Designer, studenti, fotografi, impiegati, liberi professionisti… Sono i podisti che per l’associazione culturale 7 Mila Miglia Lontano raccoglie e racconta le storie che culmineranno il 17 luglio a Kannur, in Kerala, dove con le donazioni raccolte verrà fondata una scuola bottega per la comunità rurale del posto.
Ecco il loro racconto dopo il quinto giorno di viaggio.
Oggi è il quinto giorno e mi sembra doveroso, visto quanto successo, fare un piccolo report di questi giorni di cammino. Ho snobbato un po’ tutti nel raccontare le avventure quotidiane per il semplice fatto che a giornata ultimata sono cotto e ci sono ancora bagagli e carretto da sistemare.
Ieri è stata una giornata fotonica sotto il punto di vista fisico ed emozionale: abbiamo vissuto quattro storie in una giornata che riassumo così.
1. Le stradine di Srinagar
Basta strada, basta smog, basta strombazzamenti. Si comincia a prender la mano (e i piedi) con la viabilità indiana, a verificare le tracce alternative sul gps. Si comincia a testare il carretto sul serio. 40 chili di bagaglio su ruote sono comodi quando la strada è dritta o in discesa ma sulle salite… uff… Chiappe e polpacci vengono spremuti per benino, ripetutamente e, in certi casi, fino allo strenuo delle forze…
Non qua per le stradine di Srinagar dove, come pare sempre succedere, diventiamo lo scoop del giorno x gli autoctoni e soprattutto per le scolaresche. Cibo e scuole in india non mancano mai e quasi ogni giorno passiamo dinanzi a scuole dove veniamo assaliti da piccoli esseri scuri dagli occhi e dai sorrisi color della neve dell’himalaya. Parlano strano, ti guardano con quei fari spalancati e ti circondano incuriositi spauriti divertiti. Vogliono interagire, farti sentire che esistono e pretendono di entrare nella tua vita attraverso la tua macchina fotografica. Per lasciarti un loro sorriso, per ricordarti che una volta ci siamo incontrati. E noi ci dedichiamo completamente a loro. Mera naam Matteo.
2. La via per Bagwan
Dopo un breve tratto di strada principale fuori dalle stradine di Srinagar ci agganciamo ad una piccola strada sulla riva sinistra del fiume Alaknanda che serpeggia tra le cuspidi delle montagnette circostanti. Un po’ di lunghe salite su tratti asfaltati sotto il sole che picchia come un fabbro indiano (e ce ne sono taaanti qua in india), masticando canapa che qua cresce spontanea sul ciglio della strada e nei cortili delle abitazioni. Una pausa ad un baracchino a bere chai a fianco della centrale idroelettrica dove i fornelli sono opere d’arte di argilla e tempo alimentati a legna. Poi via in direzione Bagwan che sta dall’altra parte del fiume ma ci dicono che un ponte (Puul) per di qua lo troviamo.
Lancio il drone. Finalmente, con calma e nella pace più assoluta. Ci segue mentre camminiamo, testimonia l’incontro con greggi e persone da una prospettiva negata a noi esseri di terra. Ed è cosi che giungiamo in questo villaggetto di mezzo dove un 70enne che parla un po’ di inglese ci invita a fermarci con lui e la sua ciurma di sdentati. Ci parla dei suoi figli, dell’Om e della natura. Noi a far foto e immagini per gli sponsor.
Chissà che cosa deve aver pensato di questi quattro occidentali… Forse lo stesso che abbiam pensato poi noi di noi stessi: non ci siam piaciuti fino in fondo. È stata una buona occasione per entrare nelle loro vite e parzialmente l’abbiamo sfruttata.
3. L’attraversamento
Pronti via! Lasciamo la casetta/ baracca dei vegliardi per dirigerci verso il ponte. Per di la! Ce lo hanno indicato anche il 70enne e sua nipote. Ci dicono che c’è. Andòm! La strada oramai è una mulattiera ma il mio carretto si comporta egregiamente. Anche grazie ai miei compagni di viaggio che non lesinano aiuti quando il gioco si fa duro. Più volte fermi a far strada a capre e muli impauritissimi da quella strana cosa (il carretto) ma soprattutto dal fatto che sia legata a quell’essere (umano) che di solito li sfrutta (i muli) per trasportare pesi.
I ruoli si invertono e per fortuna io non subisco scudisciate dai miei compari! Dopo incitazioni e bacchettate la fila di muli si avvicina a me, rallenta, si ferma. Il mulo davanti mi guarda. Fa un passo e poi scatta come un fulmine sgommando per scappare dalla mia ombra verso il suo spazientito padrone. Stessa scena col mulo dietro. E poi quelli dietro ancora. Solo l’ultimo passa coeto e indifferente: probabilmente ha visto che non rappresento un pericolo. Curva dopo curva noi sto sacro benedetto ponte non lo vediamo…ma…aspetta guarda la! Un ponte! Ah! come poi?! Cioè …quelli sono i resti di un ponte… ‘spetta però: ci son due tipi che sbraitano come matti là alla base delle fondamenta della struttura. Sta venendo giu una frana?! Che? Che? Ci guardiamo attorno, su e giù.
