Roma in 4 giorni: Diario di Viaggio – 4 parte

Presente difficile – Ogni civiltà dovrebbe lasciarci il tempo di valutare i suoi pregi per poter imparare ad accettarne i difetti, ma il tempo attuale vede una umanità troppo costretta ad impegnarsi innanzitutto per sopravvivere. C’è chi sopravvive all’economia provando a diventare ricco, c’è chi sopravvive ad una guerra scappando verso una illusione e c’è chi cerca di sopravvivere ad una vita vuota diventando come un tronco che si lascia trasportare dalla corrente. Aspettare che la Roma Imperiale torni a farci capire se abbiamo sbagliato a creare questa Europa, vuol dire far finta di non capire quanto ogni epoca cambiata dall’uomo, in realtà, abbia un effetto anche su esso stesso. Ciò significa che anche la sua coscienza umana cambia mentre muta la storia, in modo tale da lasciargli tracce indelebili. E la nostra presenza su questo territorio è già diversa rispetto a quella di tanti secoli fa. Inutile elucubrare con il pensiero, il mondo va visto con l’anima e attraverso i suoi mutamenti.

Il Circo Massimo

Lasciamo la zona dei Fori per dirigerci verso il Circo Massimo, antica struttura destinata alla corsa dei cavalli e teatro di anche altre vicende storiche come il Ratto delle Sabine. Ai suoi esordi, data la vicinanza con un approdo dal Tevere, fu usato come luogo per gli scambi commerciali e per praticare culti.

Ad oggi rimane visibile solo la parte goliardica con questo ampio tracciato ovale e le sue gradinate dato che delle botteghe sorte per le attività commerciali, non rimane che una flebile traccia.

Ci si propone comunque una incantevole panorama per il nostro sguardo che si perde nella vastità del luogo.

Noto un uomo in camicia bianca con attaccato un cartellino al petto e gli chiedo se sia una guida turistica di qualche agenzia. Spero di cogliere maggiori informazioni su ciò che fu questo luogo e la fortuna mi aiuta. Non solo è in pausa dal suo servizio, ma sorride e sembra abbia voglia di scambiare due chiacchiere. Gli chiedo per tanto cosa sia rimasto di quelle attività artigiane che un tempo facevano parte della vita del Circo Massimo.
Scopro così che la struttura venne utilizzata come velodromo fino al Regno Ostrogoto, quindi per ben molto tempo dopo la caduta dell’Impero, ma delle vicende delle botteghe circostanti si sa ben poco. Probabilmente, trovati approdi dal fiume Tevere più consoni alle attività commerciali, semplicemente tutte le attività vennero spostate. Come tanto della storia della città, anche questo luogo subì l’abbandono culturale medioevale, diventando spazio di utilità più tangibile per l’epoca. La necessità di quei tempi di sopravvivere trasformò le vicende di cavalli e bighe in area agricola. Con il passare dei secoli e dei vari tipi di società che l’uomo creava attorno a sé, altre utilità trasformarono il luogo in un cimitero prima e in un sito di stoccaggio del gas per le industrie poi. Solo all’inizio del 1900 si pensò di riportare alla luce l’antico splendore, o quello che ne era rimasto, delle gare imperiali e farne un sito turistico.

Approfitto di questa sua generosa conoscenza della storia del posto per chiedergli, secondo lui, quale uso sia stato il migliore. Luogo di divertimento e commercio, area coltivabile per sfamarsi, cimitero, utilizzo industriale o sito turistico? La risposta non sembra ne facile, ne scontata. Quello che appare evidente però è che, mano a mano che passavano le epoche, il concetto che ne ha fatto l’essere umano è stato sempre meno legato a quello di felicità. Penso a tutte le varietà di personaggi passati per questo luogo che prima si sono seduti su spalti per divertimento o hanno guidato bighe per spirito competitivo, si sono dedicati al commercio e poi sono venuti a coltivare cibo perché avevano capito che senza quello non si vive. Successivamente, con altri abiti, venivano a piangere i loro morti e poi a costruire strutture per far funzionare una società che doveva produrre merci. Infine, affascinati dall’antichità, altre mani e altre menti hanno cominciato a riportare tutto al concetto di bellezza artistica.

