Viaggio tra Tailandia e Laos alla ricerca del Buddha di Smeraldo

“Guarda questi buddini verdi!”, dice mia moglie, e per buddini intende le statuette di Buddha su una bancarella presso il parco storico di Ayutthaya, una delle antiche capitali tailandesi. Plasticaccia verde bottiglia. Tra i tuk-tuk si fa strada un elefante con dotazione standard di mahout e turisti, i buddini restano sulla bancarella.

Chiang Mai, mercato della domenica, un mare di gente, caldo. Entriamo in un tempio, il Wat Phan On, per curiosità e per riposarci. “Guarda c’è un altro Buddha verde – dice mia moglie – finalmente qualcosa di diverso dai soliti Buddha d’oro.”

Chiang Mai lunedì mattina. Marco, il nome in codice della nostra guida – quello vero è troppo complicato – ci porta al Wat Chedi Luang, il più importante tempio della città. Descrizione, storia, come al solito complicata, arriviamo davanti a una surreale statua di… Buddha? O di un monaco? Mani su una pancia enorme, veste di colore rosso – no, rosa antico carico dice mia moglie – e mi viene in mente il Buddha verde. È il famoso Buddha di Smeraldo, una statua che protegge chi la possiede – ci spiega Marco – è stato ritrovato nel 1354 a Chiang Rai poi è stato portato qui. Nel Wat Pahn On? No, quello è una copia, era stato messo in cima al chedi, quella specie di grande piramide a gradoni, diroccata a causa di un terremoto, poi….

Poi entriamo nella sala delle preghiere, i monaci stanno cantando, di fianco un cielo di bandierine dorate coi segni zodiacali cinesi, atmosfera suggestiva. Nel pomeriggio visita al Doi Suthep, in cima a una collina. Bel panorama, orchidee e fiori in abbondanza, tutti rigorosamente di plastica, e fedeli inginocchiati davanti a un altro Buddha verde… allora è importante!

Lungo la strada per Chiang Rai facciamo sosta in un mercato famoso per la vendita di insetti e specialità strane, assaggiamo una cavalletta a testa, scricchiola tra i denti, non fa schifo ma non è nemmeno una delizia. Il Wat Phra Kaew è un piccolo tempio immerso nell’ombra di alberi e bambù con un laghetto pieno di tartarughe d’acqua. È qui – dice Marco – che è stato trovato il Buddha di Smeraldo, era dentro un chedi che si è aperto quando è stato colpito da un fulmine. E quello che c’è dentro adesso? È una copia in giada offerta dalla regina madre in occasione dei suoi novant’anni, ma è molto più bella e famosa l’altra statua di Buddha, quella in ottone e rame che sta dentro l’altro padiglione.

I precedenti: il Buddha di Smeraldo, dice la leggenda, è stato scolpito in India prima della nascita di Cristo, poi è finito in Sri Lanka, da lì doveva andare in dono a un re birmano che voleva convertire il suo popolo al buddismo ma la nave che lo trasportava è naufragata in Cambogia ed è stato portato ad Angkor Wat. Quando i Thai hanno conquistato Angkor Wat hanno portato via il Buddha e lo hanno nascosto dentro il chedi di Chiang Rai e di lui si sono perse le tracce fino al ritrovamento casuale del 1354. Sì… ma adesso dov’è?

Oggi si passa dal Triangolo d’Oro e si va in Laos. Ultimo Wat in Tailandia, il Wat Phra That Pha Ngao, lungo la strada per Huay Xai, al di là del ponte sul Mekong, in Laos. Che cosa c’è di strano? Ci sono tre statue del Buddha di Smeraldo, con tre vestiti diversi, ma Marco non è in vena di chiarimenti, ha appena saputo che deve tornare in nottata a Bangkok per accompagnare altri turisti.

Dopo due giorni di navigazione sul Mekong – acqua marrone, corrente potente, tante bottiglie di plastica – arriviamo a Luang Prabang. Mi organizzo perché le cose da vedere sono tante: domani mattina sveglia all’alba per la raccolta del cibo da parte dei monaci, poi salita al Phu Si, la collina che domina Luang Prabang. “No, io non vengo – dice mia moglie – troppi gradini.”

