Roma in 4 giorni: Diario di viaggio – 5 parte – Ostia

L’ultima mattina a Roma non ci sorprende ancora assonnati, ma ci trova già svegli e con le valige pronte. Oggi lasciamo Il Rione Prati per passare mezza giornata ad Ostia. Se visitare la periferia della metropoli già mi dava qualche grattacapo su quali destinazioni scegliere, andare ad esplorare addirittura una sua frazione, occupa nei miei pensieri un senso di vuoto su cosa davvero potrei trovarci. C’è molto malcontento nelle periferie per il divario spaventoso che c’è con il centro di Roma. Su molti fronti.

Contattiamo il proprietario dell’immobile in affitto per salutarci e indicargli il bar sotto casa come luogo in cui renderemo le chiavi dell’appartamento. Chiediamo qualche consiglio sulla nostra prossima destinazione e lui, decantandone comunque le bellezze storiche e turistiche, ci consiglia caldamente di lasciare tutta l’apparecchiatura fotografica semi-professionale ben nascosta in auto.

Saliamo in auto e affrontiamo una parte del centro di Roma immersi nel traffico. Presto raggiungiamo la statale che ci porta fuori dalle vicende della gente di questa città per raggiungere questo luogo di mare che sembra così scollegato dalla sua madre di cemento. Cosa troverò ad Ostia che potrebbe davvero dare un senso nuovo alla capitale?

Ostia Antica

Come prima meta ci fermiamo a visitare i resti di quella che fu la città satellite alla dominatrice dell’Impero. Ostium in latino significa “bocca di fiume” e difatti Ostia Antica una volta era in riva al mare, mentre oggi si trova a 3 km da dove sorge la Ostia moderna rivalutata nel dopoguerra. Segno che il tempo lascia segni non solo sulle vicende umane, ma anche su quelle del pianeta.

Quello che questi resti sembrano voler rappresentare, più che un insediamento abitativo, sembrano un accampamento fortificato. Ci sono forti dubbi, infatti, che questo sia il sito originario di quella città, visto che piccoli resti di residenze, taverne, botteghe, fontane e piazze si trovano un po’ più distanti. Si pensa piuttosto che queste rovine siano ciò che rimane di un accampamento militare sorto a difesa della città stessa.

Le sorti di Ostia furono molteplici, dalle ricchezze come porto a servizio della capitale Imperiale alla rivalutazione da parte degli imperatori che fecero costruire teatri e porti artificiali per il commercio, fino alla caduta dovuta all’abbandono del sito perché troppo esposto ai saccheggi di popoli provenienti dal mare. Divenuta poi sede episcopale nel III secolo, riporta anche questo suo lato storico con la costruzione del palazzo vescovile.

Di nuovo abbandonata in seguito ad una piena del Tevere nel 1557, fu utilizzata in seguito da contadini e pastori. La Torre della Rocca, invece, venne destinata a carcere.

Oggi, questa frazione è di nuovo abitata e visitare ogni sua parte storica è un continuo ridiscendere nelle vicende a cui la gente di questo posto si è abituata. Notizie lette in ordine sparso sui quotidiani nazionali, mi ricordano di abusivismo edilizio con centinaia di ordinanze di demolizione negli stabilimenti balneari e di una attività malavitosa molto inserita negli affari della città.

Vale la pena tuttavia, visitarne il borgo circondato da antiche mura che mi ricordano una versione piccola di Roma. Ho bisogno del contatto della gente, negare l’evidenza di ciò che ci muove come esseri umani è spaventoso. Sono un essere sociale e girando provo a fermarmi tra i negozi di artigianato per chiedere come sia la vita fuori da Roma, ed è un susseguirsi di parole sui tempi incerti di oggi.

Tuttavia mi viene dato qualche spunto come suggerimento per capire il cambiamento dei tempi. Mi viene segnalato che ad Ostia si trova una banca del tempo, uno spazio cioè di socialità, di fondamentale importanza per cominciare a risolvere le problematiche del Borgo. L’idea mi piace molto perché uno dei mali della civiltà moderna è proprio la mancanza di tempo per aiutare a risolvere le problematiche degli altri. In questo luogo, invece, si attuano i principi dell’economia solidale, in cui le transazioni sono basate sulla circolazione del tempo, anziché del denaro.

Ma c’è un’altra questione che credo stia ala base della crisi attuale, ed è nel nostro stile di vita. Pensando che i bisogni umani siano primari rispetto a quelli naturali, stiamo devastando un pianeta che ogni anno fornisce sempre meno risorse. Servirebbero città pensate per la sostenibilità ambientale come già si sta facendo nel Nord Europa ma sembra che per ora molto sia lasciato alla sensibilità dei cittadini, almeno nel nostro paese nel quale sembra difficile anche solo riuscire a raggiungere gli obbiettivi posti con l’accordo di Parigi denominato COP21.

Girovagando riesco a trovare un negozio che vende prodotti biologici o a km0 e che si alimenta con energia rinnovabile. Tre elementi di sicura riuscita per produrre e vivere senza pesare sui cicli naturali. Mi viene in mente di un amico che, molto tempo prima di questa vacanza mi parlava di un coltivatore a Roma che faceva molta fatica ad intraprendere tutte queste vie nuove in quanto non ancora una tendenza consolidata. Ad, oggi, mi viene comunicato da un esercente stesso, esistono addirittura alcune realtà in internet che riuniscono sotto una unica rete questi tentativi di far conoscere una Italia che tenta di cambiare. Di diventare qualcosa d’altro per una epoca diversa.

