In viaggio con il diabete: dall’Asia all’America senza volare

L’ultima volta che abbiamo ospitato la storia di Claudio sulle nostre pagine era tornato in Nepal. Da allora sono passati più di sei mesi e l’avventura di Claudio in giro per il mondo senza aerei è proseguita. L’ho sentito qualche giorno fa e mi parlava dall’Alabama. Con una nave cargo, dopo aver trascorso altro tempo in Asia e aver raggiunto l’Australia, è approdato nell’America del Nord. Facciamo però qualche passo indietro per capire meglio come si sono svolti questi mesi, quali le avventure che ha vissuto e come è arrivato nel continente americano.

Tailandia - Claudio Pelizzeni, in viaggio con il diabete

Dopo aver lasciato il Nepal dove ti sei diretto?

Il mio obiettivo era raggiungere la Birmania e l’ho fatto passando attraverso l’India scoprendo lo stato del Manipur, ancora poco conosciuto dal turismo. Tanto per farti capire quanto queste persone sono poco abituate a vedere turisti ti dico solo che, saputo del mio arrivo, un’intera scuola del villaggio è venuta a farmi visita! Questa zona situata a nord-est dell’India ospita una frontiera mitica per i viaggiatori. Qui passò la famosa “Road to Mandalay” di Kipling, qui passò Terzani, qui passano tutti giorni trafficanti di droga e armi tra Cina, Birmania e India. È una frontiera che dicono essere ufficialmente aperta da qualche mese, ma i fatti non corrispondono a ciò che viene dichiarato, tanto è vero che per me attraversarla è stata un’impresa per nulla semplice. Il lato positivo è stato che questa sosta obbligata mi ha dato modo di scoprire una regione indiana dall’enorme bellezza, ancora autentica e che consiglierei di inserire nei propri itinerari per uscire fuori dalle solite rotte. Lasciata la Birmania mi sono spostato a Bangkok e da qui subito in Cambogia per visitare il mitico Angkor Wat del quale ho apprezzato sicuramente la grande bellezza e magnificenza, molto meno il lato estremamente turistico, tanto che sono fuggito immediatamente in Tailandia per esplorare i territori del nord-est, quelli meno battuti e meno frequentati dagli occidentali. Ormai mi conosci e sai che l’aspetto che più amo di questa avventura è proprio quello di riuscire a raggiungere e scoprire regioni ancora poco sotto i riflettori, luoghi che hanno molto da offrire ma che ancora mantengono un carattere di autenticità non molto semplice da trovare. Avevo bisogno di qualcosa di più vero, avevo bisogno di scoperte e sorprese e sono stato decisamente accontentato dal momento che, a Phimai, piccolo villaggio vicino a Korat, nella zona del Burinam, mi sono trovato ad essere l’unico occidentale, tanto che hanno dovuto aprire la guest house per me! Dopo la Tailandia ho visitato il Laos, uno stato che ho amato molto, del quale ho apprezzato soprattutto l’accoglienza e la disponibilità della popolazione.

Cambogia

Laos - Claudio Pelizzeni, in viaggio con il diabete

Come tutti quelli che ti seguono, anche io ho fatto un grande tifo per te durante i giorni in cui sei rimasto bloccato in India per l’impossibilità di superare la frontiera con la Birmania. Mi racconti più nel dettaglio le vicissitudini legate all’attraversamento di questa frontiera?

