Roma in 4 giorni: diario di viaggio 2 parte

È Domenica. Una fresca mattinata attende il nostro risveglio mentre siamo ancora avvolti da quella sensazione di sentirci come se fossimo in un altro mondo.

Roma, con le sue modernità situate proprio accanto a tutto il suo passato, è un continuo spostarsi nel tempo. Ad ogni passo si entra in un’epoca diversa e, artisticamente, è ciò che la rende unica.

Non credo di aver ancora mai visto un centro storico di una metropoli bello come questo che ammiro ancora una volta dal balcone del nostro appartamento.

Come si saranno svegliati invece i Romani, che ogni giorno non hanno il tempo per perdersi tra gli abbracci della tenera Roma, ma devono affrontarne la sua rude quotidianità? Una abbondante colazione in un bar, può essere la risposta al volersi guardare un po’ attorno per farsi domande.

Non ci rechiamo a quello dell’amico del nostro padrone di casa, troppo piccolo per riempirsi di gente con cui parlare, ma cerchiamo un locale più grande in centro.

Dopo aver attraversato poche strade già affollate d’auto, pedoni e aver sentito improperi a scooteristi che si infilano zigzagando in ogni spazio libero, troviamo un grande bar che fa al caso nostro.

Città del Vaticano

Proprio di fronte alle mura di Città del Vaticano, la nostra prima tappa della giornata. L’appuntamento con la guida è nel primo pomeriggio e noi abbiamo tutto il tempo per entrare ancora una volta tra le persone di questo pezzo di cielo.

Una volta scelta e ordinata la colazione, mentre pensiamo a come riempire il buco fino alla S.Messa delle undici, comincio il mio gioco di sguardi. La multiculturalità della città mi colpisce fin da subito. Gestore a parte, tutti i camerieri sono stranieri. L’ordine lo ha preso una ragazza cinese ma che parla un italiano corretto perché è in Italia per studiare, le bevande ci vengono servite da un ragazzo sudamericano che parla addirittura con l’accento locale. Purtroppo il cibo tarda ad arrivare e temiamo che, essendo una delle tante domeniche di bar affollati dai turisti di una Roma già brulicante di suo, i camerieri se lo siano dimenticato tra la moltitudine di ordini a cui devono far fronte.

Chiamiamo quindi al primo servitore che ci passa di fianco, una giovane donna balcanica che, manco a farlo apposta, in perfetto dialetto romano si scusa per l’inconveniente e ci promette di verificare a che punto sia il nostro ordine. Purtroppo, osservando meglio la gente che ci passa intorno, non scorgo alcun sorriso, alcun segno, cioè, di quella piccola apertura all’incontro con l’altro. Rimando ad altro luogo la mia intenzione di fare domande. Estasiati comunque dal melting pot di umanità che abbiamo incontrato qui, decidiamo di prendere questo locale come abitudine mattiniera per iniziare la giornata. Poco dopo arriva anche il vitto e finiamo il nostro desinare iniziando finalmente un nuovo mini giro per la capitale.

Tra un morso e un sorso della colazione, abbiamo deciso di concederci tutta la mattinata a visitare uno dei quattro grandi giardini di Roma.

Sontuosa dimora dell’omonima famiglia principesca e papale che ebbe una grande influenza sulla storia di Roma e di Siena. Il suo immenso spazio verde e stracolmo di opere d’arte, tra quelle che si possono trovare a cielo aperto camminando per le vie del giardino e quelle che si trovano al museo omonimo all’interno del parco stesso.

Dal 1903 è proprietà del comune e quindi visitabile. Non è possibile andare a Roma senza respirare l’aria che uno dei suoi polmoni emette. E’ giunto il momento di constatare la funzionalità dei servizi di trasporto che vengono offerti alle persone che vivono o passano dalla città.

Prendiamo la metro A alla fermata OTTAVIANO. Nonostante non sia orario di punta, questa Roma sotterranea è già un formicolare di persone di ogni razza ed estrazione sociale. Ma non sono né il luogo e né il momento adatti per interagire con qualcuno. Tutto e tutti passano di fretta proprio come i mezzi di queste rotaie che portano ad ogni estremo del centro.

Un grosso cartellone annuncia la nuova apertura di una terza linea, la C, che collegherà Roma alle periferie. Mi stupisco del fatto che in una metropoli così grande ci siano state per tanto tempo solo due linee metropolitane e che addirittura siano dedicate esclusivamente a chi deve viaggiare per il centro. Certo che si tratti di una facilitazione per chi necessità di evitare l’enorme traffico del cuore di Roma, mi domando però cosa ne sia stato di chi, abitando nelle periferie più prossime, fino a poco tempo fa, poteva disporre solo di autobus per raggiungerlo. Ma adesso anche le estremità di Roma sono collegate al suo cuore pulsante e chissà che tipi di persone porteranno.

