Una giornata ai Pian dei Resinelli (Lecco)

Ci sono posti che fanno parte del tuo patrimonio genetico, che riportano alle mente profumi, colori e sapori, così, quando Decathlon ha chiamato a raccolta per il suo TrekDay al Pian dei Resinelli, non ho potuto dire di no.

Questa località, sopra Lecco, era un posto di villeggiatura molto in voga negli anni 60′ e 70′, tant’è che il boom edilizio è arrivato tra quelle guglie costruendo ( e lasciandosi alle spalle) degli ecomostri, come un palazzone di 5 piani proprio nel bel mezzo delle prealpi.

Io salivo fin quassù da bambina, con genitori, nonni e amici per dei bellissimi pic nic e giochi tra i boschi e i faggeti ammirando il lago molti metri più giù.

Oggi il Pian dei Resinelli offre tante possibilità di passare una bella giornata all’aria aperta (ecomostro a parte): potrete infatti giocare nel Parco Avventura arrampicandovi sugli alberi, oppure scendere nelle viscere della terra visitando le Miniere (veniva estratto argento) o ancora passeggiare nella Faggeta del Parco del Valentino .

Evento Decathlon: cos’abbiamo fatto?

Noi, complice la presentazione del nuovo zaino Forcalz Trek 700, abbiamo potuto godere di qualche ora lontani dal caos cittadino, in un contesto davvero stupendo, nonostante i capricci del meteo.

Alle 9 puntuali un nutrito gruppo di bloggers, trekkers e amanti della montagna, si è incontrato in una poco romantica Sesto San Giovanni, ma per fortuna un’ora dopo eravamo immersi nelle nuvole sopra “quel ramo del lago di Como” invisibile.

Come sempre lo staff Decathlon ci riserva una dolce accoglienza con torte, tea e caffè, poi ci introduce al nuovo mondo di ForClaz, che nasce da Quechua, separando così il trekking puro dall’hiking: nuovi materiali, nuovi prodotti, stessa passione e tecnologia.

Ognuno di noi viene “attrezzato” con zaino e racchette, poi si parte alla volta della Faggeta, le nostre guide millantano un percorso adatto a tutti, semplice e molto scenografico.

Io della gente di montagna mi fido poco…

Si parte: il trekking leggero

La prima parte è in leggera salita, ma si cammina bene, io arranco già, ma con grande eleganza, riesco anche a scambiare qualche parola coi compagni di avventura.

Arrivati ad una prima sosta, si cerca di scorgere qualcosa nel fondo valle, ma purtroppo non c’è nulla da fare, la coltre bianca non lascia spazio, o forse solo all’immaginazione.

Entriamo ufficialmente nel parco del Valentino e la nostra guida lascia la strada acciottolata per inerpicarsi su un versante erboso…. infinitamente in salita!

Il mio cuore perde un battito, ma sono in missione e non possono mollare adesso, così mi concentro e inizio la salita, chi mi conosce sa che amo camminare, ma in pianura accidenti.

Un passo alla volta, un respiro (affannoso) dopo l’altro, una pausa “per fare foto” e arrivo in cima anch’io, e non solo l’ultima, questo si che è un successo.

Pausa in compagnia del nostro zaino Trek700

Una volta arrivati in cima e dopo aver riacquistato una respirazione normale passiamo all’esplorazione dello zaino oggetto di questa giornata.

I ragazzi che ci accompagnano ci spiegano i segreti del Trek700: aprono tasche, regolano gli spallacci, sistemano tiranti e quant’altro.

Ho imparato molto, nonostante io ami viaggiare con lo zaino, infatti ci sono delle regolazioni che facevo un po’ a caso, ma grazie a loro tutto ha molto più senso.

La cosa che più mi ha colpito di quanto spiegato è la colorazione del tessuto utilizzato, sapere perché i colori scelti sono così “semplici”?

Perché sono tinti in filo (viene in pratica colorato il filo singolo e non il prodotto finito) utilizzando meno acqua di quella necessaria per l’utilizzo di colori diversi dall’azzurro (versione femminile), dal verde oliva (versione maschile) e dal grigio (interni e accessori).

Un’altra caratteristica che trovo utile in viaggio è l’apertura a borsone, quindi non devi tuffarti a capofitto nel ventre dello zaino, ma lo puoi aprire davanti, come una comune valigia, inoltre il Trek700 è dotato di tre cinghie per fissare meglio il contenuto, alleggerendo la pressione sulle cerniere esterne.

Trovo che questo dettaglio per il viaggiatore sia il top, così come l’alloggiamento per la borraccia (ci sta comoda anche una bottiglietta di plastica) a lato della cintura lombare, si inserisce e si sfila in un attimo.

Riprendiamo il cammino

Più consapevoli di quello che portiamo in spalla, sotto una pioggerella sottile, riprendiamo il cammino, questa volta in piano, lungo il crinale che ci separa dalla prossima terrazza naturale sul lago.

La nebbia, che si insinua tra gli alberi è magica, starei a ore ad osservarla, ma bisogna muoversi, abbiamo ancora qualche km da percorre.

Affrontiamo una nuova salita, nulla a che vedere con la prima per fortuna e inoltre il sole pare fare capolino tra le nuvole, quindi allunghiamo il passo e raggiungiamo la vetta del monte Coltignone, dove ci aspetta il “libro di vetta”, emozione pura raggiungere un punto così! Almeno per me che non lo faccio pratica mai!

Qui con il sole ormai alto e i laghi ai nostri piedi, ci fermiamo per un frugale pranzo al sacco, incantevole il contesto.

Foto di rito e tanto stupore, soprattutto per coloro che non conosco questi posti, sarebbe stato un peccato arrivare fin lassù per non vedere nulla.

E poi si scende

Il nostro percorso “ad anello” ormai volge al termine, quindi scendiamo lentamente per un lungo tratto, il fango non aiuta la stabilità di noi scalatori in erba, io mi aiuto con le racchette (anch’esse in dotazione), sono davvero una salvezza.

Lo spettacolo si ripete, infatti facciamo un’altra sosta a circa metà strada, senza nuvole e con una luce incredibile il Lario pare una lastra di ossidiana, davvero incredibile.

Poi, come succede in montagna, rapidamente le nuvole chiudono il sipario e riprendere a piovigginare, questo è il segno, bisogna rientrare.

Il sentiero torna ad essere una mulattiera e il fango lascia il posto ai ciottoli, la civiltà ci si fa incontro…

Arrivati al rifugio, abbiamo il tempo per bere un po’, mangiare qualche dolcino e riprendere i pulmini che ci portano, nuovamente sotto al sole, in quel di Sesto San Giovanni.

Mi è piaciuta davvero tanto questa esperienza, anche se per me è stata una bella fatica, ma la montagna è bellezza e fatica insieme, inoltre bisogna arrivare preparati, non si può improvvisare, perché ci vuole nulla per farsi del male.

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