Dubai: il tetto del mondo si chiama Burj Khalifa

Dubai è senza dubbio il simbolo di una ricchezza esasperata, di un lusso sfrenato ed eccessivo, di tutti quei paesi del Medio Oriente la cui grande ricchezza sono sempre stati il petrolio e le risorse minerarie, e che hanno deciso di aprire le porte al turismo con un comune denominatore: stupire.

Una volta atterrati la prima cosa che balza agli occhi è la maestosità dell’aereoporto, il più bello che abbia mai visto. Le guide turistiche parlavano di un’efficentissima metropolitana che in poco tempo lo collega con il centro della città, ma nonostante avessi seguito le indicazioni segnaletiche mi sono ritrovata a girare nello stesso punto per circa mezz’ora e solo grazie a qualche anima buona ho trovato un autobus diretto in centro.

Una volta scesa tutto mi è apparso esattamente come lo avevo immaginato: grandi strade a quattro corsie sulle quali corrono auto eleganti e autoarticolati, ed enormi palazzi specchiati che svettano su nel cielo. Ignorando per il momento le attrazioni più note sono partita alla ricerca della parte più antica di Dubai, quel lato nascosto dove ancora il tempo è scandito dal muezzin che richiama i fedeli alla preghiera.

Arrivare a Bastakia – la città vecchia – non è stata unìimpresa facile. Dovevo attraversare il fiume Creek che divide in due la città, ma ho camminato a lungo senza trovare alcuna indicazione per l’imbarco sui battelli. Dopo aver chiesto a molti viandanti ignari, sono riuscita a salire su di un’abra, la tipica imbarcazione di legno caratteristica di Dubai. Ero l’unica turista, la traversata è durata pochi minuti ed è stato davvero emozionante scorgere il minareto della città vecchia da questa prospettiva privileggiata che dà le spalle ai grandi mostri di cemento.

L’antico souk di Dubai è un incantevole crogiolo di colori e odori. Immancabile una bella bevuta di latte di cocco per refrigerarsi dal caldo torrido delle ore centrali. La gente del posto è gentile e saluta con grandi sorrisi e un’aria stupita nel vedere turisti da queste parti. La gente che viene a Dubai si concentra solitamente nelle zone costiere, dove sorgono i grandi alberghi come il famoso Burj al Arab, piu’ comunemente chiamato “la Vela”.

Il mare sul quale si affaccia Dubai ha dei color strepitosi ed è molto piacevole camminare sulla sabbia bianchissima, ma il tempo passa velocemente ed era giunto il momento di salire sul più alto grattacielo al mondo (pare ancora per poco, visto che nel 2018 in Arabia Saudita verrà inaugurato un grattacielo di ben un chilometro), il Burj Khalifa. La mia salita era prevista per le sei di sera, orario scelto da me nel corso della prenotazione online che consente di saltare la fila e di risparmaiare sul costo del biglietto.

La mia mappa segnalava la stazione della metro a poca distanza dalla Vela, invece ho impiegato circa mezz’ora a piedi per raggiungere la metro ed è stata una vera impresa riuscire a trovarla visto che nessuno dei viandanti fermati ne conoscesse l’esistenza: era come se gli stessi abitanti ignorassero tutto ciò che accadeve intorno a loro, come se volessero rimanere attaccati ad un passato che ormai si sta sgretolando sotto i loro occhi.

Dire che la vista dal piano numero 124 è spettacolare è dir poco: una distesa di deserto sulla quale sono visibili pozzi petroliferi a perdita d’ochhio, uno spettacolo suggestico ma capace anche di rivelare il desiderio di dominio dell’essere umano, un desiderio che spesso prevarica anche i limiti imposti dalla natura…

1 commento su “Dubai: il tetto del mondo si chiama Burj Khalifa”

  1. Brava sei la migliore, grazie a questo viaggio straordinario mi hai fatto sognare anche se non ci sono mai stata. Mi piacerebbe un giorno andarci.

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