Ma l’unica cosa che vediamo è quella gabbia per conigli appesa ad una fune metallica tirata con corde da una sponda all’altra del fiume a 40 metri di altezza. Da quei due che sbraitano come matti. Quando Stefano inquadra la situazione e realizza che quello è l’unico modo di attraversare il fiume perde la voce dalla gioia, si anima come un fanciullo con la sua prima bici (o film porno), mentre il sottoscritto alza gli occhi al cielo e pensa al suo carretto mentre l’ano si serra come un dado sul bullone.
Figa gnari…facciamoci anche sta cosa! Se cosi dev’essere… Tra una palla e l’altra (scarica e carica bagagli, va e torna la gabbietta) la traversata è durata un’oretta, ogni viaggio circa 10 minuti con stop di un minuto (che sembrava una vita) nel mezzo del percorso sospesi sopra l’acqua per permettere ai tiratori di corda sull’altra sponda di recuperare le funi e tirare e tirare e tirare… Ce l’abbiam fatta. Siamo ancora tutti vivi!!
4. In attesa di un passaggio
La risalita dal ponte alla via principale è stata breve ed intensa, ma il morale era assai alto perché erano gli ultimi sforzi prima di metterci alla ricerca di un passaggio per coprire l’ultimo tratto della giornata. Si era fatto oramai piuttosto tardi ed urgeva raggiungere la meta. Sarebbe bastato un carro letame proprio come quello che ci ha dato uno strappo il giorno prima fino a Srinagar. Ma nessuno si ferma. Il tempo passa. E dobbiamo ancora trovare alloggio.
La Provvidenza però è al nostro fianco e prende le sembianze del boss del “baretto” indiano che presumo dica “ci penso io” perché poi effettivamente blocca il primo camion che passa per convincerlo a caricarci. Sembra avercela fatta ma invece l’autista forse sotto pressione perché stava bloccando il poco traffico e sulla stretta strada non riusciva ad accostare, lumacheggia in avanti col suo truck e poi se ne fila via… Sto figlio di androcchia!!
Relax my friend, we are in india... Alla fine riusciamo a farci dare uno strappo su un fuoristrada con portapacchi x il mio carretto. In 4 omaccioni italiani pressati come caffè sul sedile posteriore raggiungiamo Dev Prayag. Qua nasce il fiume chiamato Gange.
5. La ricerca dell’alloggio
Ce l’abbiamo fatta!!! Siamo arrivati!! Troviamo un posto dove sbattere i nostri culi e bagagli e andiamo a mangiare! Vuoi che nn ci siano ostelli guest house etc in questa importante città?! Le ultime parole famose… I peggiori alloggi che abbiamo incontrato finora…e pure pochi e inculati su per le scalinate più ripide mai viste in vita mia. Ed io sono agganciato al mio carretto. E siamo stanchi. Molto stanchi… io e Stefano andiamo in avanscoperta per vedere quell’ostello e quell’altro segnato su googlemaps prima di muoverci tutti con i nostri carichi.
Quello che vedo io fa proprio cagare. Il peggiore da che siamo in India. Ma fa proprio cagare. Sul serio. Bocciatissimo. Passa mezz’ora prima che ritorni sconsolato anche Stefano. Posto aperto ma nessuno dentro. Nessuno a cui chiedere. Vaga per minuti e minuti ma nulla. E la strada è una sfida continua. Decidiamo che dobbiamo tentare di risalire sulla strada principale e percorrere ancora un ultimo lungo chilometro per provare a quell’albergo che giu in paese ci hanno consigliato.
Un ultimo sforzo per Dio! Stradina a 40 gradi di inclinazione che sembrava non finire MAI. Chiappe e polpacci sn saltati. Il mio fiato da fumatore in riserva sparata. Grazie a Dio sto prendendo gli aminoacidi… Dopo interminabili minuti ce l’abbiam fatta! Siamo sulla strada principale. Ora speriamo nella Provvidenza che ci faccia trovare un buco dove riposare le stanche membra. Ne abbiam davvero tutti bisogno.
Detto fatto. Ci incamminiamo e all’ ostello dove prima Stefano aveva cercato invano qualcuno si vede da lontano un omino trafficare sul balcone. fischio come solo io so fischiare. Cerco di attirare la sua attenzione. Non sparire!!! Affrettiamo il passo, la strada è anche un po in discesa grazie al cielo. Arriviamo! Lui è ancora li che traffica. Non spiaccica una parola ma sì ha un paio di stanze per noi. L’ultima scenetta sul capire quanto costava la stanza ve la risparmio. I gesti a volte valgono molto più delle parole…
Ecco, i giorni precedenti più o meno sono stati cosi, ma con più selfie. Dormo, mangio, faccio il bucato e la doccia con acqua fredda… E sono ancora vivo! In più tenete presente che sono con un fotografo, un videomaker ed un artista esploratore. Nel mentre che scrivo guardo questa valle illuminarsi a giorno e dinanzi ai miei occhi in un moto che si ripete senza fine da chissà quanto tempo nasce Lui, ogni giorno proprio come il sole: il Gange.
L’associazione culturale 7MML è diretta da Giuliano Radici (presidente) e Marco Bariselli (tesoriere).