Carso triestino: cosa visitare lontano dal turismo di massa

Da qualche anno in primavera, ma soprattutto in autunno, mi ritaglio alcuni giorni per ritirarmi sul Carso Triestino. Si tratta di un luogo ancora  vergine per quanto riguarda il turismo di massa e la calata degli stranieri, anche se qualche sparuto inglese, comincia ad affacciarsi alle porte delle osmize.

Il Carso è un mio luogo del cuore, perché presenta un paesaggio aspro, non ancora addomesticato ed educato dalla mano dell’uomo, o meglio, quando è stato addomesticato , è stato a prezzo di enormi fatiche. I contadini hanno strappato metro per metro al bosco, alle pietre ed alla Bora, un terreno duro e sassoso, ma che ha dato vini divini come il Terrano e la Vitovska. E’ una terra sincera, che ha molto sofferto, ma che mantiene una genuinità che raramente si trova altrove.

L’autunno poi, è la stagione in cui dà il meglio di sé per l’esplodere dei colori nei boschi e nelle vigne. Foliage è il termine, un po’ snob, per definire il caleidoscopio di colori autunnali degli alberi caducifoglie e il Carso è uno dei luoghi in Italia dove si può godere a pieno di questo spettacolo, perché qui solo cresce il Sommaco detto anche “Albero della Nebbia” con le sue foglie dai vivi colori che vanno dal giallo paglierino, al rosso, al porpora, al viola, per prendere, infine, sfumature dorate.

Passeggiare nei boschi, tra le vigne, lungo sentieri che costeggiano il mare, tra doline e grotte, in una natura autunnale splendente è un’esperienza rilassante e che ti apre il cuore, molto meglio di svariate sedute di Cromoterapia. Ci sono sentieri di varie difficoltà, ben segnalati; io ne ho percorsi alcuni semplici: il Sentiero Napoleonico, il sentiero Gemina e il sentiero nel bosco Selzer.

Il primo si snoda per 5 km dal centro di Opicina fino a Prosecco ( paese che ha dato i natali al famoso vitigno). Il nome è dovuto al fatto che si dice fu inaugurato dalle truppe napoleoniche; si cammina a bordo del bosco con, in lontananza, la vista del mare, il secondo, invece percorre un’antica via romana che serviva a pastori e ad agricoltori. Attraversa vigne, pascoli e doline  (unisce i paesi di Malchina e Sgonico) così come quello nel bosco Selzer.

Per conoscere a fondo la flora locale si può visitare a Sgonico il parco botanico “Carsiana” che contiene più di 600 specie arboree autoctone.

Il territorio è caratterizzato anche dalla presenza di grotte, la più spettacolare è quella del Gigante, presso Borgo Grotta, aperta tutto l’anno che è un esempio della natura carsica sotterranea, con la sala ipogea più grande d’ Europa. Eh sì, perché il Carso è una terra riservata, la bellezza è anche nascosta, nulla è sfacciato.

Osmize

E poi, per ristorarsi dopo le passeggiate, ci sono le osmize.

Nacquero quando Maria Teresa d’Austria alla fine del 1700, permise ai contadini di vendere i vini e i prodotti delle loro terre e da allora non sono cambiate di molto. Vige ancora l’usanza di appendere una frasca all’insegna per segnalarne l’apertura. Solitamente sono attive dal venerdì alla domenica e nei giorni festivi.

L’osmiza è una tipica corte rurale  dove si può alloggiare e pranzare con i prodotti coltivati, ma non è solo questo, è un luogo dove si trova sempre qualcuno che ti offre un bicchiere di vino, dove puoi comprare uova che ti vanno a prendere dal pollaio, o verdura dall’orto, dove la gente del posto si trova a sera per fare due chiacchiere, dove ti senti accolto.

L’accoglienza è un modo di essere di questa gente che subì trincee e rastrellamenti, foibe ed emigrazione, ma che proprio per questo conosce il senso dell’ospitalità e del calore che infonde un piatto caldo e un bicchiere di rosso.

Nulla a che vedere con gli agriturismi edulcorati, dotati di SPA e piscine, body massage, show cooking ed altre amenità del genere.