Per ora la maggior parte dei visi che incontro sono quelli dei turisti ma mi domando cosa succederà quando anche i Romani che lavorano dovranno servirsi di questo mezzo. Del resto siamo in un grandissimo agglomerato urbano con quasi tre milioni di abitanti e sarà facile che capiti di dover attendere la corsa successiva sperando che non sia stracolma.

Scendiamo a BARBERINI-FONTANA TREVI e prendiamo le scale che indicano l’uscita verso Villa Borghese. C’è un autobus che dovrebbe coprire i due chilometri di strada che ci separano dalla destinazione, ma decidiamo di farli a piedi. Non c’è alcun orario sul cartello segnaletico di quel mezzo pubblico e non vorrei dovessimo aspettarlo troppo a lungo.

L’arrivo ai giardini della villa ripaga della camminata. L’immenso parco ha ben nove ingressi e il nostro è in prossimità di Porta Pinciana. Ci fermiamo molto prima però, ad un parcheggio dove è adibito un tendone che noleggia kart. Dato che abbiamo solo la mattina per vedere quel luogo, ci sembra utile utilizzare quel mezzo elettrico per esplorarlo.

Sembra che molti turisti abbiano avuto la stessa idea e dobbiamo aspettare mezz’ora prima di poter averne uno a disposizione. Mi balena l’idea che forse è il servizio a non essere all’altezza del gran numero di visitatori dato che sembra che la flotta di kart sia composta da non più di cinque mezzi. La cifra per due ore d’uso che paghiamo è inferiore a quella che ricordo di aver sborsato in altre occasioni e in altri luoghi d’Italia ma presto mi accorgo che ha un suo lato negativo.

La manutenzione del kart che affittiamo lascia molto a desiderare. Oltre ad un sedile reso scomodo dall’imbottitura che esce dai tagli che ha la finta pelle che lo ricopre, esso presenta particolarità molto che mi lasciano più perplesso. Con frecce direzionali rotte e il freno che sembra volerci indicare che mai sopporterà nostre frenate troppo lunghe, dovrei rifiutarmi di usare quel mezzo pericoloso tra la gente che sicuramente avrà scelto di vivere a piedi i colori della naturalità di Roma. Ma qualcosa in me è ormai penetrato, qualcosa che è più forte di quel continuo lamentarsi e che forse è dentro anche ai cittadini stessi di questa città.

Mi ricordo della signora anziana e del suo gatto. Mi viene in mente il suo discorso su Roma che ti lascia vivere se tu la lasci esistere e, sorridendo a questo buffo e malconcio mezzo di trasporto, mi rincuoro che almeno non sia inquinante e scambio una battuta con il suo noleggiatore adducendo all’obbligo di una mia necessaria maggiore prudenza nel guidarlo. Il suo sorriso è per me il miglior regalo di quell’inizio di mattina. In fondo non ci sono ancora salito e non è detto che si riveli così pericoloso. Ci sono cose più grandi da sistemare nella vita di Roma. Questo è il succo dell’incontro con chi vive affittando kart per Villa Borghese.

Passiamo così tutto il tempo tra le bellezze del giardino. E sono tante. Dalle rifiniture artistiche dei suoi edifici storici, alla varietà di natura dei vari spazi verdi chiamati recinti, ai suoi giardini veri e propri pieni di flora e fauna, alle sue refrigeranti e decorative fontane, fino ad arrivare ai suoi monumenti e ai suoi musei stracolmi di cultura. Impressionante è la veduta di Roma dalla terrazza del Pincio. Ci fermiamo in estasi davanti allo spettacolo del formicaio di vita sotto di noi che scorre tra gli edifici antichi come un fiume tra le rive del suo letto.

Passa in fretta il tempo se lo si vive intensamente ma non conta il numero dei minuti, ma quello che ci occupa tra l’uno e l’altro. I Giardini di Villa Borghese ci hanno dato aria nuova e la voglia di fermarci ancora più a lungo ad esplorare Roma e i suoi contorni.

Torniamo alla metropolitana e a Piazza S.Pietro per la Santa Messa domenicale. Non cogliere l’occasione di poter vedere almeno una volta il Papa affacciarsi dall’edifico in Vaticano dal quale dice messa, sarebbe come ordinare coda alla vaccinara e non fare scarpetta con il pane. Uno spreco di qualcosa che è comunque parte della Romanità.

