Viaggio in America Centrale: da Cancún a Caye Caulker

È la notte del 31 dicembre e a Bologna impazzano i festeggiamenti per la notte più attesa dell’anno, ovunque ci sono ragazzi, famiglie che aspettano il nuovo anno con l’immancabile bottiglia di prosecco. Io, invece, che non amo particolarmente questa festa sono pronta con il mio zaino sulle spalle a prendere un bus che in circa tre ore mi condurrà a Milano, dove mi attende un volo per Cancún.

Dopo 16 ore di volo atterro in Messico. Le procedure doganali sono lentissime e mi rassegno ad un’attesa interminabile. Appena fuori dal terminal svolto a destra e seguo le indicazioni per i bus che collegano non solo il centro di Cancun, ma anche alcune delle località più importanti della Riviera Maya, così acquisto non solo quelli necessari per arrivare a Playa del Carmen, prima tappa del mio viaggio in Messico, ma anche quelli per Chetumal, graziosa cittadina al confine con il Belize da dove prenderò un traghetto per l’isola di Caye Caulker.

Arrivata a Playa del Carmen vado alla ricerca del mio piccolo ostello. Giusto il tempo di una rinfrescata e sono già fuori con l’intenzione di fare un giretto. Playa del Carmen è una piccola cittadina, la maggior parte della gente affolla Quinta Avenida, una strada piena zeppa di negozi e ristoranti che hanno ben poco di messicano, sembra quasi di essere a spasso per una cittadina romagnola. Dal piccolo porto partono ad ogni ora traghetti per l’isola di Cozumel, piccola perla dei caraibi rinomata soprattutto tra i sub di tutto il mondo.

Playa del Carmen rappresenta una buona base per spostarsi nell’entroterra e visitare tutta la zona delle piramidi, come Chichén Itzá, il sito maya meglio conservato, iscritto tra le sette meraviglie del mondo antico, e Tulum, unico insediamento che si affaccia sul bellissimo Mar dei Caraibi, luoghi imperdibili per chi visita la penisola dello Yucatán.

Dopo circa una settimana a spasso tra rovine e cenote (laghi di acqua dolce che si formano all’interno di grotte carsiche e di cui la zona è particolarmente ricca) sono pronta a raggiungere Chetumal. Parto con il bus alle otto del mattino e impiego circa sei ore per arrivare a destinazione. Poi prendo un taxi per il porto e il tassista mi lascia di fronte l’ufficio della compagnia di navigazione per il Belize, dove presento la ricevuta di pagamento dei biglietti del traghetto, precedentemente acquistati online per risparmiare tempo e non correre il rischio di non trovare posto, visto che c’è solo una corsa pomeridiana al giorno ed è sempre molto affollata.

Uscire dal Messico richiede più di un’ora di attesa per il pagamento della tassa d’uscita e il controllo dei passaporti. Finalmente veniamo imbarcati, stipati come sardine, seduti su scomodissime panchine di legno.Non ci sono servizi igenici e alcuni dei passeggeri sono costretti ad uscire fuori dalla cabina e a fare i lori bisogni direttamente in mare. Il viaggio dura circa tre ore e non i 90 minuti pubblicizzati sul sito della compagnia. Inoltre il mare in questo tratto è quasi sempre agitato e veniamo sballottolati da una parte all’altra della barca. Sembra un viaggio interminabile, ma alla fine arriviamo a San Pedro.

San Pedro è un’isola del Belize, quindi è necessario scendere dal traghetto per il controllo passaporti e il pagamento di una tassa d’entrata. Terminata anche questa lunga procedura riprendo il traghetto, ma per fortuna dopo soli 30 minuti di traversata arrivo finalmente nella mia tanto sognata Caye Caulker. È ormai notte e non mi resta altro che raggiungere il mio piccolo hotel che si trova poco distante dal molo di attracco e che diventerà la mia casa per la settimana seguente.

Caye Caulker è un atollo corallino distante circa un miglio dalla Grande Barriera del Mesoamerica, seconda solo a quella australiana. Su quest’isola sono banditi asfalto e cemento, le casette dei residenti sono colorate sistemazioni in legno, circolano solo bicliclette e automobili elettriche, non ci sono spiagge e la balneazione è possibile solo attraverso alcuni pontili attrezzati di scalette. Il mare non è particolarmente attraente, eccezion fatta per la parte più settentrionale dell’isola chiamata “Split“, dove si trova un canale che si è creato a seguito di un forte uragano e che divide in due l’isola. Qui si raduna spesso della gente, soprattutto per ammirare il tramonto e sorseggiare una birra prima di cena.

I giorni della mia permanenza a Caye sono caratterizzati da un tempo tremendo. Pioggie torrenziali si abbattono sull’isola, ma per fortuna il giorno in cui decido di raggiungere la barriera corallina risplende un bel sole caldo e ciò che vedo una volta in acqua mi ripaga di tutti gli sforzi fatti per giungere in questo angolo remoto del mondo. Qui ho la fortuna di nuotare con innocui squali nutrice di circa un metro di lunghezza e di vedere a distanza ravvicinata i trigoni, grandi razze che volteggiano nell’acqua con un’eleganza impressionante facendo bella mostra del loro aculeo velenoso, posizionato nella parte terminale della coda. Sono animali timidi e gentili che vanno osservati con rispetto senza tentare di toccarli come molti turisti irrispettosi fanno. L’emozione più grande arriva quando vedo venir fuori dalla tana una grossa murena verde che nuota senza alcuna esitazione al fianco della mia guida, dando l’idea di conoscerlo da diverso tempo.

Il mare qui è caldissimo sembra di nuotare in una grande piscina dalla quale non ho alcuna voglia di uscire. Caye Caulker è inoltre l’isola ideale per chi vuole un contatto diretto con la natura, si puo’ noleggiare una bicicletta per addentrarsi nella giungla circostante e osservare miriadi di uccelli, tra cui i pellicani che qui convivono pacificamente con l’uomo. Qualcuno dice che sull’isola vivano anche dei piccoli alligatori di acqua salata ma io per fortuna non ne ho visti.

L’ultima immagine che ho prima di affrontare la traversata di ritorno è il cartello simbolo dell’isola, “Go slow“, la parola d’ordine di Caye Caulker: andare con calma e vivere ogni minuto come se fosse l’ultimo.

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