L’improbabile incontro con l’Antiviaggiatore: intervista a Carlo Crescitelli

 Destinazioni improbabili, per lo più desolate, fredde e piovose, veri postacci tristi da stringere il cuore cui nessuna agenzia di viaggio vi indirizzerà mai… ma anche il lato oscuro e deprimente di mete turistiche per altri versi ambite e desiderate. E naturalmente tutti gli imprevisti e gli inghippi che ti assalgono all’improvviso, e ci puoi fare poco o nulla quando sei fuori di casa. Io ci sono andato, io ero là… è praticamente quasi mezza vita che continuo ostinatamente a viaggiare fuori dal prevedibile, ed ora sono qui a raccontarvelo.

Così Carlo Crescitelli si presenta al pubblico nel suo libro “L’antiviaggiatore”, cui ha già fatto seguito un secondo reportage di viaggio scritto sulla stessa lunghezza d’onda, dall’inquietante, enigmatico titolo: “Come farai a fuggire da te stesso… se lui continua a correrti dietro?!?”.

Entro nel suo mondo divertente ed un po’ stralunato, facendogli qualche domanda sulle sue bizzarre esperienze di viaggio, nel tentativo di carpirne la personalissima filosofia di viaggio.

Carlo, nella tua lunga carriera di viaggi fuori dal prevedibile, hai visitato già 4 continenti, 45  stati ed un gran bel numero di città in giro per il mondo. Qual è la destinazione che più ti ha colpito e perché?

Il conteggio di geografia politica comprende 28 stati sovrani più 5 stati federali canadesi e 14 stati federali statunitensi. In ottica di incentivo alla civile convivenza ed alla pacificazione sociale antisecessionista, sappi che considero Cornovaglia, Scozia, Corsica, Bretagna, Padania, Sardegna ed Irpinia come a tutti gli effetti rispettivamente parte di Regno Unito, Francia ed Italia…

La destinazione che più mi ha colpito tra tutte? Guarda, te ne elenco tre, una che esiste ancora ed altre due che, purtroppo, non ci sono più. La prima, quella che fortunatamente è ancora lì al suo posto, sono le magiche isole Far Oer, perse nel bel mezzo del Nord Atlantico: uno sconosciuto, isolato, ventoso, gelido e remoto paradiso scandinavo dai paesaggi mozzafiato e dal sapore leggendario e medievaleggiante che ti fa scoprire atmosfere perdute e come sospese nel tempo.

Le altre due, cioè quelle che invece il trascorrere degli anni ha fatto purtroppo sparire per sempre e  che sopravvivono ormai soltanto nei miei ricordi di giovane backpacker degli anni ottanta, sono l’Andalusia dei trenini tipo Far West che attraversavano la sierra assolata e polverosa – oggi cancellata dalle stazioni dell’alta velocità costruite con i finanziamenti del Fondo Sociale Europeo – e la Finlandia dai biondi campi di grano punteggiati da migliaia di minuscoli laghetti.

La Finlandia, che oggi vanta una capillare struttura turistica di baite super attrezzate in tutta la taiga, ha perso sicuramente molto di quel suo originale fascino un po’ triste, un po’ slavo un po’ russo che all’epoca me la rese così emozionante.

Una delle prime cose che impari viaggiando negli anni è che i luoghi non restano mai a lungo uguali a se stessi, evolvono e si trasformano, e, ahimè, non sempre in meglio o forse sei solo tu che stai invecchiando…

Hai visitato spesso terre estreme, come la Siberia e Terranova, giusto per citarne due particolarmente inospitali: quali le motivazioni che ti hanno spinto ad adottare uno stile di viaggio particolarmente “avventuroso”?

Questa domanda mi permette di spiegare ancor meglio il concetto, a me particolarmente caro, dei luoghi che cambiano con il trascorrere del tempo.

La grande differenza tra viaggiare oggi ed aver viaggiato trent’anni fa è proprio questa: è ormai sempre più difficile scovare situazioni di viaggio che non si assomiglino tra di loro, perché oggi tutto tende ad appiattirsi e ad adeguarsi allo standard internazionale che annulla identità, diversità e differenze.

