Casablanca: istruzioni per sopravvivere nella città più caotica del Marocco

Si dice che il Marocco abbia quattro capitali: Rabat è la capitale amministrativa, Marrakech la capitale culturale, Fes la capitale spirituale e Casablanca la capitale finanziaria. Delle quattro, l’ultima è la meno gettonata dal turismo internazionale, soffocata dalla fama di città caotica, inquinata e pericolosa. Eppure non si può dire di conoscere il Marocco se non si è vista anche questa faccia del suo multiforme percorso verso la modernità.

Con quattro milioni di abitanti, Casablanca è la città più popolosa del Marocco. Inevitabile quindi l’avversarsi delle tipiche condizioni che pregiudicano la vivibilità di un grande centro: criminalità e inquinamento. Tra gli aspetti positivi ci sono un vivace fermento culturale – dovuto anche all’abbondante presenza di professionisti e studenti stranieri – una vivace vita notturna, mezzi pubblici frequenti e affidabili, e la non trascurabile sensazione di essere trattati al pari degli altri: i visitatori qui non sono portafogli con le gambe per i quali taxi e beni di consumo costano necessariamente cinque volte il prezzo normale.

Ad ogni modo, che si tratti di un breve transito o di un soggiorno prolungato, affrontare il primo impatto con la città non è sempre agevole. Ecco perciò qualche semplice istruzione per vivere Ad-Dar Albayda – così il nome arabo della città, che si traduce con “casa bianca” – con maggiore serenità.

Trasporti

Andarsene a passeggio per Casablanca non è la più estatica delle esperienze: il traffico è cruento e il codice della strada è tenuto in considerazione al pari di un libro di biologia in cucina. Gli autobus costituiscono un sistema di locomozione pratico e conveniente (il biglietto costa quattro dirham, cioè 40 centesimi di euro), ma padroneggiare la mappa delle linee richiede un po’ di esperienza. Molto più semplice e confortevole è invece il tram urbano: un unica linea che taglia tutta la città e si biforca in due rami nell’area sud, uno diretto verso la spiaggia e l’altro verso i sobborghi meridionali. I taxi, infine, sono di due tipi: i petit taxi, rossi, funzionano come i nostri, salvo caricare ulteriori passeggeri lungo il cammino; i grand taxi, vecchie Mercedes bianche, seguono invece un percorso prefissato e si fermano su richiesta.

Attrazioni

Il simbolo della città è indubbiamente la magnifica Moschea di Hassan II, la più grande di tutta l’Africa, la settima in tutto il mondo. Il minareto ha sessanta piani e dalla cima parte una luce al laser diretta verso la mecca. La moschea è aperta al pubblico, ma l’ingresso è regolato secondo orari precisi (ogni due ore a partire dalle dieci del mattino).

Poco distante dalla moschea, verso l’entroterra, si trova l’antica medina, dominata dal suk, il mercato tradizionale in cui reperire ogni genere di merce a prezzi contenuti – un’ottima alternativa ai negozi di marca che invece dominano i quartieri moderni della città – mentre dietro il magnifico edificio di culto si estende la Corniche, ovvero il lungomare. L’ampio boulevard accarezza le onde per chilometri, fino ad arrivare all’ampia spiaggia di Ain Diab, dove d’estate si affollano bagnanti e surfisti. La sera il viale è il centro della vita mondana, con discoteche, ristoranti di lusso, cabaret e night club.

Oltre la Corniche uno stretto passaggio che emerge solo con la bassa marea collega la terraferma all’isola di Marabout de Sidi Abderrahmane, famosa per essere abitata da maghe e cartomanti. Per 50 dirham – circa cinque euro – ci si può far predire il futuro con le carte, per poi finire con l’inevitabile proposta di acquistare un talismano per svariate centinaia di euro. Sono disponibili anche pozioni contro le sventure, filtri d’amore, incantesimi contro i vicini invadenti e cantilene di varia utilità.

Tra i contributi offerti dalla modernità vale la pena segnalare la coppia di grattacieli infelicemente nota come Twin Center. In uno di essi è ospitato il Kenzi Tower Hotel fatto costruire da Gaddafi e al ventottesimo piano si trova il bar Sky28, dove in un’atmosfera molto elegante vengono preparati pessimi cocktail a prezzi esorbitanti, ingurgitati dai clienti solo per poter godere della magnifica vista sulla città.

Bere e mangiare

Qui c’è l’imbarazzo della scelta: si va dai panini con il pesce fritto a cinque dirham per strada, si passa ai tradizionali tajin di carne nei ristoranti marocchini, fino ai più sofisticati ristoranti etnici dove spendere fino all’ultimo soldo per imitazioni per lo più passabili di piatti italiani, francesi, spagnoli, giapponesi e cinesi. Nella maggior parte dei café si possono consumare panini, omelette, insalate e patatine fritte, ma in caso di dubbio l’opzione infallibile per eccellenza è lo shwarma, ovvero ciò che noi in Italia chiameremmo kebab. Il venerdì è dedicato al cous cous e molti locali lo preparano appositamente in questo giorno della settimana.

Anche gli alcolisti non dovranno rinunciare alla loro bevuta. I bar popolari sono simili a bische oscure dove vengono consumate birre locali e liquori scadenti in rigorosa devozione, mentre la maggior parte dei bar con stile hanno un’inclinazione internazionale e costi europei. Esiste però qualche apprezzabile eccezione, come La Cigale, locale autenticamente marocchino nel cui seminterrato si beve a prezzi moderati rallegrati da musica dal vivo e in compagnia di una clientela variegata e giovanile. Il filo conduttore è “discrezione”: si può indulgere nel peccato ma senza esibirlo, perciò niente finestre e ingressi seminascosti.

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