I diritti di Madre Terra: un anno fa in Bolivia la legge che protegge la natura

Viaggiare è un esperienza complessa e profonda, che non potrebbe mai essere vissuta pienamente senza il necessario rispetto per l’ambiente del Paese che ci ospita. Che si tratti dei geyser in Islanda, delle Gole del Raganello in Calabria o del deserto di sale di Uyuni in Cile, per chi viaggia la natura costituisce immancabilmente un interlocutore fondamentale con cui confrontarsi, una fonte da cui trarre tesori incommensurabili e una risorsa verso cui mostrare gratitudine e rispetto.

Non c’è niente di più deprimente che notare il degrado di un contesto naturale dovuto alla dispotica presenza di visitatori o residenti indisciplinati, pronti a trasformare un prato o una spiaggia in una discarica improvvisata per il proprio picnic. Tra le molte sconfortanti notizie che quotidianamente affollano i nostri media, una menzione particolarmente disonorevole è sempre dovuta alle manifestazioni di disprezzo espresse nei confronti della natura dai governi di tutto il mondo e dai grossi gruppi industriali.

 

Raganello, Gole Alte - Calabria (Italy)

Per arginare l’incontenibile irruenza della civiltà umana – ma soprattutto per lanciare un segnale incontrovertibile sull’importanza delle politiche ambientali – quasi un anno fa, il 15 ottobre 2012, il Parlamento della Bolivia, guidato dal presidente Evo Morales, ha approvato la Legge sui Diritti di Madre Terra (Ley de Derechos de la Madre Tierra). Si tratta di una serie di norme raccolte in dieci articoli che determinano una sorta di protezione legale per la natura, proprio come se si trattasse di una qualunque altra entità giuridica.

Ovviamente, gli apparati statali di tutto il mondo già prevedono leggi atte a limitare i danni che l’intervento umano è autorizzato a provocare sull’ambiente. Eppure la normativa boliviana estende la concezione del rispetto per la natura, inquadrando la Madre Terra come un individuo a cui riconoscere dei diritti inalienabili, che non soltanto limitano l’agire umano, ma lo spingono ad attivarsi per vivere in armonia ed equilibrio con l’ambiente circostante. Tra gli articoli di questa legge compaiono dei principi che devono essere realizzati obbligatoriamente, tra cui l’armonia con i cicli naturali, la garanzia della rigenerabilità e l’interculturalità, intesa come il rispetto e il dialogo tra le diverse comunità che condividono i beni naturali. Tra i diritti riconosciuti alla Madre Terra, ci sono quello alla vita nella sua diversità e libera da contaminazioni. Tra gli obblighi imposti allo stato compaiono invece la prevenzione, la protezione e l’eliminazione di tutte le armi nucleari, chimiche e biologiche.

Evo Morales - Presidente della Bolivia

Non dovrebbe sorprendere che un simile intervento sia giunto da una popolazione andina, nella cui cultura l’essere umano ha sulla Terra un ruolo del tutto simile e non superiore a qualunque altro essere vivente o inanimato. Inoltre Evo Morales è il primo presidente boliviano appartenente al gruppo etnico indigeno, assunto al potere in un’ottica di riparazione nei confronti dei gruppi indigeni, il cui status sociale è ancora oggi estremamente delicato e le cui tradizioni sono particolarmente legate alla natura da cui hanno sempre tratto sostentamento.

D’altra parte non si può fare a meno di notare che, per quanto mirabile, la legge in questione presenta delle norme piuttosto generiche, la cui implementazione si presta ad essere monitorata con fatica. Non sono mancati inoltre i detrattori, che vedono nella legge l’ennesimo inutile atto di un’ideologia inconcludente: tra questi le compagnie minerarie che operano nel Paese – e contro cui Morales si è già battuto più volte – che vedono nella legge una minaccia alla seconda industria boliviana (con 500 milioni di dollari l’anno); i governi di Stati Uniti e Regno Unito, che avevano già ridicolizzato le richieste espresse dalla Bolivia al tavolo delle Nazioni Unite per ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica; alcuni osservatori esterni, che hanno ironizzato sulle velleità ambientaliste della legge, confrontandole con alcune situazioni di evidente degrado ambientale, come ad esempio a Cochabamba, dove la penosa gestione dei rifiuti urbani ha sollevato aspre controversie legate all’inquinamento dell’aria e delle falde acquifere.

In conclusione, dopo un anno dall’approvazione della legge, la Bolivia continua ad essere uno dei paesi più poveri dell’America Latina e ad avere una delle economie più deboli, due elementi che non facilitano certo l’implementazioni di politiche ambientali efficaci. E non basterà certo una legge che ne riconosca i diritti giuridici per salvare la Madre Terra, ma serve un piano strutturato che coinvolga tutti gli attori politici e sociali. Eppure, a leggere il documento, fa piacere riscontrare l’impegno di un governo per la tutela della più preziosa delle risorse, vitale non tanto per noi che ne stiamo erodendo la salute, ma soprattutto per chi dopo di noi dovrà fare i conti con i nostri errori. Perché, per dirla con le parole di un capo indiano, “questa terra non l’abbiamo ereditata dai nostri figli, l’abbiamo presa in prestito dai nostri padri”.

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