Ricordi di un Ramadan a Fes, la capitale spirituale del Marocco

Trascorrendo il mese del Ramadan in Marocco mi sono reso conto che questo impegnativo rituale musulmano riguarda la condivisione almeno tanto quanto la privazione.

Originariamente una tradizione pagana delle società arabe pre-islamiche, il Ramadan è divenuto uno dei Cinque Pilastri dell’Islam in seguito alle conquiste territoriali di Maometto. Ad esclusione di bambini e infermi, tutti i musulmani del mondo sono chiamati al totale digiuno nelle ore di luce per un periodo di 29 o 30 giorni calcolato in base alle fasi lunari e che viene tradizionalmente fatto corrispondere al periodo dell’anno in cui il Profeta avrebbe ricevuto le sue rivelazioni divine.

Quest’anno il Ramadan ha coperto quasi tutto il mese di luglio. Desideroso di assistere alla sua reiterazione in ogni possibile sfumatura, dal mio covo a Casablanca, il centro finanziario del paese, città ricca di vita ma il cui antico fascino è stato eroso dalla modernità e dal frastuono dell’urbanizzazione, mi sono spostato in treno a Fes, la capitale spirituale del Marocco.

Al calar del sole il canto dei muezzin annunciava la fine del digiuno e i palati si spalancavano per il ftur, termine del dialetto marocchino (in arabo è iftar) che indica “colazione” o “interruzione del digiuno”, proprio come nell’inglese “breakfast”. Da ore chiunque fosse in strada aveva con sé un sacchetto di plastica con dentro qualche genere alimentare– datteri, yogurt, pane, uova, banane… – e se al momento del pasto veniva individuato qualche ingenuo sprovveduto in mancanza di cibo – io, di solito – subito i passanti accorrevano per offrirgli qualcosa da bere e da mangiare.

La prima sera a Fes aspettavo il momento decisivo nella piazza che si apre proprio dietro a Bab Jdid (“Porta Nuova”), all’ingresso della medina. I visitatori stranieri non sono obbligati a rispettare il digiuno, ma io avevo deciso di sottopormi a questa affascinante pratica per corroborare tempra e forza di volontà, oltre che per sentirmi più vicino ai miei amici marocchini. Non si può comprendere la soddisfazione di riappropriarsi del proprio appetito né condividerne la gioia se non ci si è sottoposti anche alla frustrante privazione che precede.

Sebbene la maggior parte degli abitanti della città fosse già corsa a casa per condividere il banchetto con amici e familiari, in piazza si raccoglievano ancora pochi turisti, alcuni negozianti e qualche giovane sfaccendato. All’ora stabilita il religioso silenzio che aveva acuito i morsi della fame da almeno un’ora è stato infranto prima dall’urlo di una sirena, e poi dal rombo di un colpo di cannone.

Seguiva alcuni istanti più tardi la voce del muezzin, ma a quel punto stavo già consumando la fine della mia privazione più sofferta: le sigarette. Pensavo che avrei potuto sfamarmi con calma non appena avessero riaperto i ristoranti – solitamente un’ora o due dopo il ftur – ma dopo neanche due minuti un ragazzo passandomi davanti si è fermato insistendo affinché bevessi almeno un po’ del suo succo di pesca. Poi un commerciante mi ha fatto sedere nel suo negozio, ha fatto portare del té e alcuni fagottini di carne e verdure, e mi ha passato una lunga e sottile pipa caricata con del kif, la quale mi ho indotto a tossire fino a eliminare qualunque traccia di bronchi e polmoni nel mio organismo.

Fes, Marocco

Il kif è un derivato della canapa molto diffuso in Marocco per via del suo prezzo irrisorio. Sebbene la consumazione sia illegale, durante le sere del Ramadan i suoi fumi si aggiungono a quelli dell’hashish soprattutto nei vicoli degli antichi centri e nei bar delle medina, sprigionando un’armonia di aromi acuta e dolciastra. Casablanca è molto più restrittiva riguardo al consumo di canapa e derivati, ma Fes vive ancora in un’atmosfera sospesa nel tempo in cui antiche abitudini trovano vigore anche di fronte alle leggi più severe.

