Viaggio in Tanzania fai da te: quando, come e costi

L’espressione un po’ abusata Hakuna Matata di Disneyana memoria vuol dire “non ci sono problemi” in lingua Swahili ed è il tormentone dell’Africa orientale.

Jambo Bwana (salve signore) è la canzone iconica di queste terre e racchiude l’essenza di queste popolazioni fatta di ospitalità, allegria e ottimismo. E’ quasi un inno nazionale racchiudendo inoltre espressioni tipiche tipo Jambo (ciao) usate comunemente nella vita quotidiana.

Nella scelta della Tanzania il concetto di Hakuna Matata è stato uno dei principali ispiratori.

Chiaramente l’africa non è un paese sempre facile da visitare, specie con bambini e allora la scelta è ricaduta sulla Tanzania per via delle condizioni relativamente stabili, paragonabili a un Sud Africa o una Namibia, dei prezzi più abbordabili di un Botswana e per l’abbondanza di animali.

Il periodo migliore

Il periodo migliore è la stagione secca durante l’estate da Giugno a Ottobre ma anche Dicembre e Gennaio sono altrettanto buone (noi siamo stati in dicembre), da evitare marzo, aprile e maggio per via delle forti piogge.

Costi del viaggio

Il viaggio è generalmente costoso, la media per 4 si aggira sui 1000/1200 al giorno tutto compreso in sistemazioni medie ma anche scegliendo il campeggio pubblico non si risparmia tantissimo.

Da soli o accompagnati?

Direi che in questo caso la scelta è quasi obbligatoria: con guida. Alcuni parchi sarebbero anche percorribili da soli come il Lake Manyara National Park e il  Tarangire ma il Ngoro Ngoro e soprattutto il Serengeti assolutamente no.

In questo caso le segnalazioni sono inesistenti come i distributori di benzina e l’orientamento è veramente difficile.

Inoltre ci sono due aspetti da considerare: il primo è che le guide sono sempre in contatto tra di loro e quindi si segnalano la posizione degli animali, il secondo è che il piacere del safari è stare in osservazione, spesso in piedi nella jeep con tetto apribile e dovendo guidare è molto più complicato.

L’importante è trovare una guida flessibile con cui pianificare eventuali cambi di programma o deviazioni.

Si arriva all’aeroporto di Kilimanjaro e in un attimo ci si immerge nell’atmosfera africana fatta di savana, di colori e di spazi. Tappa obbligata Arusha, l’unico centro di una certa dimensione della zona dove ci si prepara per il safari.

Prima tappa: Lago Manyara

Il Lake Manyara National Park è un parco di dimensioni relativamente ridotte che si riesce a visitare in una mezza giornata. Direi che forse è quello con maggior varietà di animali e come particolarità ha quella di estendersi lungo le rive del lago omonimo.

Paesaggio particolarmente suggestivo e variegato, canneti e ampie radure si alternano a zone più boscose, il tutto circondato da monti.

Si inizia imbattendosi in simpatici scimpanzé per proseguire con incontri inaspettati; prima un gruppo di elefanti, poi le giraffe, poi ancora zebre, emu, bufali e facoceri a perdita d’occhio. Vicino alle rive del lago poi oltre a centinaia di uccelli ecco gli ippopotami e in lontananza chiazze rosa di fenicotteri. Tornando nella zona boscosa ci imbattiamo nel curioso leone arboricolo una strana razza che ama appisolarsi sui rami degli alberi.

Seconda tappa: Ngoro Ngoro

Direi che la vista dall’alto del cratere merita da solo il viaggio. Dopo l’ingresso si comincia a salire sulle pendici montuose del vulcano e dopo alcuni tornanti si apre una visione paradisiaca.

Dalla sommità si schiude questo mondo fiabesco e misterioso. E’ come se nella caldera perfettamente circolare si sia ricreato un mondo parallelo e autosufficiente. Si vedono sterminate macchie di verde, laghetti, branchi di animali che pascolano tranquilli, fiumi, in una sorta di Eden terrestre e primordiale. Si ha la sensazione di entrare in un mondo altro come quello delle meraviglie di Alice o nel magico mondo di Narnia.

