Ciclone in Sardegna: le colpe dell’uomo

La perla del Mediterraneo. Un tesoro inestimabile per il patrimonio culturale e naturale italiano. Dopo il terribile tifone che ha provocato migliaia di vittime nelle Filippine, in questi giorni una tragedia simile si sta consumando in Sardegna, il cui popolo troppe volte è stato costretto alle vessazioni di interessi individualisti e verso cui le nostre istituzioni si mostrano spesso sorde quando vengono denunciati soprusi ed effetti di cattive amministrazioni.

Sembra che le calamità naturali non si possano evitare. Ma è proprio vero? A cominciare dall’origine del ciclone Cleopatra fino alle conseguenze del suo scatenarsi, si sono accesi dei dibattiti che meriterebbero almeno l’attenzione di chi ha in mano le chiavi del nostro futuro.

Ciclone in Sardegna - Italy

Alfonso Sutera, del dipartimento di fisica dell’Università La Sapienza di Roma, ha parlato di un vortice d’aria fredda che si è separato da una perturbazione proveniente dalla regioni artiche ed è rimasto isolato. Un fenomeno insolito che in dodici ore ha provocato la caduta di 470 millimetri di pioggia, circa la metà della media annuale nazionale. Sergio Borghi,  direttore dell’Osservatorio Meteorologico di Milano Duomo, ha detto cha la vera anomalia sono state le temperature particolarmente alte registrate negli ultimi due mesi: “Il fatto è che queste condizioni climatiche favoriscono la creazione di eventi molto intensi del tutto simili ai cicloni tropicali anche se su scala molto più ridotta in termini di dimensioni. L’energia del mare diventa umidità che alimenta questi sistemi nuvolosi che sono capaci di fenomeni davvero devastanti.”

Difficile che il pensiero da qui non vada al riscaldamento globale, e infatti Michael Mann, uno dei climatologi americani più famosi al mondo, non ha dubbi: “I dadi del clima sono truccati. Il doppio sei sta venendo fuori molto più spesso di quanto non dovrebbe secondo la statistica. (…) Con il decennio dal 2000 al 2010 che è stato il più caldo misurato nella storia, è diventato impossibile dire con certezza che una qualsiasi tempesta è libera dell’influenza del riscaldamento del globo. (..) Il disastro recente in Sardegna ci da un’idea di quello che ci possiamo aspettare per il futuro se non riduciamo le emissioni di gas serra e rallentiamo il riscaldamento del globo.”

A questo scenario già molto cupo si aggiungono le denunce di geoingegneria, avversate in quasi tutte le sedi scientifiche istituzionali, ma sostenute da una nutrita schiera di studiosi in tutto il mondo. Dopo il tifone delle Filippine era stato il ricercatore meteo Michael Janitch a far esplodere la polemica pubblicando un video che mostra gli impulsi a microonde che avrebbero preceduto la formazione del tifone Yolanda-Haiyan prima che colpisse le Filippine. In Italia uno dei massimi rappresentanti di queste teorie è Rosario Marcianò, cha dal suo blog denuncia tutti i fenomeni metereologici che a suo avviso sono il risultato di manipolazioni volontarie.

Haiyan

Ben più facile è individuare i tragici che errori che non consentono il contenimento del numero di vittime una volta che la calamità del caso si abbatte sul territorio. Su Il Sole 24 ore del 20 novembre si legge che Olbia, capoluogo di provincia della Sardegna, ha visto sorgere dal nulla ventitré quartieri in dieci anni e l’attuazione di diciassette piani di risanamento, il tutto in barba alle leggi sull’urbanistica e ai piani regolatori dell’isola. Oggi è tra i centri più colpiti dal ciclone, con strade allagate, ponti distrutti, case inagibili. Solo il centro storico, la cui edificazione risale a prima della corsa al cemento, ha subito danni relativamente contenuti.

Chilometri di spiagge un tempo popolate solo da barche di pescatori vengono consegnate all’ingordigia di celebrità da quattro soldi desiderose di avere una villa da VIP. Intanto la Regione, a cui la Protezione Civile chiede di istituire un centro funzionale in grado di valutare gli effetti di cataclismi naturali come quello di questi giorni, resta a guardare senza fare nulla. Il geologo Fausto Pani, autore del Piano d’assetto idrogeologico dell’isola ha ricordato che 306 comuni sardi (oltre l’80 per cento del totale) giace su un territorio ad alto rischio idrogeologico, ma anziché allargare gli argini dei corsi d’acqua per consentire all’acqua di fluire senza allagare l’area, come avviene in Olanda, si continua a costruire sopra zone paludose.

Terralba (OR), Sardegna - Italy

La cosa peggiore è che la tragedia è destinata a ripetersi se non vengono presi i dovuti provvedimenti. Da anni le istituzioni si rifiutano di elargire i finanziamenti necessari alla messa in sicurezza del territorio, preferendo invece puntare su un’ulteriore cementificazione delle aree rurali. Di recente WWF, FAI e Legambiente si sono scagliate contro la revisione del piano paesaggistico della giunta regionale che consentirebbe ampliamenti all’urbanizzazione anche sulla zona costiera. Il genere di concessioni, insomma, motivate dagli interessi economici degli speculatori e che, oltre a deturpare il paesaggio delle coste sarde, pone seri rischi in caso di calamità naturali.

E mentre ancora si contano i danni e si piangono le vittime – diciassette fino ad ora – di questo nuovo disastro, a Cagliari è cominciato il processo per le quattro vittime morte a Capoterra durante l’alluvione del 2008. Gli otto imputati sono accusati di omicidio colposo, inondazione colposa e rifiuto d’atti d’ufficio. Evidentemente in questi ultimi cinque anni, nonostante quelle quattro vite, nulla è cambiato nella gestione del territorio della Sardegna.

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