Safari in Tanzania: viaggio alla scoperta della savana in jeep

Siamo in Tanzania da qualche giorno e il prossimo obiettivo del nostro viaggio è raggiungere il confine con il Kenya, attraversando il Serengeti per osservare la migrazione degli gnu fino al fiume Mara. Punteremo dritti verso nord, tagliando letteralmente in due il parco, ma abbiamo calcolato che saranno comunque necessari un paio di giorni di jeep.

Appena superato il gate decidiamo di concederci un breve tour dell’area intorno alle pozze d’acqua, dove è più facile osservare gli animali. È una zona del parco ad alta densità di turisti, con diversi punti di ristoro, eppure non trasmette un “effetto zoo”, anzi da subito si percepisce l’ampiezza dello spazio che abbiamo di fronte. Infatti, un’unica pista attraversa il parco e, per quanto le guide conoscano i luoghi in cui è più alta la probabilità di avvistamenti, gli animali sono davvero liberi, i loro movimenti sono imprevedibili e le tane distanti dal tracciato.

Dopo aver ammirato diversi elefanti, gazzelle, felini e altre specie, abbandoniamo soddisfatti la zona del game drive e viriamo a nord. Man mano che proseguiamo, il numero di jeep intorno a noi si riduce notevolmente, finché non ne scorgiamo più nemmeno la scia di polvere all’orizzonte.

Prima del tramonto raggiungiamo il luogo dove trascorreremo la notte. È una radura priva di recinzioni, riconoscibile solo grazie a una costruzione in pietra che funge da servizi e una sorta di gabbia, all’interno della quale potremo cenare senza timore di attacchi.

Mentre montiamo il campo, due elefanti sono intenti a mangiare le foglie di un albero a qualche decina di metri da noi e un gruppo di babbuini ci sorveglia dall’alto di una rupe, pronti a indagare meglio l’interno delle nostre tende appena farà buio (solo un lucchetto li fermerà). Nella notte, siamo svegliati da un rumore attutito di zoccoli e respiri pesanti, capiamo che anche i bufali sono venuti a farci visita.

Il giorno dopo ci aspetta un lungo viaggio e la sveglia suona prima dell’alba. Mi avvio verso la gabbia per preparare la colazione, guidata solo dal riverbero delle stelle sulle rocce. Sono appena entrata quando vedo due fari verde smeraldo che mi puntano. Li fisso per qualche secondo e poi, istintivamente, accendo la torcia frontale giusto il tempo di vedere un manto maculato sparire tra il fogliame con balzo felino. Resto lì, incredula, e quando mi riprendo dall’emozione realizzo che, per una volta, sono io, l’uomo, a essere dietro le sbarre.

Partiamo che il sole è appena apparso all’orizzonte e la luce del primo mattino tinge la savana di un’ocra ancor più intenso. Non sono previste tappe intermedie perché ci attendono decine di km di pista sterrata, ma dopo pochi minuti siamo già fermi. Abbiamo avvistato una leonessa a bordo strada, apparentemente intenta nella sua toeletta mattutina. Mentre la osserviamo, mi sento un’intrusa e mi chiedo quanto la nostra presenza la infastidisca. Improvvisamente si alza a puntare una preda invisibile ai nostri occhi e crediamo di stare per assistere alla caccia. Ma poi riabbassa le orecchie e torna a rilassarsi finché, dopo un po’, si allontana oziosa e noi riprendiamo il nostro cammino.

Per ore non incontriamo nessun’altra auto, siamo completamente immersi nella natura africana. Giraffe, zebre, elefanti, iene scorrono davanti ai nostri occhi che non riescono ad abbracciare la vastità dello spazio circostante. Via via che proseguiamo verso nord, cominciamo a imbatterci in un numero sempre più alto di gnu, finché ci rendiamo conto di trovarci nel mezzo della migrazione stessa. Non è la corsa cieca che si immagina, anzi, alcuni esemplari pascolano tranquilli, altri sembrano guardare attoniti le carcasse di loro simili sbranate dagli avvoltoi che si beccano per contendersele. Eppure, osservandoli nel loro insieme, si percepisce un unico grande movimento in una sola direzione.

Una striscia di vegetazione davanti a noi segnala che ci stiamo approssimando al fiume. Le sponde sono alte e molto fangose, tanto che non possiamo avvicinarci troppo per timore di impantanare la jeep. La riva di fronte è già Kenya ed è lì che centinaia di migliaia di gnu si accalcano in salvo, dopo aver superato il punto più critico della migrazione, l’attraversamento dell’acqua infestata di predatori. Capiamo che da questa parte ne sono rimasti pochi in confronto, giusto qualche centinaio, e non sembrano intenzionati ad affannarsi per raggiungere gli altri.

Dopo qualche ora di vana attesa è tempo di tornare indietro. Sono delusa, tanta strada e nemmeno la foto di uno zoccolo che schizza o di un coccodrillo a fauci aperte. Una volta di più, mi accorgo che qui, nel mezzo di un Serengeti che diventa Masai Mara, è la natura a dettare i tempi e le regole e noi, questa volta, siamo arrivati tardi. Eppure, è tale la bellezza intorno a noi, che l’entusiasmo si riaccende subito e ci sentiamo pronti per la prossima tappa.

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