Tour in Sri Lanka: viaggio tra arte, sorrisi e piantagioni di tè

Lo Sri Lanka è la terra che non ti aspetti. È uno tsunami per l’anima occidentale, costretta a ribaltare le prospettive della propria esistenza. Perché l’antica Isola di Ceylon, conosciuta come la Perla dell’Oceano Indiano, o la Lacrima dell’India, è abitata da persone che sorridono nonostante le avversità e che onorano la vita vestendosi con sari di mille colori, dai toni verde smeraldo al giallo cromo, dal blu cobalto al bianco naturale.

Gli abitanti dello Sri Lanka, siano essi Singalesi o Tamil, hanno sguardi profondi ed una dignità che ti fa pensare. Si muovono con calma, tengono il tono della voce basso, si affidano ad un astrologo per nascite, matrimoni e nomi di battesimo. Il saluto, la preghiera ed il sorriso sono parte integrante della quotidianità, fatta di panni stesi al sole tra le vie di città soffocate dal caos, o in villaggi sperduti in mezzo alla giungla.

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I bambini hanno gli occhi che ridono ed hanno la felicità nell’anima: corrono sereni, giocano con la sabbia o con il copertone di una ruota, si rapportano con una naturalezza a cui non sono più abituata. Nessun problema di liberatoria, nessun timore di un lupo cattivo che voglia sporcare la loro immagine. Se ci sei e pensi che sia bello fare una fotografia, loro collaboreranno con te.

Se avrai voglia di recarti nella terza classe di un treno che sbuffa tra le piantagioni di tè, loro ti racconteranno storie, ti offriranno sorrisi, ti accoglieranno come se ti conoscessero da sempre. Non ti lasceranno andare via senza ritratti, racconti ed emozioni perché qui sono abituati a dare, in nome di sinergie di un cosmo che qui in Occidente abbiamo dimenticato.

Indimenticabili, naturalmente, non sono solo le persone. Lo sono i templi, le statue, i suoni armoniosi e variopinti della giungla, con i possenti alberi secolari tinti di un verde che sa virare in centinaia di gradazioni. Indimenticabili sono i tuc tuc che si muovono per le strade a decine, come grossi coleotteri, nei colori del rosso e del blu, accostando pullman di linea con tendine decorate ed i vetri abbassati per respirare.

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Statue nel Tempio d’Oro – Dambulla

L’atmosfera è calda e umida e ti resta addosso come la gentilezza di questa gente. Ti permea, non ti dà tregua, gioiosamente. E sì che qui ci sono i cobra che entrano nelle capanne, i mamba neri, e la più alta concentrazione di serpenti velenosi che in tutto il resto del mondo. Ma è forse questo un motivo per non sorridere alla vita? No, ti rispondono, mentre offrono un fiore di loto alla statua del Buddha.

Anche a Colombo dove la vita è concentrata in strade dissestate e case cresciute senza ordine alcuno, dispiegate in geometrie irregolari lungo i perimetri di alti marciapiedi, tutto ha il sapore di un altro universo. Le donne camminano con calma, accompagnate da ombrelli parasole dalle stecche rotte e infradito consumate sfilando lungo case dissestate, colorate secondo l’umore del proprietario. Tetti di eternit, pareti scrostate, pubblicità che ammiccano dai posti più improbabili, colorando la periferia della città che non rinuncia a statue di Buddha rinchiuse in teche di vetro quadrate, sparse qua e là.

La città è un cantiere a cielo aperto, con la costruzione di nuovi grattacieli che cambiano rapidamente l’assetto urbano, mentre bancarelle con musica etnica animano il bazaar Pettah. Camicie di cotone ammucchiate su grandi tavoli, ciotole di legno intagliate a mano, giocattoli appesi come nelle bancarelle degli anni Ottanta per attirare il visitatore. E poi ancora le statue del Buddha, ed un carretto che vende frutti esotici tagliati sul momento ed offerti con una cannuccia colorata, per berne il succo fresco.