Un piccolo aneddoto esemplificativo: una decina di anni fa ero in piazza della stazione di Cagliari con mio figlio bambino, che mi dice, guardando entusiasta il Mc Donald’s: “Che bello, papà! E’ proprio uguale a quello che c’è a casa!”. Se è giusto e normale che i bimbi cerchino questo tipo di sicurezze e conferme, noi grandi, noi viaggiatori, abbiamo invece il dovere morale di andare alla ricerca di altro, che viaggiamo a fare sennò?

Fermo restando che è proprio vero che tutto il mondo è paese, come mi hanno sempre confermato le mie lunghe peregrinazioni tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, dove la vita e le persone hanno ritmi e caratteristiche quasi identici, è anche vero che è proprio lì, nelle tante periferie del pianeta, che va cercata la risposta alla nostra ansia di meraviglia e di conoscenza, nel freddo, remoto e desolato Nord, dove tutto sembra accadere per la prima volta sotto un cielo così basso da sfiorare l’orizzonte.

Ultimamente hai visitato le Shetland. Come ti sei preparato al viaggio?

Uno dei miei piccoli segreti per poter vivere al meglio il sogno dell’avventura è proprio quello di non prepararcisi troppo. Io non studio mai molto in anticipo le mie destinazioni, parto sull’onda di una emozione ed una volta arrivato mi ci lascio trasportare. In questo modo scopro realtà e vivo esperienze che neppure la guida più originale e completa mi avrebbe mai prospettato.

Dico questo con tutto il rispetto per le pur sempre indispensabili guide di viaggio, è solo che non mi è mai andato di entrare nell’ordine di idee “devo fare questo e quello, non posso perdermi quell’altro”…Un consiglio? Prova sempre ad essere il padrone di te stesso, solo così vedrai e farai quello che tu veramente cerchi e il tuo viaggio sarà unico e parte vera ed insostituibile di te, non un impegno come un altro.

I miei preparativi per le Shetland, non sono andati molto al di là di qualche cliccata su YouTube, di qualche sessione di prova di maglioni pesanti davanti allo specchio e di qualche pedalata in bici ed escursione in montagna per tenermi un po’ in forma in previsione di lunghe camminate. C’erano migliaia di uccelli marini e splendidi siti archeologici pitti e vichinghi ad aspettarmi lì. Chi avrebbe potuto mai immaginarlo prima della partenza?

Quale l’ultimo imprevisto che ti è capitato durante le tue avventure?

Fortunosamente arrivato, grazie ad una serie di autostop, in un bellissimo ed isolato paesino delle Shetland, scopro che l’indomani, domenica, non ci sarebbe stato nessun autobus a riportarmi in rotta. Alla ricerca di informazioni capito nel pub del paese dove si sta svolgendo una pazzesca festa in maschera in stile anni settanta.

Dopo aver declinato il gentile invito di alcuni avventori del locale, particolarmente simpatici ma anche ubriachi, di riportarmi immediatamente con loro nel capoluogo,  la mattina dopo vengo accompagnato in città da una signora che si offre di darmi un passaggio in cambio dell’insegnamento di qualche frase in italiano. Che begli incontri grazie ad un imprevisto!

Carlo, per concludere 5 domande a risposta secca:

 1.    L’incontro più memorabile nel tuo ultimo viaggio.

Un’altra anziana e distinta signora che mi cooptato quale suo cavaliere nel corso di un’altra scatenata festa da ballo, una quadriglia organizzata nella sala municipale di un villaggio all’estremo nord delle isole. Terminato il ballo, ha voluto presentarmi alle sue amiche, sussurrando loro all’orecchio: “Visto che ho cuccato un uomo?” Simpaticissima e frizzante, un grande esempio e modello per la terza età che attende inesorabile ciascuno di noi!

2.     Il cibo più strano mangiato.

Qui mi metti un po’ in difficoltà… io sono un vero e proprio campione di junk food, famoso tra parenti ed amici per il mio leggendario cattivo gusto e la temerarietà con la quale mi avventuro in assaggi improbabili.

