L’incanto di Mono Lake: come ritrovare la serenità in California

L’impellente desiderio di aggiungere una tappa meno nota all’interno dei circuiti “turistici” mi accompagna in ogni viaggio. È stato così anche per gli Stati Uniti dell’Ovest, itinerario che prevedeva oltre alla visita dei noti parchi nazionali anche altre soste affascinanti. Considerato primario il bisogno di calma e solitudine, sensazioni ormai rare, sembrava attraente l’idea di una visita al Mono Lake, un antico lago salato situato 13 chilometri a est del Yosemite National Park, nella Sierra Nevada Orientale, California. Le poche foto viste prima della partenza davano l’impressione di un luogo quasi surreale e l’idea era di ritagliarsi un angolo per tacere e mettere al centro noi stessi.

Siamo partiti da San Francisco, e mentre la città scivolava via veloce, ci siamo trovati ad attraversare il Parco di Yosemite percorrendo la strada che conduce fino al Tioga Pass (ben 3031 metri sul livello del mare). Ciò che più stupisce di questi luoghi è che se non si leggessero i cartelli che indicano le altitudini, e si osservasse soltanto la vegetazione circostante, si avrebbe la sensazione di trovarsi in pianura! Ricordo il momento, emozionante, in cui davanti a noi è apparso il Mono Lake, molto più grande rispetto alle nostre attese, e ricordo chiaramente la profonda sensazione di quiete mai provata prima.

La vista più bella del lago si gode dal lato sud, “South Tufa Grove”, dove si trova il parcheggio e poco distante un contenitore in metallo destinato alla raccolta del prezzo d’ingresso al parco. Non facendo parte dei parchi nazionali, infatti, non è possibile utilizzare il National Park Pass. Poiché nessun ranger sorveglia l’entrata, mi sono chiesta, molto cinicamente, quanti italiani avrebbero realmente infilato i pochi dollari richiesti nella cassettina. La risposta la lascio a voi!

Bastano pochi minuti di cammino lungo un sentiero, orlato dalla tipica vegetazione desertica, per raggiungere lo specchio d’acqua dal quale emergono imponenti formazioni rocciose di tufo che proseguono sul terreno circostante. Quelle che a prima vista appaiono come stalagmiti di roccia sono in realtà depositi calcarei che si formano sotto la superficie, in prossimità di sorgenti d’acqua dolce.

Complice la luce particolare di quel giorno, le rocce emerse si tingevano di gradazioni diverse di grigio, fino alla percezione di un azzurro tenue. Le sensazioni si susseguivano sfiorando delicatamente i cinque sensi. I piedi affondavano nella rena, granelli spessi di un grigio intenso quasi nero che inducono alla tentazione, poi soddisfatta, di farne scorrere un po’ fra le dita. Sulle labbra percepivo la salinità del luogo, nelle narici l’odore propagato nell’aria, il profumo particolare del tufo, mentre qua e là eravamo avvolti da nubi evanescenti di piccoli esseri somiglianti a moscerini, che abbiamo scoperto essere mosche. Ci ha sorpresi la vista di quest’angolo nascosto in cui la natura ha preso il sopravvento, un angolo ancora poco noto e visitato, inalterato nel suo aspetto originario.

Gli occhi sono pienamente appagati dalla vista di questo luogo che è, a dir poco, incantevole. Lo sguardo scorre molto lentamente in mezzo al lago fino a incontrare due grandi isole, entrambe vulcaniche, la cui vista è quasi irreale: Negit, un isolotto nero formato da ceneri vulcaniche, luogo prediletto dai gabbiani che vi nidificano; e Pahoa, l’isola bianca, formatasi grazie a un’attività vulcanica sotterranea che ha spinto i sedimenti dal fondo del lago in superficie. La loro perfezione nella dimensione e nei colori le fa sembrare dettagli di un dipinto di cui anche noi abbiamo fatto parte in quell’istante.

Mono Lake è semplicemente bellissimo, un aggettivo banale, scontato, per un luogo che non lo è neanche lontanamente. Passeggiare furtivi, in silenzio, la quiete surreale se non fosse per il canto dimesso di qualche uccello, la brezza leggera e profumata, il fruscìo provocato da una lucertola, le nubi silenziose e fitte delle “mosche del lago”, le piccole scoperte non appena si alza lo sguardo… tutte sensazioni esclusive che rendono più tollerabile dover proseguire il viaggio sui percorsi canonici.

Ci siamo fermati, in silenzio, riflettendo se fosse possibile percepire qualcosa di simile nel corso della nostra vita quotidiana. Ci sentivamo sereni, leggeri, mentalmente liberi come si sente un corpo dopo un allenamento tonificante. Sapevamo che un giorno saremmo tornati lì a passeggiare in silenzio, in quella luce speciale. Nell’incanto di Mono Lake.

Nei dintorni del Mono Lake

A meno di un’ora di guida dal lago c’è un altro sito molto interessante da visitare. Si tratta di Bodie, una città mineraria fondata nel 1861 attorno ad una miniera d’oro. In seguito alla scoperta di giacimenti in altri stati, in luoghi più accessibili, la cittadina si spopolà e nel 1915 era ormai disabitata. Percorrendo diversi chilometri su una strada sterrata, polverosa e irregolare, si arriva in questo luogo adagiato sulle colline, dove il tempo sembra essersi fermato.

La città fu designata National Historic Landmark nel 1961, e nel 1962 divenne il Bodie State Storic Park. Mantenuta in uno stato di “decadenza controllata”, passeggiando tra le molte costruzioni di legno perfettamente conservate, si può visitare la chiesa metodista del villaggio, il saloon con gli arredi tipici, l’emporio e le abitazioni private, mentre disseminati fra i campi si scorgono carrelli che servivano per il trasporto dell’oro all’interno della miniera.

L’atmosfera di questo luogo è unica, e la gestione di quest’antico villaggio abbandonato è un esempio di come sia semplice realizzare qualcosa di bello e utile per conservare un patrimonio culturale e storico.

Dove si trova Mono Lake?


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