Colpisce la semplicità con cui tutto viene vissuto e affrontato, l’ammasso di gente che cammina per le vie polverose, i lavori manuali che pensavi non esistessero più, l’umanità profonda che si muove disordinatamente. Colpiscono le dentature rovinate, le camicie logore, i varani di terra che attraversano l’autostrada con la lentezza di un pachiderma, e nello stesso tempo le case signorili e la Sala Conferenze internazionale di Bandaranaike Memorial, regalo della Repubblica popolare cinese. La sera, riposando nell’imponente Hotel Mount Lavinia, in perfetto stile coloniale, ti ritrovi a pensare che è incredibile come tante differenze coesistano miracolosamente su un unico spicchio di terra e, ancor più, su un unico pianeta.

Tra le meraviglie dello Sri Lanka spiccano due capolavori, patrimoni mondiali dell’Unesco: la fortezza sulla Rocca di Sigiriya, eretta tra il 473 e il 492 d.C. e conosciuta come “The Lion Rock” per le zampe di leone scolpite ai piedi della maestosa rocca (1200 gradini per arrivare in cima alla fortezza da cui si domina il paesaggio sottostante: una distesa infinita di alberi, una natura lussureggiante nella quale vivono gli animali della giungla), e il Tempio d’Oro, a Dambulla.

Quest’ultima più di ogni altro sito Unesco, ha colpito il mio immaginario. Costruito dal re Walagambahu nel 1° secolo a.C., questo capolavoro d’arte e spiritualità è uno dei più imponenti templi rupestri dello Sri Lanka: un complesso di cinque grotte con oltre 2000 metri quadri di mura e soffitti dipinti, e più di 150 immagini del Buddha, di cui la più imponente è lunga ben 14 metri!

I soffitti dipinti sono bassi, e questo pone il visitatore in una dimensione mistica ancor più intimista. Ad ogni statua, dal volto dolce oppure ieratico, sia essa con una fiammella scolpita sul capo o con un cobra trionfante sopra la testa, è legata una simbologia volta a descrivere un aspetto del Buddha. Entrare in queste grotte significa calarsi in una dimensione di meraviglia e grandezza che lascia senza respiro. Non solo per i colori vivaci e l’espressività delle statue, quanto per la loro quantità, l’ordine con cui sono disposte e l’alone di misticismo nella quale sono avvolte.

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Uno dei più grandi Buddha, nel Tempio d’Oro – Dambulla

Si può dunque ben dire che lo Sri Lanka sappia come colpire al cuore, lasciando un ricordo indelebile di sé: come quando una barchetta ti accompagna sulle acque lisce di un lago costellato di delicate ninfee, mentre indossi un cappello fatto con una foglia rotonda, sapientemente costruito dalle mani del barcaiolo; o quando ti ritrovi in una semplice capanna, senza porte né finestre, e una donna ti cucina del cocco con strumenti rudimentali. Scimmie che mangiano fiori di loto sugli altari di Buddha, piccoli monaci avvolti in vesti arancioni, grandi statue dorate che proteggono le città, e centinaia e centinaia di stoppini accesi in minuti vasi di terracotta accompagnati da chissà quante preghiere. Elefanti e balene, varani e serpenti, e i suoni alternati della giungla.

La Perla dell’Oceano Indiano lascia un sapore indimenticabile che non si sopisce con il passare dei giorni e che, ancora oggi, nella mia memoria profuma di frangipane e tè: tè bianco, alla cannella, al gelsomino, prodotti tra gli altri nella fabbrica di Pussellawa, dove arrivano grandi sacchi di foglie raccolte a mano, da donne di etnia Tamil che camminano a piedi nudi nel silenzio della piantagione. Hanno mani svelte che strappano foglie color verde intenso – l’ultimo germoglio della pianta – per gettarli in grandi sacchi rossi che portano sulle spalle. Alcune hanno piccoli gioielli puntati sul naso, altre indossano delicate collane. Ma tutte, se si sentono al centro dell’attenzione, ridono come bambine a cui è dedicata una festa.