Quello che ti posso dire è che secondo me nessun popolo al mondo mangia male i cibi della sua tradizione, ti basta scegliere quelli e di solito te la cavi.Ma se ti trovi per caso in Inghilterra allora le cose cambiano, gli inglesi sì che sono irrimediabilmente negati per tutto in cucina, sono capaci di propinarti pasticci di carne e pesce insieme, per metà crudi e per metà bruciati, gamberi con la sacca delle uova disgustosamente ancora attaccata, patatine unte, fredde ed imbalsamate in salse dal colore inquietante, improbabili pizze abbinate a pagnotte di pane all’aglio…

Quanto agli altri, che dirti? Forse i “churros”, le frittelle spagnole da inzuppare nel caffellatte? O il “jerky”, vale a dire le strisce di bacon essiccato in busta che masticano i camionisti americani al volante? Ma no, il primato della singolarità va al caffè riscaldato di mia moglie, che, guarda caso, è di lontane origini britanniche…

3.    Il luogo in cui non torneresti.

Per me viaggiare è in primo luogo una dimensione interna della mente e dunque non c’è mai nessun posto nel quale non valga davvero oggettivamente la pena andare o tornare, ma solo luoghi che per vari motivi, contingenti o casuali, o sfortunate esperienze personali, ti hanno detto male.

Questi i miei:  l’Olanda ossessionata dalle sue ansie ambientaliste ed animaliste al punto da viverle in modo teso e conflittuale, l’Islanda dalla natura così brulla e brutale da farsi considerare una semplice esigenza del mio curriculum atlantico e non molto di più, la Corsica dimessa e minore comparata all’incanto della meravigliosa sorella Sardegna che secondo me me la offusca.

Ma queste sono solo le mie impressioni…Avete mai provato a farvi raccontare la stessa meta da due o più persone? Io adoro ascoltare i bilanci altrui, ognuno filtra il mondo attraverso i propri occhi e lo stesso viaggio sembra mille tutti diversi…

4.     Quello invece per il quale potresti persino decidere di lasciare la tua amata Irpinia.

Proprio a riprova del fatto che la mia Irpinia con le sue bellissime montagne difficilmente ormai riuscirò a prendere la decisone di lasciarla, te ne dico addirittura tre: 1) l’area metropolitana di Barcellona, dove tradizione e modernità si incrociano così bene da farti sentire parte viva di entrambe; 2) una qualunque delle isole Canarie, splendido e suggestivo frammento d’Africa, ma tranquille, accoglienti  e rassicuranti 3) gli Stati Uniti d’America in genere, con una preferenza per le città di San Francisco e di Chicago, per sintetizzare e realizzare il sogno di ognuno di vivere ogni giorno l’emozionante sfida di costruire il nostro futuro.

5.    Non partiresti mai senza…

Io non sono superstizioso, anzi, ma sai com’è, sono sempre campano e meridionale e poi in viaggio non si sa mai quello che ti può capitare, per cui porto sempre con me una vecchia cartolina della Madonna del santuario di Montevergine, bellissima montagna che troneggia su casa mia, che mi serve da segnalibro, mi protegge e mi fa sentire a casa ovunque nel mondo! Inoltre, non parto mai senza il ciondolo in peltro che indosso al collo, una  runa vichinga, un potente simbolo magico di protezione,  e per proteggermi la pelata, il berrettone di lana i colori del catalogo discografico “Real World” del grande Peter Gabriel.

A questo punto Carlo, in perfetta linea con il suo estroso personaggio si fa un’ultima domanda da solo…

Quale il luogo che vorresti visitare e in cui non sei ancora riuscito ad andare?

Spesso penso che vorrei affrontare i remoti Territori di Nord Ovest dell’Artico canadese, per ascoltare gli sciamani Inuit che danzano al suono dei loro tamburi alla foce del fiume Mackenzie, e percorrere le coste sassose e ghiacciate del gelido Mare di Beaufort con lo sguardo rivolto al limitare del Mar Glaciale Artico… ma poi succede che non sono convinto del tutto e alla fine rimando sempre. Forse perché  il vero e solo viaggio ancora tutto da fare è quello quello di me stesso è anche per questo che si viaggia, no? Per diventare saggi e allora speriamo di riuscirci, una volta buona…

1 commento su “L’improbabile incontro con l’Antiviaggiatore: intervista a Carlo Crescitelli”

  1. Bella intervista, ma mi ha lasciato con un po’ di perplessità. Ho trovato così vicino Crescitelli quando parlava del modo in cui i luoghi cambiano, del suo stile di viaggio, di alcuni suoi incontri così simili ai miei che mi ha sorpreso molto leggere i suoi giudizi su Islanda e Corsica di cui penso esattamente il contrario… ma il viaggio è un’esperienza davvero troppo soggettiva per essere tutti d’accordo.

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