Il tempo qui sembra essersi fermato e quella zebra, quella gazzella che si vedono in lontananza sembrano atemporali potrebbero essere qui oggi come da milioni di anni.

Ci allontaniamo a fatica da questa visione e dopo una discesa vertiginosa, entriamo finalmente in questo “nuovo” mondo. Anche dall’interno si ha una sensazione di pace e armonia e si viene abbagliati dal contrasto del verde acceso dei prati e dell’azzurro intenso del cielo.

I monti tutt’intorno danno l’idea di un confine tra civilizzazione e natura, tra reale e fantastico. Non ci sono giraffe perché gli alberi sono pochi, in compenso c’è abbondanza di zebre, emu, facoceri, gazzelle, tanti ippopotami e qualche leone. Se si è fortunati si possono vedere anche gli ultimi rinoceronti neri.

Terza tappa Serengeti

Lasciato il parco di Ngoro Ngoro l’asfalto diventa un lontano ricordo. Ora le strade sono tutte di terra spesso corrugata e piena di buche.

Ci avviciniamo al Serengeti che significa “terra senza confini” in Swahili e ne capiamo subito il motivo. Da qui in poi si apre la savana sconfinata, chilometri e chilometri di pianura con solo qualche sparuto alberello all’orizzonte come punto di riferimento.

Questo è il regno dei felini e delle grandi migrazioni.

Spesso le strade non sono più neanche tracciate e ci si avventura su percorsi vergini alla stregua degli animali che ci circondano. Qui finalmente le altre sparute jeep non risultano più fastidiose ma anzi a volte rassicuranti. In inverno capitano infatti anche improvvisi acquazzoni molto forti che trasformano i tracciati in veri fiumi e trovarsi completamente da soli può essere veramente pericoloso.

Da non perdere assolutamente è almeno un pernottamento in un campo tendato in cui si può apprezzare in pieno il contatto con la natura.

In questo periodo le migrazioni si trovano più a sud (vicino al lago Ndutu) e devo dire che sono effettivamente impressionanti. Migliaia di emu e zebre si muovono spesso in fila indiana creando infiniti serpentoni che si muovono verso una meta sconosciuta ma apparentemente chiara. Le zebre, che probabilmente si sentono (o lo sono) più intelligenti,  si mettono in testa e gli emu seguono.

Dove ci sono cosi tante prede non possono mancare i predatori e quindi è facile incontrare gruppi di leoni e leonesse sonnecchianti che si possono ammirare veramente da vicino. Più difficile ed ancora più emozionante è scovare i giaguari (ma con una buona guida si è quasi sicuri di trovarli).

Ritornando verso Ngoro Ngoro ci si può fermare in uno dei villaggi sulla strada per godersi una Masai experience. La visita è forse un po troppo turistica ma almeno si può avere un’idea di come funziona ancora oggi un villaggio Masai.

Più interessante è fermarsi in quelli non proprio sulla strada principale, ancora totalmente autentici ma stando attenti a non avere un atteggiamento invadente.

Troppo spesso ci si dimentica il rispetto delle popolazioni e si fotografa una abitazione o una persona come fosse un leone o un baobab.

Quarta tappa: Tarangire

Ultima tappa Tarangire National Park. Parco tutto sommato facile e percorribile in mezza giornata. Questo è invece il regno degli elefanti e dei baobab. Il paesaggio è dominato dal fiume Tarangire e da distese di alberi centenari di una bellezza sorprendente. I pachidermi sono abbondanti e si aggirano in grandi gruppi. Non è quindi difficile incontrare famiglie con cuccioli ed ammirare da vicino la loro vita quotidiana fatta di combattimenti, giochi e “vita sociale”.

In conclusione

In conclusione direi che quattro giorni pieni di safari con 5 notti sono il giusto periodo di tempo per apprezzare in pieno i diversi scenari, vedere tutti gli animali principali e non iniziare ad annoiarsi.

I tracciati non asfaltati sono comunque impegnativi per la quantità di buche e lo stare ore e ore in piedi nella jeep (oltre alla polvere) rendono comunque il viaggio piuttosto impegnativo.

L’unico neo è la presenza in alcuni punti di troppe jeep anche se pensavo peggio…

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