Campli, prezioso borgo d’Abruzzo al sapor di tartufo

Nonostante la vicinanza con le Marche, mia regione di origine, non conoscevo l’Abruzzo se non per piccole eccezioni. Quando ho ricevuto l’invito per un tour a Campli, provincia di Teramo, ho accettato ben contenta perché era un po’ come ritornare a casa pur senza conoscere la terra che per due giorni mi avrebbe ospitato.

Appena arrivata, ho avuto modo di trascorre del tempo da sola, in tranquillità, gettando uno sguardo libero al centro di Campli. Pioveva, e quando il temporale si è allontanato è sbucato un arcobaleno che rendeva il verde delle colline ancor più acceso. Ho assaporato in questo scenario la sua tranquillità: le logge che raccontano di un ricco passato mercantile, Palazzo Farnese oggi sede del Comune, la larga piazza con il duomo, i portoni e le finestre con i segni del tempo, i bar con gli uomini del posto. Mi è bastato sedermi nel bar del paese, in attesa che terminasse la pioggia, per ricordarmi che nei piccoli borghi il tempo ha un sapore diverso: è fatto di incontri, di dialetto, di lunghi saluti e di calma.

Campli si è svelatata sotto un sole limpido e il cielo blu, il giorno dopo, e la sua scoperta ha significato, per me, entrare nella sua storia, la sua arte, i suo sapori e la sua gente. Raccontare questo borgo significa narrare le verdi colline che lo circondano, i suoi prati, le sue strade poco agevoli, le montagne che dominano la pianura, i suoi prodotti, i suoi tesori artistici e l’accoglienza della sua gente.

Tutti questi aspetti si sono contaminati a vicenda e ciò è evidente quando parli ad esempio con qualche a gricoltore che vive della passione per il suo prodotto e dell’onesta della sua azienda. Conversando con loro ripensi al sapore intenso e genuino dell’olio o del vino, o la fragranza avvolgente della porchetta calda che ogni abitante di Campli mangia nel panino la domenica mattina come fosse un cornetto, i colori della vegetazione, la musica folk amata e suonata anche dai giovani, le montagne imponenti a portata di mano e i tesori d’arte che si rivelano con una varietà che non finisce mai di stupirti.

La Collegiata di Santa Maria in Platea vi conquisterà con il suo soffitto ligneo affrescato in tutta la sua interezza con un ciclo sulla vita di San Pancrazio. Vi sembrerà di camminare a testa in giù perché avrete la sensazione che qualcuno abbia messo per scherzo il pavimento di legno al posto sbagliato e per confondere l’errore abbia fatto dipingere il soffitto. Scendendo nella doppia cripta troverete dei mirabili affreschi ancora ben conservati che narrano storie di sante ed evangelisti, e una stanza affrescata dedicata alla venerazione del culto della Madonna.

Ammirando Palazzo Farnese, il più antico palazzo civico abruzzese, ricordatevi che il campanile alla vostre spalle, ornato con formelle di ceramica, in realtà non è un monumento sacro ma laico, utilizzato anticamente per adunare il consiglio cittadino.

Si può sostare al bar, seguire la vita placida degli uomini che giocano a carte e poi scendere verso i giardini e scoprire una cosa unica nel sul genere, la scala sacra – 28 gradini in legno d’ulivo – annessa al Santuario di San Paolo, che tutti i cristiani possono salire in ginocchio recitando le preghiere per avere indulgenza riconosciuta dalla chiesa di Roma.

Camminando lungo il corso scorgerete purtroppo ancora i segni del terremoto del 2009. Fini portali, edifici da restaurare e in vendita e portoni mezzi aperti, da cui fanno capolino piccoli intimi tesori. La gente vi saluterà con calore la seconda volta che vi vedrà, mentre la prima sapeva con certezza che non eravate di là.

Fra la campagna e le case, lontani dal centro, sorge in frazione Campovalano una necropoli dell’antico popolo dei Petruzzi, dove si può accedere, prenotando, alle tombe nel cui interno sono ricostruiti spazi e suppellettili.

In un affascinante scenario campestre dominato dalle montagne, invece, si può visitare, dietro richiesta all’Ufficio del turismo, la Chiesa di San Pietro dell’VIII secolo d.C., dove parti di sarcofagi e scritte pagane si mescolano in un interno perfettamente romanico, con tracce di affreschi i cui volti parlano con una semplicità che ti sfiora emotivamente, immersi in un silenzio che raramente oggi riusciamo ad incontrare.

Consiglio anche di vivere l’esperienza della ricerca dei tartufi perché questa terra è ricca dentro e fuori, e la sua pancia produce tartufi, fra i più famosi in Italia. Ho passato alcune ore ascoltando le parole con cui il signor Tassoni esprimeva l’amore per la natura e i suoi frutti che sono diventati il cuore della sua azienda di famiglia, intesa più come cultura e promozione della sua terra che industria senza anima.

Vedere i cani che vivono la tartufaia, addestrati a seguire il comando dell’amato padrone, sempre rispettoso del loro istinto nella ricerca del “tubero d’oro” come se fosse un gioco, è stato emozionante, perché mi ha riportato ad un sodalizio rigenerante e non invasivo fra uomo e natura. Qui, ho avuto l’ennesima prova che ciò che non è mercato fine a sé stesso, può essere giusto guadagno pur non tradendo né il consumatore, né il produttore, né la natura.

Lascio Campli e l’ultima immagine di questo fine settimana è un prato fiorito su cui mi sono allungata e distesa, sentendo il profumo e l’umidità di questa terra con il contatto della pelle. Perché dopo averla assaggiata, sentita, ammirata, ascoltata, ho voluto viverla attraverso il suo contatto addosso, di pelle e di pancia.

Dove alloggiare

Refettorio della Misericordia – Piazza Della Misericordia, 5 – 0861 569775
Agriturismo Il Vecchio Carro

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