Qui si dorme in camere rustiche, arredate con massicci mobili in noce, si riposa in letti dalle lenzuola ricamate, quelle dei corredi delle nonne, con mazzi di fiori freschi di campo nella stanza e, spesso, un gatto che si affaccia alla finestra. Si pranza e si cena con prodotti molto meno che a km 0, su tavoli rustici, come in famiglia la domenica, con più portate e tempi lenti e il bicchiere della staffa prima di salire al piano di sopra, a letto.

Io vado sempre in queste 2: l’Azienda Milic Zagrski a Sagrado di Sgonico e l’Azienda Colja Jozko a Samatorza.

La famiglia Milic gestisce l’azienda e l’osmiza da parecchie generazioni. Sloveni trapiantati in Carso, possiedono vigneti che vanno da Sgonico fino all’Istria e a Grado, pascoli dove gli animali vengono allevati rigorosamente allo stato brado, una grande cantina in pietra carsica e sale di stagionatura  dove si conservano i prosciutti e gli insaccati più buoni che abbia mai assaggiato, perché sono asciugati dalla Bora marina.

La loro cucina propone piatti della tradizione friulana e slovena come il gulasch, la ricotta fresca in salsa di rabarbaro, il prosciutto cotto nel tovagliolo, la mousse di cioccolato profumata alla lavanda, il tutto rigorosamente prodotto in loco. E naturalmente il Terrano e la Vitovska, che mi fanno imbottigliare ed etichettare personalmente ogni volta che ne compro una cassa. L’osteria ha ottime recensioni anche sulla guida Slow Food.

L’altra osmiza è gestita dalla famiglia Colja ed anche qui, in rustiche case di sassi e legno, si può pernottare e gustare gli ottimi salumi, gli gnocchi al ragù di costine, le polpette al forno ed una Malvasia da lacrima di commozione.

Ciò che mi piace di queste osmize è la genuinità e la verità dei prodotti e della situazione. Il pane è un buon pane caldo, fragrante; non è ai 5 cereali, non è gluten free, non è vegan, non è ai semi di chissà cosa. E’ solo buono.

Ed il pollo è pollo vero, ruspante, da cortile.

Dal Carso poi, è un attimo raggiungere svariate località d’interesse, prima di tutto Aquileia. Si trova a un quarto d’ora d’auto e vale veramente la pena visitare la Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta dell’XI secolo. Contiene all’interno un mosaico pavimentale di inizio IV secolo con scene dell’Antico Testamento in stile naturalistico di matrice ellenistica, in cui i vari animali rappresentati hanno funzione simbolica come vigeva nei primi secoli del Cristianesimo: pesci, colombe, cervi, la lotta tra il gallo e la tartaruga, pavoni…

Poco distante sorge anche il Sacrario di Re di Puglia, imponente e silente nel muto “PRESENTE” dei caduti.

Chi avesse voglia di un po’ più di vita mondana può raggiungere Trieste che dista 10 minuti d’auto o la bella cittadina di Capodistria in Slovenia che presenta architetture veneziane, bei monumenti e una piacevole piccola spiaggia di ciottoli in cui è piacevole fermarsi a bere un aperitivo anche in una soleggiata giornata d’autunno.

Bisogna ricordarsi che per usufruire delle autostrade slovene occorre comprare il tagliando del costo di 15 euro in vendita presso tutte le stazioni di servizio.

Chi volesse, invece, dedicarsi ad un percorso più impegnato, non può non visitare le Risiere di San Sabba a Trieste, unico lager italiano dotato di camera a gas. Molto interessante ed emotivamente “pesante”, ma allestito in modo suggestivo, il museo multimediale all’interno della Risiera. Merita anche un passaggio la Foiba di Basovizza, per non dimenticare che l’orrore è sì alle spalle, ma poi per quanto?

L’ultima ragione, ma non la meno importante, per cui amo il Carso è che è una terra di confine, con una sua identità, ma che è anche identità altrui: italiana, slovena, austro-ungarica…Come scrisse Neruda: “ Se io fossi su una nuvola, non vedrei i confini…”

2 commenti su “Carso triestino: cosa visitare lontano dal turismo di massa”

  1. Ciao. Sembra un posto magnifico e l’hai descritto perfettamente. Non sapevo dove andare in vacanza ma probabilmente sceglierò anche io questo posto.

  2. Ciao Ilaria, mi fa piacere che il mio post ti sia piaciuto e ti sia stato utile. Sono a tua disposizione per altri suggerimenti nel caso tu voglia visitarlo. A presto

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