Mongolia Centrale: yak, templi e immense praterie

Dopo aver ammirate le affascinanti distese del deserto del Gobi, la seconda parte del nostro viaggio in questo magnifico Paese ci porta in Mongolia Centrale. Rispetto all’itinerario precedente, questa zona è meno variegata ed è caratterizzata da immense praterie, pianure, zone vulcaniche, laghi, alberi e parchi nazionali. La sua relativa vicinanza a Ulaanbaatar la rende meta del turismo mongolo più di altre zone.

Siamo qui a metà luglio, nel momento del Naadam, la festività nazionale i cui giochi si tengono nella capitale, e molte persone sono in vacanza. Incrociamo dunque famiglie su macchine utilitarie e camioncini che con la bandiera nazionale e carichi di ogni bene percorrono strade sconnesse – non senza qualche pericolo – e campeggiano nelle gher a uso turistico o nelle proprie tende canadesi.

Il paesaggio incontaminato è sempre verdeggiante, a tratti quasi alpino. Le strade impraticabili per una normale macchina, i villaggi e le cittadine appena più frequenti rispetto al Gobi. La loro edilizia è sempre la stessa costante: i piccolissimi villaggi si svolgono su di un segmento di strada con case in cemento e lamiera, insegne di ristorazione, una pompa di benzina, gente che cammina o è affacciata sulla soglia di casa. Le città più grandi hanno sempre tracce dell’architettura sovietica, alcuni supermercati e strade un po’ più accoglienti. Questa è anche la zona dei più grandi templi della Mongolia, quelli sopravvissuti alle purghe staliniste. Visitare questi luoghi e immaginarli come sono stati, lascia un profondo senso di tristezza e porta a riflettere sulla follia dei regimi dittatoriali, ed al di lá della connotazione politica, portano distruzione e sofferenza.

La Mongolia centrale è una terra fatta di steppa, è la terra degli yak e dei cavalli selvaggi che sostano in branco vicino ai laghetti e le pozze che guadiamo, è la Mongolia delle immense vallate verdi e del cielo blu dipinto.

Parco Nazionale della Valle di Orkon

La valle del fiume Orkon e le sue cascate sono due delle attrazioni turistiche e naturalistiche di punta per gli stessi mongoli. Macchine utilitarie, jeep e furgoncini carichi di persone solcano le strade sterrate, sostano nei punti panoramici o fanno pic nic. Il paesaggio è simile a quello delle nostra alpi, e dopo tanto deserto, finalmente vediamo degli alberi e macchie di bosco. Piacevole camminare nel parco, sostare e vedere gli animali e la gente che va a cavallo. Le cascate sono il punto di attrazione turistica  più  noto e tantissime famiglie qui vivono con relax il loro fare da turisti.

Il tempio di Galan Zuu

La città di Tsetserleg, il tempio di Galan Zuu e il museo limitrofo dell’aimag di Arkhangai. Quest’ultimo testimonia la storia del popolo mongolo e le sue tradizioni. Il tempio in cima alla salita è metà di pellegrinaggio di molte famiglie che vivono i loro rituali. Da qui, accanto alla statua del Buddha alta sette metri, una bella visuale della città che rispecchia lo stile locale: tetti in lamiera, staccionate, quartieri grigi e piazze squadrate tipicamente sovietici.

Le sorgenti termali di Tsenkher

Le acque delle sorgenti termali di Tsenkher sono frequentate da tantissime famiglie (di un certo reddito) mongole. Dall’Orkhon occorrono circa tre ore di strada: ancora dossi, terra battuta, guadi. Ancora yak, cavalli che corrono paralleli alla uaz, liberi o nella mandria, ancora pecore e mucche; poi le montagne non alte come le nostre ma armoniose e continuative, i boschi che attraversiamo in jeep, i ruscelli ed i fiumi, ed i colori: tutte le sfumature del verde e del giallo. Qui ci si può rilassare nelle pozze di acqua calda, passeggiare fra gli yak, gli scoiattoli e i cavalli, costeggiando il bosco, osservando questi animali mentre brucano, allattano e guadano il fiume. È facile passeggiando scorgere anche resti animali.

Shankhiin Khiid

Limitrofo la vecchia capitale Kharakhorin Shankhiin khiid, monastero sopravvissuto alle purghe staliniste del 1937 ha ospitato il vessillo di Gengis Khan. Riaperto nel 1990 dai monaci sopravvissuti alla deportazione in siberia. È possibile visitarlo anche nei momenti della preghiera collettiva.

Kharakhorin

L’antica capitale Kharakhorin, possiede un imponente struttura di 400 metri di mura con 108 stupa. Ai primi del XX secolo ci furono più di 100 templi e più di mille lama che vi soggiornavano. Il monastero venne saccheggiato durante le epurazioni del 1937. Oggi si può passeggiare entro le mura che circondano i momasteri rimasti e soltanto uno continua ad esercitare attività religiose; gli altri hanno una funzione museale. Moltissime le famiglie in visita che portano doni alle divinità. Il grande spazio circondato da mura ci fa solo immaginare cosa potesse essere questo luogo prima della devastazione comunista.

Parco Nazionale di Hustajn Nuruu

Limitrofo a Ulaanbaatar questo parco vale la pena di una visita nell’intento di avvistare l’unica specie di vero cavallo selvatico mai stata addomesticata con successo. È il Taky, ne esistono circa 200 esemplari e questi noi li abbiamo osservati da rispettosa distanza.

Mongolia Centrale

Riserva Naturale di Khögnö Khan Uul

Questa riserva sembra essere un piccolo deserto del Gobi. Acquitrini, cammelli, dune, rocce granitiche e la sua luce che varia di ora in ora: questa terra non ci vuole lasciare. In essa, un complesso di templi antichi e ricostruiti che vale la pena di una visita, alle pendici della montagna.

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