Il percorso di un’anima e di una poetessa dal Machu Pichu alla Liguria

Le gambe raggiunsero le alte vette sopra Cusco
Nelle Ande il sole è una culla di splendore
Cella solare che trattiene il notturno
Gli altri uomini si fanno minuscole formiche,
Intricate erbacce, sfilacciati nembi.
Ma non tu
Che segui il passo dell’Indios
Che mi accompagni fino alla vetta…

Questo l’incipit di “Per trovare te”, componimento scritto dalla poetessa italoperuviana Paula Scevola Rodriguez dopo un viaggio in Perù alla ricerca delle proprie radici, accompagnata dallo spirito della nonna mai conosciuta. Abbiamo intervistato Paula: dalle sue risposte sono emersi una forte curiosità intellettuale e un amore per la cultura e per il viaggio come scoperta di sé e dell’altro.

Quando ti sei avvicinata alla poesia e cosa rappresenta per te l’espressione poetica?

Ho iniziato a scrivere storie a dieci anni circa, ma alla poesia mi sono avvicinata in IV ginnasio. La prima che scrissi parlava di una discesa rocambolesca negli Inferi Eterni. A quel tempo ero molto condizionata dalla lirica greca e da Dante. E’ molto difficile rispondere alla domanda su che cosa rappresenti per me la poesia. Tutto parte dalla mia concezione della poesia intesa come poiesis,  ‘fare, creare’. Ritengo che sia la chiave giusta per capire e rivelare – nella delicatezza e nella potenza delle parole – l’unione esistente fra macro e microcosmo, non ricorrendo alle categorie più propriamente definite intellettuali come la ragione, la mente. E’ armonia di contrari, cerca di spiegare l’inspiegabile del quotidiano generando una sensazione puramente fisica, un fremito, un ricordo fulmineo che costringe il risveglio dei sensi.

Come nascono le tue composizioni poetiche? Sono frutto di un “labor limae”?

Prima di tutto per scrivere necessito di una parola a cui ‘agganciarmi’ per poi far sgorgare il resto, in un certo senso seguo un metodo induttivo. E’ una singola parola a trascinare il tutto, poi rileggo, cerco un ritmo, correggo. Sì, la composizione poetica è frutto di un lavoro, ma un lavoro magico.Le parole in versi sono infatti parole magiche.

machupichu

Nel tuo libro “La Boutique dell’attesa” pubblicato tramite ilmiolibro.it c’è una bellissima poesia dedicata al tuo viaggio in Perù alla ricerca delle tue radici. Ci puoi parlare di questo viaggio e di che cosa ha rappresentato per te?

Ho origini peruviane, un po’ spagnole, francesi, cinesi e credo che sia per questo motivo che sono fortemente attratta dal mondo. Quello in Perù è stato un viaggio fra i più intensi perché ero alla ricerca delle mie origini più remote, se così si può dire. La poesia parla del cammino Inca durato quattro giorni e tre notti per raggiungere il Machu Picchu e ‘ritrovare l’anima’ di mia nonna che è nata in questo paese dove le montagne e il sole sono degli Dei. Il cammino è stato duro considerata l’altitudine e la rarefazione dell’aria, ma vedere la città Inca all’alba aprirsi tra le nuvole, protetta dalle montagne è stato come essere sospesi nel tempo, come ricongiungermi con l’altra parte di me fino ad allora sconosciuta nel profondo.

Hai scritto altre poesie in concomitanza o dopo aver fatto viaggi? Cosa rappresenta per te il viaggio?

Ho scritto molte poesie soprattutto nel periodo liceale-universitario quando vivevo in una comune sulle colline di Firenze, a Pontassieve. Per me il viaggio rappresenta una delle più alte  forme di conoscenza, è ricerca, perenne partenza e talvolta ritorno. Una volta lessi in un libro di Jean Claude Izzo che ad ogni viaggio si ridisegna il mondo. Io cambierei il verbo con “si riscrive il mondo” poichè anche leggendo e scrivendo si “viaggia”, talvolta saltando nel tempo.

Hai vissuto per un anno a Parigi per motivi di studio. Com’è stata questa esperienza?

Ho vissuto a Parigi per quasi un anno perché frequentavo la Sorbona, università fra le più antiche, cuore delle manifestazioni studentesche del ’68, con professori vestiti come il Re Sole e ragazzi che studiano su tappeti persiani. E’ stata un’esperienza fondamentale perché oltre a imparare una lingua che non avevo mai studiato, mi sono confrontata con un paese ricco di stimoli e ho respirato un senso di libertà assoluta. Così vicina a noi eppur così diversa, Parigi, a differenza di alcune città italiane, sa valorizzare la cultura. Noi invece tendiamo a nasconderla sotto il tappeto, eppure ne siamo potenzialmente più ricchi.

Vivi in Liguria, vicino alle Cinque Terre, a cospetto di paesaggi molto suggestivi. Questo aspetto quanto pensi abbia influenzato la tua ispirazione poetica?

Sono nata a Levanto a pochi chilometri dalle Cinque Terre. Il mio paese è un borgo-valle che si apre davanti al mare. La terra dove sono nata è aspra e delicata al contempo, è per certi versi contadina, ma anche marittima. Gli abitanti ne sono molto gelosi, talvolta in maniera morbosa, ma forse è solo eccessivo protezionismo. Questi paesaggi – e mi riferisco a tutti, compresi quelli dell’entroterra – mi hanno fortemente influenzata: il mare imperioso, la campagna, gli scogli che tagliano le onde, i fasci di luce, i pini, gli ulivi, i venti hanno arricchito quel dialogo con la bellezza della natura che ancora non si interrompe, anche se viene attaccato dalla visione di “brutture” dovute all’incalzante cementificazione del territorio di questi anni.

Per alcuni mesi l’anno, vivi in barca spostandoti tra Liguria, Sardegna, Corsica, Tunisia e Costiera Amalfitana. Qual è il tuo rapporto con il mare e con la vita marittima?

Il mare mi fa pensare al destino, a ciò che ancora non si conosce. E’ una strada mobile, un mistero assoluto poiché nasconde dentro di sé – come in un grembo materno – un altro mondo, subisce le influenze lunari ed è perciò imprevedibile. Anche qui penso al mare in tutte le declinazioni con cui i greci antichi amavano definirlo: mare in quanto materia, via di comunicazione, abisso. In questi ultimi anni ho reso ancora più profondo il rapporto con il mare “vivendoci sopra”, se così si può dire. Non c’ è cosa più gradevole che svegliarsi dopo una notte in rada e venire subito scaldati dal sole, vedere solo acqua intorno e respirare la brezza marina, sentirne il silenzio. Con la vita marittima ho un rapporto di rispetto totale soprattutto per chi non cerca di sfidare le acque, ma per chi le ama soltanto e le porta costante deferenza, poiché navigare significa non sottovalutare i pericoli e stare sempre attenti ed essere forti psico-fisicamente. E’ una vita da nomadi, di avventurieri che andando per mare possono arrivare a “trovare” una rotta o a perdere per sempre quella di partenza.

3 commenti su “Il percorso di un’anima e di una poetessa dal Machu Pichu alla Liguria”

  1. Grazie, Albano per il commento e l’apprezzamento. Sono io in realtà a ringraziare Paula per la disponibilità e per averci regalato un po’ della sua anima, in questa intervista…

  2. Davvero in gamba questa poetessa, spero di poter vedere presto il suo nome all’ingresso di una bella libreria!

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