Loro, come tante altre persone dello Sri Lanka, appartengono ad una storia millenaria che a noi arriva sotto forma di una bustina di tè, e niente più. Eppure c’è un universo dentro quelle foglie macinate, un mondo che rievoca la storia delle Colonie inglesi, e che ancora oggi è rimasta ferma nel tempo. Te ne accorgi quando devi salire su un treno diretto a Nanu Oya e ti ritrovi così in una stazione piena di gente di diverse etnie e religioni. Un lucido pannello di legno con orologi disegnati per indicare l’orario di partenza dei treni, le banchine in polverosa terra rossa, donne con il chador nero e uomini con cesti di frutta da vendere tra una fermata e l’altra.

La diversità che nella mia mente si fa ricchezza. Dio, quanta gente abita sulla terra? Quanti usi e costumi, quanti modi di interpretare una giornata, quante sfumature per una sola esistenza? Il mondo mi svela una parte di sè che io non conoscevo ed oggi ammiro, riconoscente.

Mentre sono sul treno con le porte aperte, guardo sfilare le immense piantagioni di tè, disposte in file ordinate, quasi come un ricamo sulle dolci colline. Attraverso la seconda classe, vado fino in terza perché voglio vedere e conoscere chi vive qui. Vi trovo donne dai volti stanchi ma sereni, la pelle scura segnata da molte rughe. Gli occhi vivi e pieni di curiosità per chi vive nella stessa epoca, ma in un altro continente. Chiamano i bambini, si fanno fotografare con gioia, e mi fanno sentire accolta. Alcuni ragazzi giocano a carte tenendo un bongo come tavolino, altri stanno davanti alle porte aperte per sentire il vento che li accarezza. Ed io mi sento in un libro di storie antiche, o in uno di quei film che guardavo da bambina.

Come fai a non innamorarti di chi ti accoglie a braccia aperte? Come fai a restare indifferente davanti a tanta umanità? Anche l’Oceano qui è caldo. Ti abbraccia con vigore, mentre riccioli di onde si srotolano lungo le spiagge di sabbia fine. Se non siete mai stati in Sri Lanka, veniteci al più presto. E se ci siete già stati, tornateci. Perché l’antica isola di Ceylon è accogliente e ristoratrice, rasserenante e semplice… proprio come una buona e irrinunciabile tazza di tè!

Per ammirare i mille volti dello Sri Lanka e le sue immense bellezze, Villaggi Bravo di Alpitour propone in abbinamento o in alternativa al Bravo Dickwella (un piccolo resort ad un chilometro dall’omonima città, completamente rinnovato nel 2015, con posizione panoramica sull’Oceano Indiano e due incantevoli spiagge orlate da palme tropicali) due tour di diversa durata e ricchezza: il primo “Cuore di Sri Lanka” dura tre giorni e permette di scoprire la fortezza di Sigirya e la Roccia d’Oro di Dambulla, per poi rilassarsi al Villaggio Bravo.

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Stanza Hotel Bravo Dickwella

Per chi avesse invece più tempo, consigliamo il tour “Sri Lanka Classico”, sette giorni alla scoperta di un affascinante itinerario che, oltre alle tappe già citate, include il percorso che si snoda da Colombo a Kandy, passando per Anuradhapura, la prima capitale dell’antico Ceylon.

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Bravo Dickwella

Foto copertina by Theodosios

1 commento su “Tour in Sri Lanka: viaggio tra arte, sorrisi e piantagioni di tè”

  1. Complimenti! Belissimo. legendo la tua storia, ho pensato che ed e essatamente quello che ho sentito io quando sono venuta qui per la prima volta. Mi sono inamorata di quest’isola e ho deciso di restare. Adesso vivo a kandy e mi piace questa vita serena, non facile, pero serena. Se venite in Sri Lanka e mai avete bisogno di aiuto o dei consigli, io con piacere vi aiuto. Vi lascio qui la mia email ([email protected]). E una isola bella, e anche e me piace tanto il tempio di Dambulla, aggiungerei anche Polonnaruwa, la capitale del Medio Evo che e ilmio sito prefeito qua.
    Un baccio e un abraccio da Sri lanka!

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