La guida non saprebbe dirmi quale fu l’epoca migliore per questo posto ma una cosa gli è chiara: Ogni luogo si lega indissolubilmente al sentimento che la razza umana ha in ogni epoca che attraversa. Per lui, il Circo Massimo, il suo momento di massimo splendore lo sta avendo in questa epoca. L’uomo non ha smesso di cercare il divertimento e il commercio, altri stadi, altri ippodromi e altre botteghe sono nate dopo di esso. Ma le sue ormai scomparse arcate, i suoi muri, i suoi spalti, le sue colonne e la sua pista di terra battuta, sono stati quell’esempio da ammirare oggi. E poi, se non fosse diventato sito archeologico, lui non farebbe il lavoro che più gli piace. Parlare ai turisti della sua città. Peccato che la sua paga sia molto bassa, ma questo, e lo sappiamo entrambi, è uno dei mali della civiltà moderna. Irrisolvibile secondo noi se, da chi ne ha la capacità, non arriva una più equa distribuzione delle risorse. Lascio la guida al suo meritato momento di solitudine e lo ringrazio per la pazienza di aver voluto intrattenere una famiglia in viaggio.

Tempio Di Claudio

La lunga camminata ci ha stancati parecchio e decidiamo di raggiungere di nuovo la fermata metropolitana del Colosseo dando un rapido sguardo a quel che rimane del Tempio di Claudio. Unico imperatore divinizzato. Di ciò che fu eretto a suo ricordo, rimangono davvero poche mura inglobate da costruzioni più moderne o dalla natura stessa che si riprende gli spazi lasciati liberi dagli uomini. In questo rivedo la saccenza umana di credersi eternamente padroni di questo pianeta. Ma la verità è che noi possiamo solo impossessarci di cose e spazi solo fino a quando le nostre forze ce lo permettono. Tutto quanto non ci appartiene veramente. Anche tutto questo fantastico Patrimonio dell’Umanità che stiamo ammirando è solo ciò che esiste a ricordarci chi siamo stati e di quali bellezze artistiche siamo stati capaci.

Se l’uomo è riuscito a creare materialmente cose così affascinanti per tutti coloro che vengono ad osservarle, perché sembra così difficile costruire un modo di vivere ugualmente piacevole? Forse la risposta sta all’inizio di ogni civiltà che abbiamo costruito. Quando cioè non abbiamo mai voluto ascoltare chi evidenziava anche i limiti che le basi di queste società avevano. Quelli di oggi sono i limiti di una economia troppo pensata per far circolare denaro anziché le possibilità umane e i limiti di un pensiero che non ha capito come funzionano gli equilibri naturali.

Piramide Cestia

Avvolti da questi pensieri, ridiscendiamo nelle viscere della capitale per prendere la linea B e scendere alla fermata PIRAMIDE. Omonima della struttura che intendiamo visitare. Lasciamo il centro della civiltà Romana imperiale ben consci di non aver visto tutto e anche di aver avuto poche occasioni per conoscere i Romani. Ma del resto l’antica Roma non fu costruita in un giorno e non si può visitare nemmeno in quel lasso di tempo.

La Piramide Cestia è ormai inglobata nell’agglomerato urbano del perimetro sud del centro storico. Costruita verso l’approssimarsi del passaggio epocale che definì per il mondo cristiano la scissione tra Avanti Cristo e Dopo Cristo, fu destinata ad uso tombale per Gaio Cestio, pretore della plebe. Personaggio di rilievo perché membro dei septemviri epulones, uno dei quattro più importanti collegi religiosi di Roma antica. La sua forma ci ricorda quanto le menti di quel popolo rimasero colpite dalla civiltà Egizia, tanto da farne una moda una volta conquistata con la forza.

Il nostro biglietto cumulativo non comprende la visita a questo elemento architettonico, reso agibile dal 2015 dall’ingente somma donata dall’Imperatore Giapponese per i suoi restauri, e ci tocca aspettare il nostro turno in una lunga fila. Una volta entrati dal suo cunicolo di accesso ci troviamo all’interno di una camera sepolcrale dalle strette misure. Varie incisioni e decorazioni ricordano all’umanità del futuro chi sia sepolto in quel luogo e cosa avesse fatto durante la sua vita. Purtroppo non esiste più il ritratto di chi dorme per sempre in quella tomba perché rovinato dai cacciatori di tesori che vi lasciarono al suo posto il buco dal quale entrarono. Peccato davvero che, a volte, la sete di ricchezze materiali superi quella del valore culturale.

Di nuovo fuori, pensando al domani, i nostri occhi sbattono sulla stazione ferroviaria che porta alla frazione litoranea della città. A ciò che fu il più grande porto dell’epoca Imperiale di Roma. Ostia. Domani quella sarà la nostra metà. Ci godremo un po’ di mare mentre cercheremo di capire un altro pezzo di civiltà romana.

