Le pampas del Rio Yacuma in Bolivia

Guidare con gomme completamente lisce su una strada di fango non è il massimo – a Santa Rosa del Yacuma in Bolivia piove poco – ci avevano detto partendo da Rurrenabaque1, ma tra una spinta a piedi nudi nel fango e un’imprecazione con cadenza locale arriviamo all’imbarcadero per il Caracoles2, il nostro lodge.

Non facciamo in tempo a salire in barca che gli sbuffi ci colgono di sorpresa – uno, dos, tres, sbuff – conta ridendo Norman, la nostra guida – uno, dos ,tres, sbuff…

Il lodge sta su un terreno appena rialzato coperto da palme e circondato da una distesa di canne e cespugli, c’è anche un cancello e un viottolo che si perde nell’acqua del canneto, siamo nel Pantanal boliviano.

Bassa stagione, undici tartarughe allineate su un tronco in acqua, tre donne indaffarate in cucina, due gringos in arrivo, io e Gigi, compagno di lavoro e di viaggi americani, un barbagianni addormentato in alto su una palma.

Giro in barca tra i meandri alberati del rio Yacuma, uccelli similpiccione con sguardo ebete, un’anatra fuori posto su un ramo, pioviggina, un martin pescatore beccato con il pesce in bocca, un falco dal cipiglio altero, un airone dal pormento distinto, ogni tanto ci sono spiazzi erbosi dove sostano le mucche e i cavalli di qualche hacienda, pappagalli verdi sempre in coppia, hoatzin caciaroni, ibis dal becco ricurvo, airone azzurro, ragazzi non ne posso più, un mare di uccelli diversi ogni volta che si va in giro in barca! aninga, tucano, oche dell’Orinoco, avvoltoi, marabù….3

Il motore borbotta tranquillo, ogni tanto Norman per rilassarsi prende un paio di curve a tutta ma quando lo spegne il silenzio è improvviso, è tutto un altro mondo, una scimmia scoiattolo tra le frasche della riva ci guarda sorpresa mentre scivoliamo sull’acqua, una famiglia di scimmie urlatrici si muove in alto su un albero – sono una specie diversa da quelle del Madidi – ci spiega Norman – sono marroni e non rosse – uno, dos, tres, sbuff! Eccoli attorno alla barca nello slargo prima del lodge – se volete domani facciamo il bagno coi delfini – certo che vogliamo.

Non preoccupatevi, dove ci sono i bufeos (delfini rosa4), non ci sono i caimani, li cacciano via – se lo dice Norman… I bufeos  giocano attorno alla barca, qualcuno fila via a pelo d’acqua, una coppia si insegue giocosa, ogni tanto si fermano col muso allungato fuor d’acqua – guardate ce n’è uno piccolino – un attimo di titubanza e splaf, l’acqua è calda e rossastra, non si vede il fondo e forse è meglio così perché è una fanghiglia schifida, noi annaspiamo nell’acqua torbida, i delfini volteggiano attorno curiosi, ombre rosa che compaiono dal nulla e spariscono in un attimo.

È un’esperienza divertente, anche emozionante – mi ha toccato! – un caimano? – ride Norman, ridi ridi ma io torno in barca – sono stanco…  Sul prato dell’altra riva c’è un capibara; Gigi fa il coraggioso e scende per riprenderlo da vicino, trenta metri più avanti – e quello cos’è? – un caimano di un paio di metri ci punta e s’immerge con una scodata sotto la barca – ma non c’erano i delfini!?

A sera gambe piene di punture, col buio coro assordante di migliaia di rane più le due del nostro bagno, frinire acuto di chissà quali insetti, versi strani di uccelli, ma niente ci impedisce di precipitare nel sonno.

Alba, silenzio, tra i cespugli una silhouette nera su un cespuglio contro il cielo dorato, questo ormai lo conosco è un limpkin, poi la luce radente del sole e una risata argentina dalla cucina – el oso cayò! – o qualcosa di simile, in realtà sono due i tamandua (oso hormiguero in spagnolo) caduti dalle palme, saranno abituati o saranno innamorati perché continuano a inseguirsi e a giocare come se niente fosse.

Oggi si va nella pampa, in barca ovviamente, è tutta inondata, prima però bisogna prendere il pesce che è saltato in barca nella notte e che si agita nell’acqua sul fondo, non è un piranha ma – attenti ai denti! – ci dice Norman, queldel pesce.

Luce splendida del mattino, cappelli di paglia in testa, i soliti uccelli che becchettano sul prato del capibara, niente caimani, una garzetta bianca danza sull’acqua nera, borbottando piano piano ci inoltriamo in una pianura di acqua e canne, silhouette di palme lontane.

Ci fermiamo e saliamo su un basso terrapieno, una specie di largo sentiero, è la strada per un paesino disperso da qualche parte nella pampa ci dice Norman– caimani? – è pieno, quando l’acqua si ritira ne vedi a decine fermi a prendere il sole – un capibara col piccolino in mezzo al sentiero.

Ci avviciniamo per una foto, spaventati scappano dal terrapieno, è un attimo, trapestio, canne che sbattono, acqua che si agita – un caimano! cos’ha in bocca? – il piccolino! – silenzio, colpa nostra, è la natura, rimorso.

Su uno dei rari alberi una palla di fango con un buco – è il nido dell’hornero (uccello fornaio) – aironi bianchi di guardia in cima ai cespugli, passaggio in equilibrio instabile sulle travi barcollanti di un ponte, due jabirù, una specie di cicogna dal collo rosso, impettiti nell’acqua bassa, fa caldo, una laguna blu come il cielo, chiacchiericcio d’uccelli, cormorani su un albero come fiamme nere di un candelabro, fine della camminata, ponte di legno crollato – con l’acqua alta spesso cedono, ogni tanto li riparano – commenta Norman.

Che giro sarebbe senza un serpente? Un’anaconda? No, una vipera scura, stava nell’erba sul ciglio del sentiero, ci siamo passati a un metro, l’ha vista Norman, foto con circospezione, scivola tra le canne, niente caimano questa volta.

Al lodge in cucina Norman spiega alle tre cuoche dov’era la vibora muy venenosa, due gringos aspettano il pranzo, undici tartarughe sul tronco a prendere il sole, il barbagianni sulla palma non si vede più, un altro giorno nelle pampas del Yacuma.

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