Arriviamo che la piazza non è ancora gremita, ma già ci sono transenne, polizia, metal detector e passaggi obbligati per giungere all’ombra dei colonnati. Mentre il sole scotta, numerosi indiani cominciano la loro routine di offrire acqua ai turisti con il loro inglese dall’accento insolito. Mi guardo intorno, cercando abitanti locali ma fatico davvero a trovarne. Forse ormai abituati a quella presenza nei loro giorni festivi, la reputano più una attrazione turistica che una occasione per ascoltare parabole e omelie. Probabilmente contribuisce anche il caldo asfissiante di questa Domenica a tenere rinchiusi nelle loro case, e davanti ad un televisore, quei Romani che vogliono seguire la messa.

Ne approfittiamo per fare una foto con due guardie svizzere che piantonano uno degli ingressi di Città del Vaticano. Sembrano socievoli e hanno voglia di parlare di questa loro istituzione che sembra più una casta. Difatti ci viene spiegato che per diventare guardie papali bisogna avere alcune caratteristiche come, ad esempio, quella di provenire dalla parte tedesca della Svizzera, avere un’altezza non inferiore ai 174 cm e essere celibe.

Nonostante la storia dimostri il contrario, ho sempre immaginato la figura pontificia come apportatrice di pace e serenità e mi domando il perché della necessità di una guardia armata. Non mi viene in mente nessun uomo di potere che non ne abbia mai avuto bisogno a causa della violenza umana e mi rendo conto che su questo punto, la nostra coscienza, ha ancora molto da lavorare. Ricordo solo una persona che rifiutò di avere uomini armati al suo fianco e volle stare sempre a stretto contatto con ogni persona di qualsiasi età, rango o estrazione sociale. Lo voleva seriamente perché sentiva di appartenere a queste persone e voleva servirle, non comandarle. E’ lo stesso nome che mi era sovvenuto il giorno prima davanti ad uno degli edifici del governo Italiano quando riflettei sul potere politico. Morì assassinato anche lui nonostante tutti lo chiamassero mahatma, grande anima.

Com’è possibile per l’uomo reagire con violenza anche contro chi pratica la non violenza? Forse i Papi del passato hanno dato il cattivo esempio, ma è ormai tanto tempo che lo stato Pontificio è scomparso e con esso anche la sua voglia di potere e di rappresaglia contro gli infedeli o chi presunto tale. Eppure, come mi ricorda una delle due guardie, il 3 maggio del 1981, ci fu l’attentato a Papa Giovanni Paolo del quale ancora non tutto è chiarito, sintomo di intrighi, sospetti e vendette. Fu da quel giorno che alla guardia svizzera vennero ridati nuovamente ampi poteri per la difesa del vaticano. Che si sia Papi, soldati, politici, semplici cittadini o ladri, alla fine siamo e rimaniamo esseri umani. Con i nostri pregi e i nostri difetti. Ma la mia domanda è se mai potremo divenire migliori nei nostri difetti.

Torniamo sotto ai colonnati proprio quando le sparute presenze diventano moltitudine e poi folla. Senza che me accorga, la piazza si riempie di persone da ogni angolo del mondo, ognuna raggruppata sotto la bandiera del suo paese d’origine. Fatico davvero molto a cercare una persona che parli romano e desisto dopo circa una decina di minuti di ricerche. Anche perché di lì a poco, da una finestra lontanissima da dove siamo noi, il Papa si affaccia parlando al microfono salutando tutti i presenti. Se non fosse per due maxi schermi posti nella piazza stessa che lo rendono visibile ai miei occhi, non avrei davvero potuto dire di aver visto sua Santità.
Torniamo in appartamento per pranzare con ancora in testa parole di ritorno alla più profonda spiritualità nelle tradizioni di Roma per una sua rinascita morale. Come sempre le sue parole cercano di spronare gli animi verso un miglioramento delle condizioni della vita di ognuno e mi sembra che Roma, di questo incoraggiamento, ne abbia proprio bisogno.

Musei Vaticani

Giunge anche il momento di usare quei biglietti che avevo comprato la sera prima e che ci portano dentro questa religiosità tanto invocata dal Santissimo Padre. La fila per entrare ai musei del vaticano è interminabile. Quelli che hanno scelto i biglietti a buon mercato dei venditori ambulanti stranieri e senza guida, sembrano essere in maggioranza, rispetto a quelli che hanno prenotato, come noi, un molto più costoso tour guidato presso una agenzia ufficiale.

