Cos’è AIRC – Intervista alla ricercatrice Antonella Sistigu

Questo sarà un post diverso da quello sui miei soliti viaggi. Non parlerò di terre lontane o paradisi tropicali, ma di un campo per lo più ancora tutto da scoprire: quello della ricerca, in particolare quella sui tumori.

In collaborazione con AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, ho effettuato un piccolo viaggio all’interno del vastissimo mondo della ricerca, non a caso il progetto si chiama #InViaggioconlaRicerca.

Ho intervistato Antonella Sistigu, ricercatrice presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, per capire bene come funziona il metodo di ricerca, quanto sia importante finanziarla ed avere risorse, sia intellettuali che economiche, sempre pronte e disponibili.

Cos’è AIRC

AIRC è un’associazione libera senza fini di lucro, fondata nel 1965 dalla collaborazione tra alcuni ricercatori dell’Istituto dei Tumori di Milano, il Professor Umberto Veronesi, il Professor Giuseppe della Porta e il sostegno di alcuni noti imprenditori milanesi.

I due scopi principali dell’AIRC sono: finanziare la ricerca scientifica sul campo e sensibilizzare ed informare il pubblico su ricerca, conoscenza della malattia e stili di vita per la prevenzione. I fondi vengono elargiti dopo un rigido e severo esame e pensate che, ad oggi, AIRC ha distribuito oltre 1 miliardo di euro per finanziare progetti di ricerca. Progetti che hanno contribuito a prevenire malattie, migliorare le condizioni di vita dei malati ed aumentare la loro speranza si vita.

L’intervista

Prima di tutto, devo ringraziare di cuore due persone, entrambi ugualmente importanti: Claudio Gerace, colui che ha coordinato con Marco Allegri il progetto di questa intervista, e Antonella Sistigu, la nostra ricercatrice che si è prestata alla mia intervista, svoltasi in condizioni quasi tragicomiche, ma che nonostante l’emozione ha saputo toccare molti punti interessanti.

Ciao Antonella! Grazie per essere qui e per la tua disponibilità. Presentati e dicci chi sei e di che cosa ti occupi.

Ciao Luca, grazie a te e scusa per l’emozione. Purtroppo per me è la prima volta ma cercherò di essere il più naturale possibile.

Mi chiamo Antonella Sistigu, sono sarda, nata a Sassari 35 anni fa e dopo gli studi Universitari e l’esperienza in Francia per il mio dottorato di Ricerca, ora lavoro all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma come ricercatrice.

Il mio campo di ricerca sono le cellule staminali tumorali, una nicchia di cellule particolarmente aggressive e resistenti alle terapie antitumorali convenzionali. Infatti, queste cellule sopravvivono alla chemioterapia e, paradossalmente possono essere indotte dalla stessa. Quindi tramite il loro studio, stiamo cercando di caratterizzarne il profilo immunogenico per lo sviluppo di protocolli innovativi di immunoterapia che consentono di sostituire il farmaco chimico, i cui effetti aversi sono ben noti a tutti, con il farmaco biologico o vivente, specifico per le cellule tumorali e quindi con ridotti effetti avversi e capace di proteggere il paziente per l’intero arco della sua vita.

Come si svolge la tua giornata tipo?

Sono sposata ma il tempo per stare con mio marito non è molto perchè lavoriamo entrambi. Da quando arrivo al lavoro al mattino fino la sera tardi, non faccio altro che studiare e lavorare. La mia giornata praticamente è sempre dedicata per intero allo studio, al lavoro e alla ricerca. Sono una Project Manager, dove dovrei avere delle responsabilità più di tipo gestionale, di corrispondenza e di analisi dati, stando al PC tutto il giorno. Invece la mia passione mi porta a “scendere in campo” e vado costantemente a fare esperimenti ed analisi in laboratorio, cercando di confrontarmi con i miei colleghi per portare avanti le ricerche sul campo.

Qual’è stato il tuo successo più grande in campo scientifico o la cosa di cui sei più orgogliosa, fino ad oggi?

Ho iniziato il mio percorso di ricerca all’università nel 2003, e nel corso degli anni, dopo la specializzazione, ho vinto un bando di finanziamento, finanziato da AIRC, che per i prossimi 5 anni mi permetterà di svolgere il mio lavoro. Quello che reputo il mio successo personale, è quello di aver portato in Italia dall’estero, in particolare da Parigi, vari progetti di ricerca che ora svolgiamo anche nella nostra sede di Roma.