Poi la visita dei templi più importanti accompagnati da Thong, la nostra guida in Laos. Primo tempio il Vat Visoun, il tempio più antico di Luang Prabang, famoso per le centinaia di statue del Buddha nella posizione di invocazione della pioggia. Una ragazza è ferma in meditazione. Al centro dell’altare la nostra statuina verde, addossata a una colonna un’altra statua del Buddha di Smeraldo con la sua brava cassettina per le offerte. Ormai è diventata una specie di caccia al tesoro.

Il Vat Xieng Thong è sicuramente il più bel tempio di Luang Prabang ma non abbiamo visto statue verdi, in compenso nel Vat May Souvannapoumaram ce ne sono tre, anzi quattro o cinque in bella mostra. “Attorno al 1550 – ci spiega Thong – il re che regnava sia su Chiang Mai che su Luang Prabang ha spostato qui il Buddha di Smeraldo. Poi, per metterlo più al sicuro dalle incursione dei birmani, l’ha spostato a Vientiane, poi…” Ferma! Non lo vogliamo sapere, domani siamo a Vientiane e lo cerchiamo.

Vientiane, capitale del Laos, bandierine colorano i templi, bandiere con falce e martello sventolano sulle rive del Mekong. Il Pha That Luang è il monumento religioso più importante del Laos. Possiamo salire? No, prima si poteva ma i turisti cinesi toccavano tutto e lasciavano di tutto, risponde Thong.

Al Vat Si Muang i monaci stanno facendo le grandi pulizie per la festa di domani. Sul retro, di fianco ai resti del tempio khmer, due donne pregano bastoncini d’incenso in mano, all’interno un Buddha di Smeraldo siede impassibile di fianco al “pilastro” della città, i resti di una colonna quadrata che segnano il punto di fondazione di Vientiane.

Il Vat Ong Teu Mahawihan è sede di una famosa scuola per monaci buddisti e anche qui una statua del nostro Buddha verde siede ai piedi di una bella statua di bronzo, sempre del Buddha ovviamente. L’Ho Phra Keo adesso è un museo ma è stato costruito per il Buddha di Smeraldo – eccolo finalmente! – ci dice Thong, “prima che i tailandesi ce lo portassero via nel 1779”. Di nuovo in Tailandia? Sì, per ora è ancora a Bangkok, nel Wat Phra Kaew all’interno del Grande Palazzo Reale.

Bangkok, Palazzo Reale, 5 settembre 2016. Folla di thailandesi e turisti di ogni tipo, sembra di essere in una città delle fiabe, tutto luccica, tessere di madreperla, piastrelle di smalto blu, fiori di maiolica rosa, tetti verdi, pavimenti d’argento, statue dorate, colonne, pinnacoli, torri, templi e palazzi: c’è più roba qui che in tutto il Laos! Mia moglie fotografa le gigantesche statue multicolore degli yaksa, i guardiani delle porte. Io sono confuso dal caos caleidoscopico di chedi, mondob, ubosot, prang, wat, kinnara, chofa, sema, prasad, kroot, bot, yot, wiharn

Finalmente la cappella del Buddha di Smeraldo. “No foto.” Come no foto?! È vietato fare fotografie, ma anche se si potesse si vedrebbe ben poco perché la statua è poco più alta di 60 centimetri e sta in una teca in cima a un altare tutto cesellature, fregi, statue e ripiani d’oro. E non è di smeraldo, che delusione, chi dice di giada, chi di diaspro verde, chi non si sa perché non la si può studiare, però i vestiti sono davvero d’oro e sono tre diversi che il re in persona cambia al mutare delle stagioni. Adesso ha il vestito della stagione piovosa.

Alla fine l’abbiamo trovato, questo è il vero Buddha di Smeraldo protettore di chi lo possiede, la Tailandia, per ora. Dal di fuori si possono scattare foto, bastano un buon zoom e un cavalletto. Non ho né l’uno né l’altro.

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