Insegnare italiano in Colombia (durante il Covid 19)

Un anno in Colombia, come è possibile? Insegnando in una scuola italiana all’estero.

Questo post si potrebbe chiamare anche “attento a quello che desideri”. Era un po’ di tempo che io e Camila volevamo visitare il Sud America. Ma come farlo?

Per quanto stessimo risparmiando non potevamo permetterci di prendere un periodo di tempo e viaggiare effettivamente dal Messico alla Patagonia (questo sarebbe il nostro sogno, e chissà…). Inoltre era appena iniziata una Pandemia globale, che non rendeva esattamente facili gli spostamenti.

C’è chi ritiene che quando si desidera fortemente qualcosa le forze attorno a noi inizino a muoversi e in qualche modo le opportunità si presentano. Non so se sia magia o semplicemente una serie di coincidenze e relazioni, ma è effettivamente quello che è successo a noi.

Una collega della scuola elementare in cui lavoravamo tornava fresca fresca da un’esperienza in Colombia. Sapeva che le nostre inclinazioni erano dirette al Sud America e così ci ha consigliato di inviare il curriculum.

La faccenda aveva già avuto un precedente in realtà: alcuni anni prima infatti avevo mandato il curriculum, più per gioco che per una reale intenzione di trasferirmi, in una scuola a Bogotà e in una a Buenos Aires.

La cosa curiosa è che entrambe mi avevano risposto, mentre nessuna delle scuole in Italia a cui avevo scritto si era degnata anche solo di rifiutarmi.

Bogotà mi aveva gentilmente detto di essere a posto per quell’anno e di tenere d’occhio le inserzioni su Orizzonte scuola, mentre Buenos Aires aveva richiesto il curriculum con una Pec.

La verità è che mentre in Italia siamo in attesa costante di un concorso che non sembra arrivare mai, sempre precari, sempre accontentandoci delle briciole di qualcun altro, all’estero gli insegnanti italiani sono richiesti, e gli vengono offerte condizioni che qui in Italia non ci sogneremmo mai.

Così ad agosto, su consiglio della nostra collega, abbiamo dato la nostra disponibilità a lavorare in Colombia.

Un professore universitario della Cattolica ci ha fatto il primo colloquio, poi ne abbiamo sostenuto un altro con il rettore e con il fondatore della scuola. In una settimana siamo saliti a bordo.

bogota

La pandemia probabilmente ha in parte aiutato questo processo, molti insegnanti hanno preferito tornare in Italia e questo ha creato dei posti liberi per chi volesse avventurarsi in quest’esperienza oltre oceano.

Noi l’abbiamo fatto e il Collegio Alessandro Volta ha permesso a me, un relativamente neolaureato senza troppa esperienza, di poter insegnare letteratura italiana ad un liceo scientifico, aiutandomi nella preparazione là dove l’Italia mi avrebbe semplicemente abbandonato a me stesso, lasciandomi spazio per esprimere la mia passione e dandomi la possibilità di imparare da persone più esperte. Sono stato contemporaneamente alunno e professore e ho potuto insegnare ciò che mi piaceva senza dover aspettare anni che si liberasse un posto.

A Camila, che è biologa, è stato chiesto di insegnare matematica alle elementari e le è stato anche permesso di fare moltissimi progetti di scienze al Liceo, in modo da essere più in linea con il suo curriculum.

Non posso negare la paura: lasciare la famiglia per un anno, prendere un aereo (ebbene sì, ho sviluppato una paura di volare), viaggiare in un continente nuovo durante una pandemia affrontare un nuovo posto di lavoro. Ma una volta superata la linea della paura le cose non possono che essere meravigliose.

Così il  19 ottobre, mentre l’Italia precipitava nuovamente verso la chiusura delle frontiere per l’aumento dei contagi, un volo AirFrance ci portava da Milano a Parigi e da Parigi a Bogotà.

