Viaggio on the road tra i Canyon in America Occidentale

Quella volta che siamo andati in America..

A Natale mi sono fatto regalare uno scanner per diapositive e così, quando ho caricato quelle del 1997, non ho resistito ai ricordi e li ho messi su carta, digitale ovviamente.

Quella volta che siamo andati in America; Wikipedia non c’era e nemmeno Facebook ma soprattutto non avevano ancora inventato Google Maps, il percorso l’avevamo segnato con matita rossa su una cartina del Southwest 1:1 200 000, camper e campeggi li avevamo prenotati grazie a una brochure inviataci per posta aerea dalla KOA (Kampgrounds of America) e in aereo abbiamo seguito la rotta non sugli schermi TV sul retro delle poltrone, non esistevano ancora, ma su una mappa cartacea appesa all’esterno della toilette, ogni tanto uno dell’equipaggio ci faceva una crocetta per indicare dove eravamo: Malpensa, Parigi, Irlanda, acqua, acqua, acqua, terra, il Canada, Chicago, l’America.  

Quella volta che siamo andati in America era il 1997 e io volevo vedere il Delicate Arch.

A Chicago mia moglie ha puntato il dito verso una limousine bianca esclamando – esistono davvero! come nei film! A Las Vegas abbiamo dormito in un motel al primo piano, sotto il ballatoio macchine parcheggiate davanti alle porte, proprio come nei film! Il taxista che il giorno dopo ci ha portati a prendere il camper era sulla trentina, baffetti sottili e giubbotto di pelle nera, saputo che eravamo italiani ha cominciato a parlare tutto allegro, non abbiamo capito niente, solo “paisà”, l’avrà ripetuto una trentina di volte, o l’aveva imparato dalla nonna o l’aveva sentito in qualche film di mafia. Nel primo supermarket dove ci siamo fermati per fare provviste le bottiglie di Coca e le taniche di latte erano da 4 litri e c’erano anche vaschette sigillate di frutta pronta a pezzetti, a noi sembrava di essere in un film.

Quella volta che siamo andati in America siamo partiti da Las Vegas così: io alla guida occhiali scuri e cappello nero da cowboy, mia moglie occhiali da sole stile vamp e piedi nudi sul cruscotto, le figlie dietro a leggere fumetti, musica country a manetta.

1. KOLOB CANYONS

Giornata tranquilla per acclimatarci, fin troppo tranquilla, velo soffocante di nuvole, montagne sbiadite nella caligine, prime cartoline per casa all’ombra di un ginepro, perché non WhatsApp? non esisteva, poi al tramonto il miracolo, aria fresca, cielo azzurro, e all’improvviso le montagne risplendono di luce dorata, proprio come nelle foto sulla brochure e nelle mie diapositive.

Dormito al Watchman Campground, freddo.

KOLOB CANYONS

2. CEDAR BREAKS

Sali e sali fino a più di 3.000 metri tra pascoli fioriti e pinete severe poi scendi dal camper, superi il Visitor Centre e ti trovi all’improvviso sul bordo di un anfiteatro antico: in alto una fascia di rocce bianche coronata dalle silhouette dei pini come gli indiani dei western, più sotto ripidi pendii di terra rossa da cui spuntano torri, creste, guglie come l’interno diroccato di un gigantesco Colosseo, uno spettacolo! E i colori? Rosso e rosa sono ematite, le striature bianche carbonato di calcio, le nuances giallo-marrone limonite, i veli porpora-blu ossido di manganese, poi strati grigi di cenere vulcanica e se vedi del nero è basalto, non sto inventando, sta tutto scritto sui cartelli nel Visitor Centre.

Sullo Spectra Point, uno sperone di sabbia bruciato dal sole, resistono solo alcuni eroici pini (Bristlecone pine), radici bianche scorticate dai sassi, tronchi anneriti dai fulmini dei temporali, rami spezzati dalle bufere di neve, eppure sono ancora lì, vivi, da più di mille anni.

CEDAR BREAKS
CEDAR BREAKS

3. RED CANYON

Sulla Scenic Byway 12 direzione Bryce, camper e auto parcheggiate in una piazzola, sosta, cosa c’è da vedere? La bordura azzurro cenere dell’erba sul ciglio della strada, la cortina verde cupo dei pini sull’altro lato, la bastionata di  rocce rosse illuminate dal sole, il cielo gonfio di nuvole nere di temporale, ecco cosa c’è da vedere!

Scenic Byway

4. BRYCE CANYON

E’ proprio come nelle foto, una valle incantata da cui si innalzano guglie bianche di cattedrali gotiche, creste arancio di terra franosa, pinnacoli ocra in bilico nel tempo, nelle gole scavate dall’acqua e sui dossi di sabbia rossa crescono pini neri, qui di fianco puoi quasi toccare il Thor’s Hammer, una grossa pietra in cima al suo hoodoo, più lontano file di colonne rosa confetto a disegnare templi antichi, nuvole minacciose, ombre veloci, un accenno di arcobaleno sopra la Sinking Ship, il roccione inclinato come la poppa di una nave colpita da un siluro là nel mezzo del mare di pietra, si può dire, una volta tanto nella vita, panorama mozzafiato? Cosa c’è di diverso da Cedar Breaks? è più vario e meno profondo tanto che puoi scendere nella foresta pietrificata lungo un sentiero, toccare un grande pino che sale alla ricerca della luce là in cima, alzare lo sguardo e controllare che una delle Three Sisters non perda il suo cappello di pietra, perdersi nel labirinto rosso, anzi, meglio di no, perché secondo Ebenezer Bryce, che ha dato il nome al sito, il canyon è “il posto peggiore dove perdere una vacca”, questi cowboy…

Notte al campeggio del Kodachrome Basin, un altro parco? sì ma non abbiamo tempo per visitarlo..

BRYCE CANYON

5. CAPITOL REEF

Stanchi, solo due foto a ricordo, una all’Hickman Bridge, un possente arco di arenaria rossastra, troppo caldo per apprezzarlo, e una dalla Utah Scenic Byway 24, ma questa merita: una fascia di sabbie grigio ferro coronata da torri e castelli rosso ruggine, pendii ocra d’argilla graffiati dalla pioggia e il nastro serpeggiante della strada che corre infinita. Cena in un ristorante di Torrey, strisce di carne secca come usavano i cowboy, durissime, un piatto di fagioli alla Bud Spencer, piccantissimi, un trio con chitarra e cappello da cowboy, folkloristicissimi, il cantante un lungagnone dalla pastosa voce baritonale, se chiudi gli occhi sei in un western.

Notte in un campeggio di Torrey, abbiamo sentito un paio di guaiti/ululati, coyote?

CAPITOL REEF

6. GOBLIN VALLEY

Sulla strada nel nulla verso Arches vista una specie di capra attraversare la striscia d’asfalto e sparire tra i cespugli del deserto, subito dopo un cartello turistico: Goblin Valley State Park, a sinistra, andiamo a vedere? E così eccoci a zonzo in una spianata di improbabili funghi di arenaria polverosa, enormi palle di fango spiaccicate al suolo, gobbe di cammello di argilla rinsecchita, un gigante bambino si è divertito sulla spiaggia a giocare con la sabbia fine fine, le foto fanno schifo ma le figlie si sono divertite un sacco.

Dormito a Moab, domani Arches.

Il seguito nella prossima puntata > Quella volta che siamo andati in America 2

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