Quali sono i tuoi obiettivi a breve e a lungo termine?

Purtroppo non è possibile stabilire un breve o un lungo termine, ma abbiamo due progetti con degli obiettivi ben precisi. Il primo, finanziato da AIRC, studia l’immunogenicità delle cellule tumorali: durante la chemioterapia, le cellule tumorali vengono distrutte, ma c’è una parte piccolissima, circa un 5% che sopravvive e lo fa mutando in cellule tumorali staminali, causando poi le metastasi. Ecco, io studio questa parte di cellule che mutano, sopravvivono e poi rigenerano il tumore.

Nell’altro progetto invece, prendiamo le cellule tumorali staminali dei pazienti sottoposti a chemioterapia, ne ricaviamo il profilo genetico, in modo da ricavarne e capirne successivamente il profilo immunologico. Fatto questo studiamo la cura. In questa maniera e grazie a questi due progetti, stiamo cercando di dare una cura sempre più specifica e personalizzata, a seconda del paziente.

Si dice che in Italia essere un ricercatore, per lo più giovane, sia difficile. Come mai hai scelto proprio di stare in Italia, e non hai scelto di restare all’Estero?

Fare il ricercatore in Italia è difficilissimo, soprattutto quando hai la passione per la ricerca. Sono rientrata in Italia per motivi personali, ma ho potuto toccare con mano la differenza nella ricerca tra l’Italia e l’estero. In Italia ci sono poche risorse destinate alla ricerca e troppa burocrazia. All’estero, ci sono molte più risorse e i tempi per soddisfare le richieste sono drasticamente accorciati.

Per di più, le leggi in Italia cambiano di continuo e non favoriscono gli iter burocratici già complessi per ottenere i finanziamenti e i materiali di cui necessitiamo. Con la burocrazia che non ci favorisce, i tempi si dilungano e le cure si fanno attendere. Inoltre lo Stato, che ritiene di mettere la ricerca ai primi posti, non ci supporta, tagliando spesso i finanziamenti.

Per fortuna AIRC per i prossimi 5 anni ci garantirà un sostegno continuo e sicuro. Questo permette di accorciare di molto i tempi e di studiare cure molto più velocemente. Devo dire però che qui in Italia sono molto più responsabilizzata, rispetto all’estero.

In campo scientifico, hai qualche rammarico o qualcosa che vorresti fare ma che per varie vicissitudini non puoi fare?

Sicuramente mi ritengo una persona più fortunata rispetto ad altri, perchè non capita a tutti di avere un finanziamento e delle opportunità come quelle datami da AIRC. La cosa che più mi dispiace è che, se sotto i 40 anni mi trovo a competere coi giovani ricercatori, sopra i 40 anni dovrò competere con dei veri e propri guru della ricerca, Professori di fama anche mondiale che possono ottenere grossi finanziamenti mentre io purtroppo potrei non averli, il che ostacolerebbe il mio percorso di ricerca.

Visto che stai parlando per un blog di viaggi, ti volevo chiedere quanto ti porta a viaggiare il tuo lavoro.

Lavoriamo con altri istituti di ricerca all’estero, ma per lo più sono scambi di mail o collaborazioni con scambi dati. Per quel che riguarda me, oltre all’esperienza all’estero in Francia, viaggio per partecipare a dei congressi, per lo più in Europa. Ci sono state anche delle possibilità di congressi negli Stati Uniti o in Australia, ma non ne ho preso parte.

Un’ultima domanda: avrai pure dei periodi di vacanza. Come li passi?

Si, anche se non sono molti. Per lo più ho le vacanze in estate ed essendo io sarda, colgo l’occasione per tornare alla mia terra d’origine. Con mio marito passo il tempo in spiaggia e con la mia famiglia, che vedo molto poco durante l’anno.

Chiacchierando a fine intervista Antonella, mi dice che la strada è ancora lunga e difficile, ma i progressi ci sono.

Con il contributo di AIRC e la passione dei nostri giovani ricercatori italiani, la ricerca sta facendo passi in avanti significativi, anche se le difficoltà non mancano.

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