Era iniziata la nostra avventura Colombiana.

colombia

L’esperienza al Gimnasio Alessandro Volta: vantaggi e svantaggi

Alcune parole più tecniche sull’esperienza

Vivere come docenti madrelingua all’estero ti dà naturalmente molte possibilità.

Partendo dalle cose strettamente venali: lo stipendio è decisamente più alto della media di un colombiano e ti permette di vivere senza difficoltà economiche, di visitare, viaggiare nel paese e anche mettere via qualcosina.

Il contratto per i docenti italiani è a tempo indeterminato.

La scuola ci ha aiutato ad acquistare un biglietto aereo di andata e ritorno ed è stato previsto un contributo per l’affitto di una casa o la possibilità di alloggiare presso una struttura insieme ad altri insegnanti.

Noi abbiamo scelto questa seconda opzione, grazie alla quale abbiamo per la prima volta avuto modo di vivere in una casa di quasi novanta metri quadri, in un quartiere medio-alto e con tutti i servizi. L’unico lato negativo può essere quello di essere sempre a contatto con i colleghi, e di finire a parlare tutto il giorno di scuola. Ma non ci ha impedito, in ogni caso, di mettere in atto il modo di vivere che ci è più naturale in un paese straniero, immergendoci il più possibile nella vita del luogo, conoscere le persone, scambiare esperienze.

Il nostro quartiere, Teusaquillo, ci ha riservato diverse sorprese.

bogota in colombia

Spesso mi è stato chiesto perché ci sia una scuola italiana a Bogotà

Il collegio contiene tutti i livelli di istruzione, dalla prescolar (scuola materna) fino al liceo scientifico. I bambini imparano perciò l’italiano fin da piccolissimi e arrivano alla fine del loro percorso con una preparazione piuttosto completa.

Nel mio caso, ad esempio, insegnando italiano e letteratura, ho fatto lo stesso identico programma che avrei fatto in un liceo scientifico italiano, con gli stessi autori selezionati da ministero dell’istruzione, e con la maturità italiana alla fine del percorso.

Gli studenti escono con il doppio titolo ed è per questo che la scuola è ritenuta prestigiosa e viene scelta da molte famiglie colombiane. Alcune di loro hanno magari lontani parenti italiani, ma non è sempre così, sono semplicemente interessati al livello di istruzione e le prospettive che la scuola può offrire.

Il personale docente è composto sia da italiani che da molti colombiani, a seconda delle discipline, ogni caso non è obbligatorio saper parlare spagnolo, per quanto utile, e in ogni caso lo si apprende veramente in fretta.

L’orario è diverso da quello italiano: si inizia molto presto, alle sette e un quarto del mattino, per ovviare al fatto che il sole sorge alle sei e tramonta alle diciotto, e le lezioni terminano alle quindici e trenta, dal lunedì al venerdì.

Può capitare, per alcuni eventi, di lavorare anche di sabato, ma capita spesso di essere a casa il lunedì.

La settimana per un insegnante è di circa quaranta ore e una differenza importante con l’Italia è che si resta a scuola per l’intera giornata scolastica, non solo per le ore che si fanno effettivamente di cattedra.

Questo, per chi come me è interessato a sviluppare molto l’arte, nel suo tempo libero, può rivelarsi in alcuni casi pesante soprattutto perché il traffico può essere davvero intenso e si può rimanere imbottigliati per ore.

Quest’anno, inoltre, con la pandemia, gran parte del tempo si è lavorato con in virtuale e questo ha dato modo al collegio di implementare tutta una nuova riflessione sulla didattica e in particolare sulla didattica attiva, spingendo gli insegnanti a proporre laboratori, lezioni interattive e nuovi approcci alla materia.

E’ un’esperienza complessa, in alcuni casi difficile e pesante, ma non per questo priva di sorprese e in grado di accrescere dal punto di vista professionale e personale.

Per questo il mio consiglio è quello di non aver paura, di armarsi di curriculum e di provare a candidarsi!

La scuola è sempre ben disposta ad accettare docenti volenterosi.

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