7 mila miglia intorno al mondo #32: i mille popoli della Namibia

Le tappe precedenti:

Ora la nuova squadra di avventurieri ha preso in carico i veicoli e le attrezzature ed è pronta per la traversata dal Sudamerica fino in Kenya. Le offerte raccolte da questa tappa verranno destinate all’organizzazione non governativa di cooperazione internazionale CESVI, che tra una grande varietà di progetti in Africa punta anche ad accrescere la disponibilità del cibo e l’accesso ad alimenti nutrizionalmente adeguati e a migliorare la conservazione dei viveri. CESVI lotta da anni contro la fame nel mondo attraverso progetti di sviluppo nel Sud e campagne di sensibilizzazione e educazione nel Nord del mondo. Partendo dalle sue competenze in tema di sicurezza alimentare, lancia la nuova campagna Food Right Now per educare e sensibilizzare la cittadinanza sul tema della lotta alla fame e sulla promozione del diritto al cibo per tutti.

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Dal diario di Paolo Brovelli

Sul crocicchio

In molte regioni d’Africa, i crocicchi sono punti dove la vita sboccia e si sviluppa. Basta una tettoia a riparar dal sole ed ecco che, come per magia, si forma un crocchio, poi due, poi altri vanno e vengono. Lì sotto, nella calura metallica dell’onduline, la gente si ritrova, gestisce attività, rinsalda relazioni, fomenta l’allegria. Mangia, beve, balla. Perde il giorno. O lo guadagna.

Ce n’è uno all’entrata di Kamanjab, per esempio, nel Nord-Est namibiano. Ci siamo fermati per caso, a Kamanjab, o forse perché dopo tanta strada era l’unico posto che non fosse solo pietra e boscaglia. È di fronte allo spaccio e alla pompa di benzina. Dapprima è stata la musica. Di quella congolese, ritmata come la latina, quella da ballo che aleggia in tutte le strade delle città e cittadine dell’Africa centro-meridionale. Gracchiava un po’, ma arrivava allegra. Ragazzotti dagli occhiali a specchio se ne stavano stravaccati sul muretto ad ascoltarla e a bere birra. Qualcuno s’agitava a ritmo. Accanto, c’era la mamy, con la pignatta dove ribollivano costolette d’agnello in salsa, affianco a quella piena di pap, la polenta bianca che riempie le pance di mezza Africa. Venti dollari namibiani (1,5 euro) per il piatto completo. E buon appetito! Nell’altro quadrante, un paio di metri più in là, un’altra stava dietro al braai, arrostendo bistecche d’orice e manzo, gustose che una tira l’altra. E poi c’era la himba. Seduta in disparte, gli occhi bassi. Una ragazza himba, intendo, l’etnia-cartolina della Namibia, quella rossiccia dell’argilla che si cosparge per proteggersi dal sole eterno del Namib. C’era un uomo, con lei. La vendeva come modella ai turisti. “Solo quello, sanno fare, gli himba”, avrebbe detto Albie, l’africaner incontrato a Swakopmund. “Spillare soldi senza lavorare!” Ma forse, caro Albie, anche quello è un lavoro, sul crocicchio.

Safari

Safari è un termine swahili mutuato dall’arabo safar, che significa viaggio. Safari è un percorso africano, un viaggio alla ricerca di animali, alla ricerca di cibo. Una caccia. Alla ricerca di cibo ci siamo anche noi, 7milamiglialontano. Il cibo del mondo, il cibo dell’Africa e, quindi, in un certo senso, stiamo facendo un lunghissimo safari. Ma basta chiacchiere! Qui, sulle foto di Luciano e Giuliano, ci sono animali veri. Quelli che catturano i turisti veri con i loro zoom spianati sulle piste d’Africa. E che ci vengono apposta, in Africa.

Noi l’abbiamo rimandato per qualche settimana. Abbiamo scelto di passare per la Namibia e i suoi deserti, pur con un traguardo in Kenya, per non finire in un’interminabile savana dal Sudafrica a Malindi, ma alla fine non potevamo evitarlo. Per cui, eccoli qui, in pasto a facebook. Sono gli animali del Parco nazionale Etosha, nel nord della Namibia, che apre la serie di quelli che, potenzialmente, potrebbero venire proseguendo la nostra corsa verso il Kenya, la mecca del turismo da safari e, appunto, il posto da cui deriva il termine.

Giudicherete voi, se siamo cacciatori provetti o dilettanti. Io credo che il nostro istinto atavico possa venir fuori alla distanza, ma per ora, ahimè, il re leone, la preda principe d’ogni safari che si rispetti, è stato più furbo di noi. Dovremo imparare a non rimanere sottovento.

Leggi la puntata precedente: ed ecco la Namibia

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