Trasporti pubblici

La nostra giornata continua però con la visita alle Catacombe di San Callisto. Luogo fuori dal tempo della Roma Imperiale, ma di grande interesse storico per il mondo Cristiano. Nelle sue gallerie, si trovano sepolti più di cinquanta martiri e sedici pontefici.

Per arrivarci da dove ci troviamo, bisogna riprendere la metro per scendere alla fermata CIRCO MASSIMO e utilizzare l’autobus numero 118. Dato che il nostro biglietto metropolitano vale ancora per mezza giornata sui mezzi pubblici, ma non sono più utilizzabili per la metropolitana perché ne siamo usciti, decidiamo di utilizzare l’autobus anche per raggiungere il Circo Massimo. A differenza di quanto avviene per la metropolitana, l’assenza di una qualsiasi indicazione sull’orario ci costringe a chiedere notizie. Insieme a noi, due signore aspettano l’arrivo dello stesso mezzo e la risposta che ci danno non è confortante. In teoria, per le zone centrali della città, dovrebbe passare un autobus ogni quindici/venti minuti, ma il tempo a Roma sembra dilatarsi a seconda delle problematiche che si incontrano e ci viene consigliato di armarci di pazienza e aspettare di vederlo arrivare. La situazione mi sembra imbarazzante per una metropoli che dovrebbe aiutare i suoi cittadini negli spostamenti, ma la cultura romana mi sorprende e sembra voglia andare al di là anche di questo disservizio. Per queste due signore il problema esiste se si ha fretta di andare da qualche parte. Per loro la questione non è tale perché tanto, il posto dove si recano, non si sposta e prima o poi ci arriveranno. Saggezza o rassegnazione? Ancora non ho capito questa sfaccettatura ma penso a quanta differenza, invece, con altri abitanti di altre città, che sono sempre con l’occhio sulle lancette dell’orologio per correre veloci tra i vari programmi fatti per scandire le giornate. A Roma sembra che la vita non si possa programmare ma si debba lasciar scorrere come viene.

Pare che per questa volta la fortuna ci voglia assistere e il primo mezzo arriva dopo pochi minuti. Tornati laddove avevamo incontrato la guida e la sua piccola impressione personale della vita, aspettiamo il secondo autobus. Questa fermata è molto più affollata della prima e non credo che troveremo posti a sedere una volta che saliremo sul mezzo in questione. Anche questo autobus non si fa attendere troppo ma arriva strapieno e ho l’impressione che faticheremmo molto per mettere in figli in condizioni il più agiate possibili. Decidiamo di aspettare l’arrivo del prossimo, insieme ad altre persone che hanno avuto la nostra stessa idea. Il modo frivolo di prendere la vita che ci hanno consigliato le due signore ci ha già contagiati. Certi difatti che le catacombe non si siano mai mosse da dove stanno e non lo faranno nemmeno in questo secolo, potremo aspettare altri minuti in più prima di giungervi.

Il mezzo successivo arriva dopo ben quaranta minuti di attesa ma questa volta è più affrontabile. Troviamo posti a sedere per tutti ma io rimango nei pressi dell’autista. Non voglio perdere l’occasione di interagire con qualcuno, sempre nei limiti del non disturbare un guidatore impegnato nel traffico cittadino.
Con la scusa di non conoscere la fermata per le Catacombe, provo a farmi delucidare sul caotico trambusto delle strade nelle ore di massima circolazione di mezzi. La questione più importante, secondo lui, è che i mezzi pubblici non sono ancora visti come strumento invitante, comodo e funzionale per spostarsi. E poi, Roma, è sempre troppo piena di turisti che rendono difficoltosa una situazione già compromessa per i Romani stessi. Pochi mezzi, alcuni obsoleti e, soprattutto, soldi che non ci sono per migliorare il servizio. Gli chiedo come mai, secondo la sua opinione, il problema nasca proprio dall’ultima questione posta. Il suo sospiro fatalista è più chiaro della risposta che mi da a voce. “Perché se sò magnati tutto”. So che non è solo questa la questione che riguarda la mancanza di soldi, ma mi accorgo che è ciò che la maggior parte delle persone percepisce come più importante.

Ridiamo insieme di questa situazione che sembra essere un problema generale della nazione in cui viviamo entrambi e, quando con estrema gentilezza mi viene indicata la fermata alla quale scendere, ci salutiamo amichevolmente. Nonostante tutto è facile farsi amico un Romano. C’è una apertura empatica più spiccata tra questa gente, forse dovuta al cosiddetto motto, mal comune mezzo gaudio.

