Le Vallje di Civita: danze e canti tra le cime del Pollino

La danza è da sempre uno dei comportamenti umani più ricchi di significato e di emozione, una manifestazione di gioia che nel corso delle ere ha assunto le forme e i caratteri più svariati, testimonianza della società e del contesto culturale in cui sono stati plasmati. E il “ballo tondo” è la forma più antica di cui si abbia traccia, cristallizzata in opere plastiche e pittoriche create agli albori della civiltà, nei vasi e nelle terracotte di Greci ed Etruschi, e poi elevata agli onori dell’arte e della poesia da letterati e pittori.

Nel mondo italo-albanese – l’Arberia, un mosaico di comunità sparse per tutta Italia la cui origine è dovuta all’insediamento di profughi albanesi sfuggiti nel XV secolo alle persecuzioni degli Ottomani – il ballo tondo per eccellenza sono le Vallje, danze già eseguite nella terra d’origine di questi popoli per festeggiare il matrimonio e le vittorie dell’eroe-condottiero Giorgio Castriota “Skanderbeg”, poi portate nelle colonie italiane per rievocare con i canti che le accompagnano un glorioso passato, le gesta di eroi morti in battaglia, le vittorie e le sconfitte e soprattutto il vivo ricordo della patria abbandonata.

Vallje - Civita, Parco Natzionale del Pollino

La festa più grande si svolgeva nel periodo pasquale. Le donne indossavano l’abito più bello, ricamato con oro e arricchito da preziosi dettagli, si tenevano per mano o tramite un fazzoletto mentre gli uomini si ponevano alle estremità del gruppo per impostare la danza e il canto. Poi, nel 1629, il vescovo di Venosa Andrea Pierbenedetto assistette alle Vallje in occasione di una visita pastorale preso la diocesi di Rossano, in Calabria, e – offuscato da ignoranza e intolleranza culturale – ne rimase talmente turbato da proibirle con un decreto, affinché “la festiva solennità sacra si onori con devozione, come conviene”.

La severa presa di posizione della diocesi ebbe effetti devastanti sulla trasmissione di questa usanza italo-albanese, che scomparve nella maggior parte dei paesi arbëreshë. Nella maggior parte, ma non in tutti. Tra i pendii soleggiati del Parco Nazionale del Pollino, infatti, ancora oggi si può assistere a questo gioioso avvenimento. E non c’è luogo più suggestivo per prendervi parte di Civita, in provincia di Cosenza.

Vallje - Civita, Parco Natzionale del Pollino

Il giorno della festa, a cui sono invitati ogni anno anche i gruppi delle comunità vicine, è il Martedì di Pasqua, quale era il 24 aprile 1467, giorno in cui Skanderbeg ottenne la sua più gloriosa vittoria contro l’esercito ottomano. In questo giorno le ragazze si vestono con l’abito tradizionale e scendono in piazza per intonare gli antichi canti che da secoli risuonano in questa occasione. Si prendono per mano e passano a vicenda le une sotto le braccia delle altre. Oppure insieme agli uomini avanzano in cerchio, fino a intrappolare giocosamente un forestiero che dovrà pagare il suo riscatto offrendo da bere ai partecipanti.

Vallje - Civita, Parco Natzionale del Pollino

È un gioco, una festa vivamente sentita per la quale si affrontano volentieri le intemperie di un tempo raramente clemente. È un momento per celebrare la propria storia, la ricchezza culturale di una comunità antica e orgogliosa. È il “ballo tondo della libertà”degli italo-albanesi sfuggiti al giogo ottomano e tornati a nuova vita nei borghi italiani incastonati tra le cime del Pollino.

YouTube video

Fonte: “Arberia – Cultura Storia Folklore”, di Demetrio Emmanuele (Pubblisfera edizioni).

Video di Gianfranco Longo, telecastrovillari.tv. Montaggio a cura dell’autore.

Tutti i contenuti di “Arberia in scena” sono disponibili nell’archivio virtuale #Pashket2015.

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