Ostia Lido

Quello che è oggi la frazione litoranea di Roma però è tutt’altra cosa rispetto all’uso che se ne fece nei secoli passati. L’industria del turismo ha preso possesso di questa spiaggia e il risultato è stato la continua e infinita fila di stabilimenti balneari costruiti nel corso del XIX secolo.

Il manto sabbioso ben curato, si apre immenso all’orizzonte del blu del mare che si mescola con quello del cielo. Vedere questo susseguirsi naturale di acqua e aria, è una coinvolgente poesia di emozioni che mi fa accapponare la pelle e vibrare il cuore. Le onde sembrano davvero voler entrare nel cielo con i loro riverberi di schiuma bianca.

Penso ad alcuni luoghi balneari dove enormi costruzioni metalliche costruite al largo, al di là del voler disquisire sulla loro utilità, ne hanno spento il romanticismo e mi chiedo che cosa ci veda nel mare l’uomo di oggi. Produttività o bellezza? Economia turistica o valore culturale?
Troviamo uno spazio di spiaggia libera per poterci accampare qualche ora. Preferiamo affrontare la fine di questo parziale viaggio attraverso Roma in questo modo per non sforare nel budget che ci eravamo imposti. Anche Ostia sembra soffrire di quella accettazione del fatto che per avere un servizio bisogna pagarlo e numerosi sono gli stabilimenti balneari che hanno tolto spazio alle spiagge libere. Non so se con tutti i Romani basta davvero un sorriso per permetter loro di lasciarti entrare in una fetta della loro vita, ma anche stavolta riesco a farmi spiegare un pensiero di chi viene a godersi il mare tutto l’anno. Una intensa riflessione su un luogo che dovrebbe essere per tutti.

Bello sarebbe, infatti, se questo servizio di stabilimenti a pagamento, che comprende la pulizia del litorale, ombrelloni, bar e attività culturali o di passatempo, fosse offerto a prezzi accessibili per ogni tipologia di classe sociale. D’accordissimo con questa tesi, e valutando che effettivamente raramente ho trovato questa ideologia negli stabilimenti balneari tipici dell’indotto di settore, chiedo delucidazioni sulle spiagge libere di Ostia.
Oltre alla Spiaggetta dove ci troviamo ora, odo tanti nomi: Al Curvone, Piazza dei Canotti, il Canale dei Pescatori, SPQR, Punta Ovest, Faber Beach, Lungomare Toscanelli, I Cancelli e i Capanni di Capocotta.

Mi piace molto l’idea di dare un nome anche ad una spiaggia libera. Darle un identità, sembra quasi rendere giustizia ed onore a questa parte di mare dove, prima del boom dell’industria del turismo, erano soliti ritrovarsi maree di famiglie a mangiare e chiacchierare per una giornata intera. Le spiagge libere di questo XXI secolo, sono tenute però in maniera diversa rispetto agli anni’60? Purtroppo anche qui sembra ci sia l’endemico problema della plastica che si ritrova in angoli impensabili tra i granelli di sabbia e le molecole liquide che circondano i nostri polpacci.
Tuttavia scopro che numerose sono le associazioni di volontari che si ritrovano ogni fine settimana a pulire il litorale romano da questo elemento molto inquinante. Felice davvero per questa iniziativa che scuote almeno in parte l’approccio umano verso l’ambiente, provo a fugare il mio ultimo dubbio.

Queste situazioni sono solo un modo per limitare i danni o saranno solo l’incipit per un futuro migliore? Niente di più bello, nella risposta di chi è su un telo a meno di due metri da noi, nel sapere che ad Ostia esiste un asilo che promuove l’insegnamento all’aria aperta e a contato con gli elementi naturali per imparare, non solo a conoscerli dal vivo rispetto alle parole stampate su un libro, ma a capire il significato di vita per e con essi. Questi asili sono dedicati al mare e ai boschi di Roma con attività specifiche. Un buon modo per preparare il futuro del genere umano a vivere in simbiosi con l’ambiente.

Così come a Roma, anche ad Ostia il tempo a disposizione ci ha regalato imprevedibili emozioni e giunge il momento di tornare a casa. Ripartiamo dopo esserci lasciati coccolare dal mare e scaldare dal sole. Lasciamo questa parte d’Italia dopo aver visto piccole porzioni di vita vissuta della capitale, tra incertezze e passioni, tra problemi e speranze. Affrontiamo il viaggio di ritorno sapendo che qualcosa di nuovo sta sorgendo a Roma. Per i Romani e per chiunque abbia voglia di migliorare il posto in cui abita.

I sentimenti non passano da testa a testa, ma da cuore a cuore e non potremo mai intuirli standocene a centinaia di chilometri da questa realtà, torneremo per vedere i risultati di una umanità che sta provando a capire come ridare valore alla propria città e ricominciare dalla fiducia in un insegnamento diverso ai propri figli.

Prima di partire do ancora uno sguardo a ciò che sto lasciando, ad una umanità della quale mi chiedo se abbia davvero colto tanto del senso di vivere su questo mondo che ci ospita e se, ogni volta, può contribuire a coltivare il mio. Perché uno dei sensi di questo essere persone è condividere se stessi con gli altri per migliorare sempre di più quei valori che permettano una vita nella quale ci sia posto per tutto.

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