La nostra fila è solo di qualche centinaio di metri, mentre quell’altra raggiunge, e forse supera, il chilometro. Tutta quella gente in fila credo che provi lo stesso timore che io sento per loro. Cioè che in tanti non entreranno fino a pomeriggio inoltrato. Qualcuno prova ad infilarsi nella fila più corta, ma viene subito ripreso da uomini in divisa che sembrano essere stati messi lì apposta per evitare furberie. Purtroppo constato che, coloro i quali si rendono responsabili di questo atteggiamento, sono tutti turisti stranieri e me ne dispiace.

E’ impossibile per i Romani dare il buon esempio, se poi il turista è il primo che non lo segue. Un altro episodio attira l’attenzione di molti, soprattutto della nostra guida che, in fila con noi, aspetta di poterci parlare della storia a cui si è preparato. Due turiste sudamericane, finita la loro bottiglietta d’acqua, la infilano in uno dei tanti buchi che stanno tra le mura di Città del Vaticano. Rimango allibito, soprattutto perché a pochi passi si trova un cestino di rifiuti, certo non di raccolta differenziata e purtroppo stracolmo, ma per me riporre un rifiuto in un apposito contenitore è comunque un segno di rispetto verso una città. Della stessa sensazione pare essere la nostra guida che richiama a gran voce le due ragazze e indica loro il cestino poco distante. L’occasione per parlare con lui della questione rifiuti di Roma mi viene offerta anche, e soprattutto, dal suo pensiero.

Se tutti i Romani fossero i primi a dare un esempio di civiltà, lui è sicuro che nessun turista si sentirebbe declinato dall’esserlo. Questione opposta alla mia mia ma che mi fa intuire quanto la problematica coinvolga Romani e turisti in egual misura.

Mentre aspettiamo di entrare, affronto con lui urgenze come la presenza di inquinamento dell’aria a causa degli inceneritori, le sanzioni da parte governo di Bruxelles inflitte allo stato italiano sulla cattiva gestione della raccolta indifferenziata per la presenza di discariche a cielo aperto, la necessità di creare un sistema di beni di consumo con pochissimo imballaggio per ridurre la quantità di rifiuti, fino ad arrivare alle controverse problematiche dovute alla gestione della società della raccolta dei rifiuti. Eventi complessi che ormai, per i Romani, sono come l’affrontare il traffico delle vie del centro. Pratica quotidiana e di furberie continue per sopravviverci dentro.

Dopo circa quaranta minuti di attesa e di discorsi, finalmente entriamo ai musei Vaticani. Non si possono scattare foto al suo interno ma la visita vale davvero la pena di essere fatta con una guida. Le opere d’arte custodite spaziano dalle epoche antiche a quella contemporanea e forniscono una delle più grandi raccolte del mondo.

Passiamo da una stanza all’altra sempre più rapiti dalle meraviglie di sculture e quadri mentre la guida ci spiega ogni cosa. Capire ogni particolare, ogni vicissitudine di ciò che si va a vedere dentro a quelle mura, è determinante per rendersi ancora più conto della vita pontificia che è passata lungo il Tevere e anche molto più lontano.

Usciamo che è quasi sera, dopo quattro ore che ci hanno portato sin dentro alla Cappella Sistina per uscire dalla Basilica di S.Pietro. Due monumenti colmi di arte pittorica e scultorea che solo una umanità senza più valori potrebbe pensare di perdere. Il solo poter essere al cospetto della perfezione dei tratti della Pietà scolpita da Michelangelo ripaga della stanchezza delle gambe. Sia materialmente che intellettualmente. La Cappella Sistina, salvata grazie all’intervento di magnati Giapponesi che però hanno imposto il copyright su ogni immagine di quel luogo, è piccola ma carica di valore artistico da lasciare a bocca aperta.

Passione Romana

I nostri stomaci languono e ci sembra di prendere due piccioni con una fava il fermarci in un ristorante tipico e stare a contatto ancora un po’ con i Romani.

Evitiamo quelli spiccatamente turistici dai nomi sgargianti e dai cibi preconfezionati cercandone uno con cibi locali. Giriamo un po’ per le vie della zona finché è un locale che ci viene incontro. Letteralmente. Tramite uno dei suoi camerieri. Egli ci attira con la sua simpatia davanti al menù esposto in bella mostra sul marciapiede. Non è finzione la sua, non vuole solo accaparrarsi clienti. Lo dimostra il fatto che ci concede la sua confidenza.

