Sacra di San Michele: miti e antichi racconti in Valle di Susa

La prima volta che sono stata alla Sacra di San Michele avevo 18 anni, era luglio, indossavo degli improbabili pantaloni a pinocchietto beige e accompagnavo una mia amica inglese venuta in visita.

L’ultima volta che ci sono stata, il 29 dicembre scorso, c’era un forte vento, c’era un sole grosso così, e mi vantavo di conoscenze sulla Sacra stessa, che poi si sono rivelate solo parzialmente esatte. Conoscenze del tipo:

1 – “Lo sapevi? Il film ‘Il nome della Rosa’ è stato girato lì!”
2 – “Vedrai che bello, l’imponente Scalone dello Zodiaco”

Parzialmente esatta la prima affermazione. Perché Umberto Eco, autore del libro da cui il film è stato tratto, è stato ispirato dalle atmosfere suggestive e moderne del monastero, costruito sulla cima del monte Pirchiariano, che sovrasta la Valle di Susa. Un monastero nato benedettino nel X secolo, passato attraverso le attente mani della famiglia Savoia, diventato dal 1994 simbolo della regione che lo ospita, il Piemonte.

26, i metri della facciata; 962 i metri di altezza del monte. Un totale di circa 1000 metri. Numeri da capogiro, colpa dall’Arcangelo Gabriele, cui il complesso è dedicato, che la leggenda vuole avvezzo a scegliere siti inaccessibili e in cima ai monti come segno distintivo del suo culto.

Uno scambio di nomi, la seconda inesattezza. Sorpassata infatti l’imponente facciata romanica, si accede allo Scalone dei Morti, ripido e crudo luogo di sepoltura per monaci, le cui ossa trovavano l’eterno riposo nelle nicchie poste ai lati. In cima, la Porta dello Zodiaco, che prende il nome dai fregi sugli stipiti della porta, che si accompagnano ai simboli delle costellazioni, fiori e tralci di vite, e icone medievali.

Sacra di San Michele

Oltre lo Scalone, la Porta. Oltre la Porta, la luce. Gli archi rampanti, squadrati. Oltre gli archi, la chiesa nuova, divisa in tre navate, con affreschi del XVII secolo, fra cui un bellissimo trittico del Defendente Ferrari. A rappresentare la Real Casa, a cui si deve il merito di aver salvato la Sacra dall’oblio, sarcofagi in pietre di esponenti del casato, in “prestito” dal Duomo di Torino.

Ma come tutti i luoghi sacri e lontani, che sanno di bruma nonostante la giornata di sole, oltre la nuova chiesa, facendo un salto indietro nel tempo e in realtà un balzo in avanti, ci si trova davanti alla Torre della Bell’Alda: nata e nota come foresteria per i monaci che qui risiedevano, è passata alla storia come il luogo da cui si buttò la povera fanciulla – da qui il nome della torre – per sfuggire ai soprusi dei soldati di ventura. Gli angeli ebbero compassione della giovane ragazza, e la salvarono da morte certa.

Lo slogan di un famoso spot, tempo fa, recitava: two is meigl che uan. Non in questo caso però, perchè la ragazza si vantò un po’ troppo in giro di essere stata salvata dalle creature celesti, e per essere creduta dai valligiani sospettosi si buttò di nuovo dalla torre, non trovando ad attenderla né gli angeli né tantomeno la loro compassione, sfracellandosi infine rovinosamente al suolo.

Secoli di storie, di suicidi, di ispirazioni romanzesche. Di leggende tramandate, di giorno che diventa notte che diventa giorno. Ma la Sacra resta sempre lì, lontana per noi spettatori che arriviamo dalla strada, guardata a vista dall’Arcangelo Michele, che lì l’ha voluta, e che da lì cerca, con la sua spada, di proteggerla.

Sacra di San Michele

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