Catacombe di S.Callisto

L’autobus ci lascia in una stretta via costeggiata da un muro con un porticina. Essa è l’ingresso alle Catacombe per chi non usa pullman turistici per arrivarci. La fila alla biglietteria non è lunga ma l’addetto al servizio non c’è. Il gestore del negozio di souvenir si scusa e ci dice che il bigliettaio è andato a fumarsi una sigaretta.

Dopo venti minuti eccolo riappropriarsi del proprio posto e venderci i lascia passare per visitare il tutto accompagnati da una guida. Mi domando il perché di tanta attesa per rientrare nel suo posto di lavoro avendo lasciato noi e altri sette turisti perplessi per la sua prolungata assenza. Più che una sigaretta credo che l’addetto alla biglietteria ne abbia approfittato per espletare anche qualche bisogno e per rilassarsi un po’. Qualcuno ha rumoreggiato per questo suo atteggiamento ma tuttavia io non posso fare altro che comprenderlo. Le visite iniziano ogni mezz’ora e l’aver avuto il biglietto prima o adesso non fa nessuna differenza. I venti minuti di attesa sarebbero comunque rientrati nel tempo di attesa alle soglie delle Catacombe.

Veniamo divisi in quattro gruppi a seconda delle lingue con cui verrà spiegato ciò che stiamo per andare a vedere. Il problema però è che, data la particolare struttura angusta delle catacombe, può entrare un solo gruppo alla volta circa ogni dieci minuti e il nostro viene stabilito come quarto. Dovremo quindi aspettare un’altra mezz’ora prima di poterle visitare. Davvero il tempo a Roma è solo una questione meteorologica e non un regolatore di attività quotidiane.
Dopo aver atteso il nostro turno, ci accingiamo ad entrare nel complesso cimiteriale che occupa quindici ettari e raggiunge una lunghezza di quasi venti chilometri.

La temperatura, una volta scesi, si abbassa di molti gradi e l’aria diviene umida. Tra stretti cunicoli e il continuo assicurarsi della nostra guida che nessuno si sia perso, ammiriamo i nuclei antichi di queste cripte sepolcrali come Lucina, La Regione dei Papi, di Santa Cecilia, di San Gaio e di Sant’Eusebio.
Ancora una volta, la storia che ci viene raccontata ad ogni cavità e le particolarità di questo altro luogo rimasto sospeso fra quest’epoca di Roma, ci fanno rendere conto di quanto valga il suo patrimonio culturale.

Usciamo al clima caldo della città che è quasi sera e decidiamo di rientrare nel nostro appartamento. Per farlo, dobbiamo riaffrontare un autobus e due linee metropolitane e sperare di arrivarci prima che sia sera inoltrata. Aspettiamo senza troppe lunghe attese l’arrivo dei mezzi che, alla fine, senza particolari intoppi, ci portano in prossimità della abitazione affittata e, infine, apriamo la porta di casa che è ormai buio. Solo dopo, però, aver goduto ancora una volta della compagnia di chi abita la città. Occasione d’oro per parlare anche di politica e della ventata di novità apportate dalle elezioni di un sindaco finalmente donna.
Scesi dall’autobus ammiriamo le luci notturne della metropoli immersi per le sue strade che mano a mano vanno svuotandosi di venditori ambulanti e riempiendosi di abitanti locali. I turisti, invece, sembrano essere una presenza costante a qualsiasi ora.

Questa metropoli mi lascia sempre più perplesso, non so davvero se tutta questa sua magnificenza possa entrare interamente nell’animo umano e farne qualcosa di meraviglioso. Sono troppo dubbioso sul fatto che tanta umanità sappia ancora aprire anima e cuore per entusiasmarsi delle bellezze che ha saputo creare. Guardiamo tutto troppo velocemente, senza soffermarci ad aspettare, anche delle ore se fosse necessario, che un qualcosa ci scateni una tempesta emotiva dentro. Roma sa ancora di questo accecante bagliore, andrebbe solo vissuta e ammirata con molta lentezza.

Domani ci aspetta il mare di Roma, un luogo che una volta fu importante sede portuale del Latium Vetus, divenuta poi città indipendente grazie alle ricchezze accumulate, abbandonata e saccheggiata nel V secolo ed infine riscoperta e rivalutata con una bonifica. Un insediamento urbano ricostruito in tempo fascista ma lasciato a se stesso e alla sua esplosione demografica negli anni che seguirono la seconda guerra mondiale. Un agglomerato di palazzi, strade e stabilimenti balneari che, credo, domani possa offrirmi tutt’altro rispetto al suo glorioso inizio.

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