Sebbene la sera l’atmosfera fosse sempre molto rilassata e cordiale, durante il giorno l’assillo dei commercianti non conosceva tregua e temo fosse esasperato dalle prolungate privazioni. Un peccato, visto che teatrali insistenze e plateali tentativi di raggiro impedivano spesso di apprezzare l’architettura merinda delle moschee e delle medersa (le scuole coraniche), la raffinata arte di ceramisti e vasai e la cordiale accoglienza del popolo marocchino.

Per risparmiarmi un’altra giornata di inseguimenti mi sono arruolato per una piccola escursione nelle località circostanti. Con due taxi approntati dall’ostello in cui avevo preso alloggio e altri sette giovani esploratori di eclettica provenienza, mi sono lasciato guidare per i pendii della catena dell’Atlas fino alle delicate cascate di Shilal e alla Foresta di Cèdre Gouraud in cui abita una colonia di buffe bertucce.

L’incontaminato paesaggio naturale e i pacati ritmi delle piccole cittadine erano senza dubbio un balsamo per me che mi ero ormai abituato alla caotica vita di Casablanca, ma il sole e l’incessante camminare rendeva quasi insopportabile la sete a cui il digiuno impediva di dare rimedio. Alle quattro del pomeriggio stavo già cominciando a parlare in dialetto bresciano con la nostra eterogenea comitiva e alle sei contrattavo una stecca di Camel con una bertuccia dallo spiccato senso per gli affari.

La sera, finalmente, il rientro in città e la grande riappacificazione con i sensi. Non sapevo orientarmi nel diabolico dedalo di stradine che per pochi metri oltre l’uscio dell’ostello, ma era sufficiente per approntare anch’io la mia borsa di viveri, alcuni dei quali da condividere con i miei nuovi amici in piazza.

Poi l’urlo di sirena e il colpo di cannone. La voce del muezzin. E il dolce tè del deserto.

Informazioni utili

Fez, oltre ad essere servita dall’aeroporto Fes–Saïss, è facilmente raggiungibile sia in treno che in pullman da tutti i principali centri del Marocco. Da Casablanca c’è un treno ogni ora e il tempo di percorrenza è di circa 4 ore.

In città sono presenti vari ostelli il cui costo in dormitorio varia da 6 a 10 € a notte. Io ho alloggiato presso il Funky Fes, adagiato in una splendida riad ristrutturata e collocato a due passi da Bab Jdid all’ingresso della medina. Ho trovato un servizio molto cortese e un’atmosfera confortevole e suggestiva.

I vicoli della medina rappresentano un dedalo micidiale. Ragazzi del luogo sono sempre pronti ad accompagnare i turisti, ma si aspettano una piccola ricompensa. Se non volete essere accompagnati mostratevi decisi sin dall’inizio, ma capita a volte che l’aspirante guida per ritorsione fornisca un’indicazione volutamente errata.

Il mese del Ramdan cambia collocazione sul calendario ogni anno. In Marocco i turisti sono esentati dagli obblighi della celebrazione e generalmente il soggiorno degli stranieri non risente di particolari modificazioni, ma in località meno frequentate molti ristoranti e locali serali chiudono o riducono il servizio offerto. In ogni caso è buona norma non consumare cibi, bevande e sigarette in pubblico fino all’ora del ftur.

1 commento su “Ricordi di un Ramadan a Fes, la capitale spirituale del Marocco”

  1. Grazie per questo articolo, parto venerdì e sabato inizia il Ramadan. All’inizio ho pensato “Oh no!” ma adesso vedo un’opportunità 🙏🏼
    In quei giorni ti sei alimentato come loro osservando i tre pasti con orari ‘difficili”?
    Grazie

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