di colore azzurrissimo, il fondale di circa 8 metri con le pietre riccie, staccatesi dalle pareti della grotta, danno l’impressione di un campo di rose fiorite. Un incanto della natura.

Vorremmo proseguire il nostro giro ma il motore del gommone ci saluta: il comandante tenta invano di rianimarlo, alla fine estrae i remi e via di forza motrice umana… per fortuna dopo 20 min di bracciate sotto un sole cocente veniamo rimorchiati da una barca a motore impietosita, che piano piano ci riporta al ciacco.

L’imprevisto ci costa caro: carichiamo i bagagli e la nana su un micro-gommone di emergenza che arriva con 2 min di ritardo alla partenza del ns traghetto…. tra le maledizioni pugliesi del comandante e quelle mantovane di mio marito, il traghetto per rientrare ci parte davanti mentre ci sbracciamo in canotto per fermarlo… niente da fare, manco fossimo in Svizzera il traghetto parte puntualissimo!

Ci toccano due ore di attesa. Rientriamo sulla terraferma in serata, stanchi e felici di questo weekend fuori dal comune.

E ora aspettiamo che ci passi questa strana sensazione di beccheggio che abbiamo da quando siamo scesi.

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