Tarifa, una porta aperta tra Spagna e Marocco

Con ancora il roboare dei locali e delle folle nelle orecchie, alle sei di sera mi infilo su un autobus del servizio pubblico catalano e lascio che sulla mia Barcellona cali la sera. Il giorno dopo il sole sorgerà su Tarifa, ma non prima delle diciassette ore che mi ci vogliono fino a Malaga, dove un altro autobus e altre due ore di viaggio mi attendono.

Aggrappata all’estremità più meridionale della Spagna, Tarifa è la porta d’accesso verso il Marocco. Lo sarebbe anche Algeciras, ma mentre quest’ultima è rimasta un porto grigio e anonimo verso cui ci si spinge con l’unico scopo di abbordare il traghetto, Tarifa ha arricchito i suoi paesaggi con suggestioni sahariane, il suo piccolo centro storico è un nido carismatici tapas bar e le sue spiagge sono il territorio di agguerriti surfisti che inseguono le correnti d’aria con il kite.

Nel nome di questa piccola città c’è una storia animata da scontri e battaglie, ma anche da incontri e sincretismi che l’hanno fatta diventare l’abbraccio tra mondo arabo e occidentale che è oggi. Tarif ibn Malik era infatti il guerriero berbero che nel 710 ha guidato l’esercito arabo alla conquista della città, mentre anche il resto della Spagna meridionale un po’ alla volta cedeva alla prorompente carica proveniente dall’Africa musulmana.

Divenuta parte del Regno di Granada, Tarifa è stata successivamente conquistata dai castiglionesi, per poi resistere alle seguenti cariche musulmane e ritornare definitivamente ad essere parte della storia occidentale e spagnola. Ma ormai il germe della commistione culturale era stato piantato e sulle sue dune di sabbia, sulle candide pareti delle sue tipiche abitazioni e sulle fortificazioni che circondano il porto riluce ancora il fascino della cultura araba, mentre nei profumi e nei sapori dei piatti andalusi si celebra un incontro tra tradizioni che esalta il sapore di verdure, pesci e carni.

Ancora oggi Tarifa continua ad essere un luogo di incontro e di scambi. Giovani viaggiatori arrivano sin qui dalle più mondane città del nord, in attesa di un traghetto per il Marocco o felici di inondare le piccole vie del centro con la loro etilica spensieratezza. Dalla marocchina Tanger giungono ragazzi brillanti che hanno studiato economia e lingue straniere a Rabat o Casablanca, e cercano nelle spire dell’altalenante turismo iberico una via per emergere. Schiere e schiere di italiani sono già qui da tempo, passano quasi inosservati con il loro perfetto spagnolo e la calda sinergia con cui dialogano con i loro amici andalusiani, salvo poi farsi scappare un italico slancio quando balbetto il mio scarso spagnolo nel tentativo di ordinare da mangiare al tavolo del loro ristorante.

Domani mi attende la costa del Nord Africa, ma per questa sera sarò ben felice di continuare ad ammirarla in silenzio dalla mia terrazza, mentre si erge contro le onde tanto vicina ai miei occhi da farmi pensare di poterla raggiungere a nuoto.

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