L’intimità di un Romano è qualcosa a cui non osavo sperare. Ci racconta di vivere in periferia e di questo suo modo goliardico di fare dovuto alla sua indole, non alla necessità di volerci vendere una pietanza. Ci indica anche altri ristoranti tipici dove poter mangiare robba de sostanza, ma ormai noi abbiamo deciso.

Assaggeremo gli spaghetti cacio e pepe del posto in cui lui esprime il suo modo di essere. Ma decidiamo di mangiare nei tavoli all’aperto. All’interno solo la televisione ci sarebbe di compagnia e sovrasterebbe ogni altro rumore. Ho ancora bisogno di rimanere immerso nella città e nei suoi abitanti. Almeno ancora per il tempo di questa cena.
Aspettando le portate e, approfittando dei momenti di pausa del cameriere, gli parliamo di noi e lui si sofferma sull’aspetto culinario della sua città. Non ama il cibo spazzatura dei mega panini ma lo differenzia dallo street food di una gioventù che ormai vuole tutto velocemente. Pur ritenendolo più salutare, purtroppo troppo spesso anch’esso soffre della bassa qualità dei suoi ingredienti. Lui ama i piatti tipici della tradizione contadina, quelle pietanze che erano anche momento per interminabili incontri a tavola con amici e parenti. Unico vero momento per sentirsi uniti in una città che fagocita tutto di corsa. Momenti di festa che sembrano svaniti in tempi lontani.

Finiamo di cenare assaporando i rumori della gente che attorno a noi si ferma, osserva questi monumenti del centro e le mura del Vaticano. Come al solito vediamo una Roma a due velocità. Quella lenta dei turisti e quella rapida dei Romani. Mi domando cosa facciano la sera gli abitanti di questa metropoli. So che da solo non troverò mai la risposta e il quesito lo pongo all’unico Romano con cui so di aver un po di confidenza per questa sera.

Il cameriere sa che alla sera Roma cambia d’abito, si veste di luci romantiche e soffuse e invita a farsi vedere con tour guidati anche con i battelli che solcano il lungo Tevere. Per chi ama il divertimento, quello è il momento in cui aprono tanti pub e la movida Romana si riempie anche con le discoteche e i cinema. I quartieri di Trastevere, campo dei Fiori, San Lorenzo, Testaccio, Monti e Pigneto pullulano di giovani e di momenti di spensierato trascorrere del tempo. Gli chiedo ancora un’ultima cosa. Lui dove andrebbe questa sera. La risposta è una sola. A casa.

Il suo lavoro finisce tardi e dopo un certo orario, in piena notte, anche la sua città soffre del male di tutti i grandi centri urbani. Malavita, droga, scippi e violenze di vario genere, sono facili da incontrare e subire, non solo in periferia ma persino in zone centralissime come la Stazione Termini. Lui preferisce scivolare con la sua vespa tra le strade semi deserte e raggiungere la periferia per andare a dormire.
Ringraziamo tutto lo staff del ristorante per l’ottima cena e ci dirigiamo anche noi verso il nostro appartamento. Sto scendendo sempre più in basso in questo corpo che è Roma. Sono arrivato fino al suo stomaco e al suo concetto di alimentazione, ma so che c’è altro da stare ad ascoltare. Nella, forse vana, attesa di vederla un giorno brillare anche per la sua sicurezza ed essere da faro per tutte le altre città d’Italia. Una nazione la nostra che, nella classifica delle città più sicure al mondo, vanta il triste primato di averne una solo dopo moltissime posizioni. Ma ci vorrebbero più poliziotti e meno corruzione. Binomio impossibile oppure utopia realizzabile?

Ritorno anche questa sera sul terrazzo di casa insieme alla famiglia. Abbiamo ancora bisogno di credere in questa città, nella sua bellezza. Da lì abbiamo un ampio scorcio sul rione, sulle sue chiese e sulle sue piazze illuminate ed è impossibile non rimanere incantati a guardare l’atmosfera che sanno offrire le luci artificiali legate alla semi oscurità di ciò che circonda Roma. Questa città, con i suoi tocchi di magia, di cultura, di spontaneità sa come tenermi legato ad un amore per lei che è turbolento. La amo di un sentimento che mi fa soffrire. Vorrei scappare per i suoi difetti, ma vorrei viverci per i suoi pregi.

Domani sarà un altro giorno, un giorno dove entreremo con tutti noi stessi nella sua storia, quella gloriosa. Torneremo nel suo passato imperiale. E forse scoprirò altri legami con il suo presente.

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