Oltre il confine: la Svizzera delle tradizioni e dei sapori

“L’erba del vicino è sempre più verde”, dice il proverbio.

La nostra visita in Svizzera inizia così, raccogliendo erbe e radici della tradizione ticinese a San Pietro di Stabio. Superiamo il confine in modo discreto, senza percepire un reale cambiamento tra l’Italia e il Ticino. I volti, la segnaletica, la lingua, tutto pare invariato; anche erbe e fiori di campo come primule, occhi della Madonna, aglio orsino e tarassaco sono elementi familiari per un italiano.

Eppure, gustando la frittata di primule o il risotto alle erbe accarezzato dallo Zincarlin fuso, la nostra percezione del luogo cambia. Non si tratta di un cortocircuito indotto da sapori esotici ma, più concretamente, di un’epifania riflessiva.

Quale valore hanno usanze e tradizioni al giorno d’oggi?

Un valore enorme sembrano rispondere in comune accordo gli svizzeri. Ventisei cantoni, quattro lingue ufficiali (italiano, francese, tedesco, romancio) e decine di dialetti. E nonostante questa complessa multiformità, la strada verso il futuro sembra essere per tutti una sola: salvaguardia della tradizione e innovazione.

Due concetti antitetici? Assolutamente no. La Svizzera mostra che la propria identità nasce in un passato fatto di usanze e costumi, cresce in un presente di virtuose iniziative culturali – come il Festival del Cinema di Locarno e matura grazie alla ricerca energetica e biotecnologica.

Il nostro viaggio diviene una riscoperta di antichi rituali. Curiosare fra i mulini della Valle di Orsernone ci permette  di rivivere le fasi della lavorazione della farina bona, una farina prodotta con granturco dolce e tostato, superba per la preparazione di burro, yogurt e gelato.

Nel Vallese poi, la regione vitivinicola per eccellenza, rimaniamo stupiti di fronte alla capacità dell’uomo di coltivare la terra a più di 1150 metri di altitudine, grazie a terrazzamenti sostenuti da lunghi muri a secco. Qui, a pochi passi da villaggio di Visperteminen, crescono i vitigni più alti d’Europa tra cui l”Heida” – conosciuta come “la perla dei vini alpini” – il Chasselas, il Gamay e il Pinot Noir.

I mestieri tradizionali legati alla produzione di vino, di formaggio e salumi garantiscono occupazione e benessere e conciliano il sapere delle generazione passate con le ambizioni di quelle nuove. Le cantine si sono trasformate in luoghi di degustazione eleganti e dal design moderno e raffinato. Ristoranti ed enoteche danno nuova vita ad edifici dal fascino antico e pongono al centro del loro successo prodotti della tradizione come il raclette con formaggi e i vini locali.

Anche nella Val d’Hèrens molte fattorie si stanno adoperando per riallacciare i legami delle nuove generazioni con agricoltura e artigianato. La fattoria pedagogica d’Hérémence istruisce scolaresche e visitatori nella produzione dei formaggi tipici come il Serac, formaggio fresco simile alla ricotta, o il Tomme (Tomino), formaggio di latte crudo.

La Svizzera ha scelto di scommettere sulle proprie tipicità, ha scelto di preservare e proteggere le proprie rarità alimentari ed animali, ponendole al centro dei progetti futuri. La patata blu, la farina bona, animali come la gallina ticinese o i bovini combattenti della Val d’Hérens sono divenuti un patrimonio capace di portare ricchezza e turismo, un patrimonio che aiuterà il ripopolamento degli ambienti montani. La rivalutazione delle tradizioni diventa rivalutazione dei luoghi. Ripopolamento dei piccoli centri abitati significa dare respiro alle grandi città che crescono a dismisura.

Saliamo in treno, questa volta direzione Italia. Guardando fuori dal finestrino l’erba del vicino svizzero si allontana rapidamente.

“…è sempre più verde”, dice il proverbio. O forse basterebbe guardare con più attenzione a questo nostro vicino previdente e operoso.

Per scoprirne di più sui sapori svizzeri non perdetevi il Giro del Gusto 2014, l’esperienza itinerante che avrà luogo a Milano, Roma e Torino in vista dell’Expo 2015 nel capoluogo lombardo.

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