La prima volta che ho provato a valicare il confine mi hanno detto che avevo necessità di avere un permesso speciale, per cui mi hanno rispedito indietro. Ho subito capito che la faccenda sarebbe stata molto complicata. Per fortuna, in tutta questa vicenda, ho avuto un grande alleato: Sanjii, il proprietario di una fattoria del Manipur nella quale ho alloggiato utilizzando il couchsurfing. Lui già lavorava a stretto contatto con il dipartimento del turismo del Manipur e aveva agganci con il governo, con la polizia e con le agenzie turistiche, ma quello che è accaduto a me è stato utile anche per lui per stringere i rapporti giusti che dovrebbero evitare ad altri il mio calvario. Quello che posso quindi suggerire a coloro che volessero raggiungere la Birmania attraverso quel confine è di rivolgersi direttamente a Sanjii perché lui ora sa come muoversi. Io ho dovuto attendere il permesso speciale per dieci giorni e spendere molti più soldi di quelli preventivati, ma è possibile che adesso Sanjii, avendo avuto la possibilità di stringere altri rapporti, renda l’impresa meno ardua e costosa. Una piccola nota di colore: il permesso speciale mi è arrivato il 25 dicembre, proprio come un dono di Natale! Devo ammetterlo comunque, riuscire ad attraversare quella frontiera è stato per me un momento di apice del mio viaggio, una vittoria che non dimenticherò mai.

 

Birmania 2

Dopo l’Asia arriva l’Australia, da Hong Kong, con un primo passaggio di 12 giorni su una nave cargo. Come è stato tornare nella terra dei canguri, una nazione che chi ti segue sa esserti molto cara?

Devo essere onesto: avevo paura di rimanere deluso. Avevo paura che tutto fosse cambiato o che semplicemente fossi cambiato troppo io per riuscire a vedere le cose come le avevo viste anni fa quando mi ci sono recato per la prima volta. E invece mi sono immediatamente reso conto che ero di nuovo a casa, che il feeling con l’Australia non è una cotta passeggera, ma un amore profondo che non passa solo con il trascorrere del tempo. Questo amore ho sentito anche l’esigenza di tatuarmelo su un braccio, prova tangibile di quanto l’Australia significhi per me. Nonostante questo, però, mi sono sentito anche un po’ scarico una volta arrivato qui e sono sicuro di non essere riuscito a dare il massimo nell’aver raccontato il mio soggiorno australiano. Credo sia dovuto al fatto che, originariamente, l’Australia rappresentava il mio punto di arrivo, che solo in un secondo momento ho esteso all’idea di giro del mondo. Forse, anche un po’ inconsciamente, mi sono sentito un po’ arrivato. Diciamo che gli oltre 20 giorni di cargo che mi hanno poi portato in America mi sono serviti per raccogliere di nuovo la carica giusta.

Sidney

A proposito della traversata oceanica, come è stato passare così tanto tempo su una nave lontano dal resto del mondo? Ammetto che questa tua esperienza dal sapore anacronistico mi incuriosisce molto.

Allora, premetto che nel mio caso fa parte del progetto “giro del mondo senza aerei” e quindi aveva tutto il suo senso, ma che sicuramente non la consiglierei come alternativa all’aereo. Sebbene sia una soluzione economica, (70 $ al giorno tutto compreso), la prima difficoltà sta nel fatto che è necessario prenotarlo con molti mesi di anticipo e che, anche all’ultimo, possono cambiare le date di partenza e le rotte. io per esempio dovevo arrivare in California e in vece mi è stato comunicato che avremmo attraccato in Canada. Sono stato 26 giorni da solo con me stesso, di fronte ad un orizzonte che non cambiava mai. L’equipaggio durante il giorno era affaccendato a lavorare per cui i rapporti sociali era ridotti all’essenziale. E’ stata lunga e dura, non lo nascondo. Il momento in cui ho toccato terra, in Canada, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo.

Ora Claudio è impegnato in un fantastico coast to coast negli Stati Uniti. Vi posso fare una promessa: sono talmente appassionata a questa sua avventura che sicuramente non lo perderò di vista e continuerò a raccontarvi del suo meraviglioso viaggio, anche perché si sta accingendo ad attraversare le terre che io più amo.

1 commento su “In viaggio con il diabete: dall’Asia all’America senza volare”

  1. Veramente notevole sei un esperto grande continua così ciao se hai nuove me le puoi mandarmi un pò qualche consiglio xil viaggio inquanto sono anch’io diabetico 2 a volte la paura frenare le voglie di avventure ti dirò ti invio hai coraggio il mio indirizzo e
    mail maurizio.gatti -1954@poste grazie x qualsiasi cosa che invi ciao maurizio

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