Puntualità e feste in Islanda

Quello islandese è un popolo nordico atipico. Ha alcuni tratti che definirei mediterranei, in realtà. Uno su tutti la puntualità. In Finlandia mi dicevano che per essere in orario dovevo trovarmi nel luogo di un qualsiasi appuntamento con cinque minuti di anticipo. Non ho mai vissuto per lungo tempo in Danimarca, Norvegia o Svezia, ma è risaputo come anche in queste nazioni la puntualità sia un elemento di centrale importanza e che viene preso molto seriamente. Se un incontro è programmato dalle 10 alle 11, i partecipanti saranno presenti alle 9.55, inizieranno le discussioni alle 10 e, terminate o meno, alle 11 concluderanno l’incontro. Se un locale si dice aperto dalle 18 alle 23, sarà possibile entrare alle 17.59 e alle 22.45 verranno spente alcune luci per far capire ai clienti rimasti che è ora di andare.

Non in Islanda. Qui se un appuntamento è fissato per le 10, vuol dire semplicemente che si svolgerà in mattinata e non nel pomeriggio. Poi magari inizierà con un’ora di ritardo, che in realtà non è un vero e proprio ritardo dato che quello è un orario che comunica che l’incontro non si terrà prima delle 10 piuttosto che un limite che stabilisce entro quando ciò accadrà. Quando qualcuno ti dice “sto arrivando” oppure “parto tra 3 minuti”, la comunicazione va intesa in senso prettamente italiano: quel qualcuno si ha appena finito di fare la doccia e arriverà tra mezz’ora.

Penso che questo sia un tratto culturale strettamente collegato all’ambiente naturale. Probabilmente, soprattutto nel passato, non era molto semplice fare degli accurati programmi a lungo termine, data la presenza di influenti variabili, frequenti e imprevedibili allo stesso tempo. Tempeste, bufere di neve, terremoti, eruzioni e valanghe per dirne alcune. Eventi spesso catastrofici che hanno contribuito a modellare il carattere e hanno conferito una leggerezza che a volte può sembrare rasentare l’ingenuità nell’affrontare le situazioni, anche le più pesanti. Þetta reddast (pronunciato thetta red-dast) è una sorta di motto tipicamente islandese, ma soprattutto una filosofia di vita: tutto si risolverà per il meglio. Del resto la vita in un luogo sì magnifico, ma anche duro e inospitale è già difficile di per sé. Non serve aggiungere preoccupazioni inutili. E allora, Þetta reddast.

Forse anche per questo gli islandesi sono decisamente più festaioli dei cugini scandinavi. Reykjavík è famosa per i concerti e la vita notturna, ma anche qui al Nord non si scherza. D’estate una serie incredibile di eventi si susseguono a Húsavík e dintorni, da concerti a festival, da serate nei locali a feste varie. L’inverno naturalmente è più tranquillo. C’è meno gente, meno visitatori, più buio. Ma la voglia di divertirsi c’è lo stesso, alla faccia del vento gelido, delle bufere di neve che si alzano senza preavviso, del sole che per settimane sembra timido e si mostra solo per tre o quattro ore.

Il 6 gennaio in Italia è l’Epifania. In Islanda la festa si chiama Þrettándinn, non c’è la Befana ma è anche qui il giorno che chiude il periodo natalizio. E viene festeggiato con lo spettacolo preferito degli islandesi, i fuochi d’artificio. A Húsavík tutti si riuniscono al porto. Qualcuno ha troppo freddo per scendere dalla macchina. C’è un camioncino che fa da palco per un artista che canta l’adattamento islandese di “Katyusha”. C’è un enorme falò che scalda l’aria gelida. Se questo non basta ci sono pannocchie arrostite. E poi finalmente, da dietro gli scogli, i fuochi d’artificio cominciano a colorare il cielo.

Maggiori informazioni sul turismo a Húsavík: Visit Húsavík.

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