Il mio volo parte da Cancun in perfetto orario e il mio ultimo sguardo, prima di prendere quota, volge sulla splendida barriera corallina mesoamericana che mi ha regalato emozioni grandissime. Con un pò di nostalgia mi preparo ad affrontare l’ultima parte del mio lungo viaggio tra Messico e Belize, in una città fredda e poco battuta dai circuiti turistici, Detroit, cittadina americana nello stato del Michigan.
Detroit fu fondata nel 1701 dai francesi, ma è saltata agli onori della cronaca storica grazie all’industria automobilistica che l’ha portata a essere uno dei poli commerciali più importanti al mondo, convergendo su di sé un cospicuo numero di lavoratori e impiegati che hanno fatto di Detroit il leader mondiale nel settore delle automobili negli anni Cinquanta, nel suo periodo di maggior splendore. Poi il crollo economico, fino al 18 luglio 2013 quando la città si vede costretta a dichiarare fallimento a causa dell’impossibilità di pagare debiti stimati tra i 18 e i 20 miliardi di dollari.
Una volta scesa dall’aereo mi aspetta la dogana statunitense il cui disbrigo burocratico per l’ottenimento dell’autorizzazione all’ingresso nel paese è abbastanza celere, Mi viene chiesto di esibire il mio modulo ESTA, ovvero una preautorizzazione doganale obbligatoria che deve essere debitamente compilata e pagata per via telematica sul sito governativo prima di intraprendere qualunque viaggio o scalo lungo sul territorio americano.
Una volta recuperato il mio bagaglio mi appresto a mettere il naso fuori dall’area arrivi, dove ad attendermi sarebbe dovuto esserci un transfer precedentemente acquistato ad un costo talmente basso che aveva destato in me da subito non pochi dubbi, ma che alla fine avevo deciso di prenotare. La temperatura è abbondantemente sotto lo zero, complice anche una straordinaria ondata di freddo e gelo che aveva messo in ginocchio buona parte degli Stati Uniti. Passare da 30 a meno 5 gradi non è così facile, ma la mia voglia di scoperta è ancora una volta talmente forte da rendermi felice anche di quel gelo improvviso.
La macchina che avrebbe dovuto essere lì ad attendermi non si vede e dopo una buona mezz’ora di attesa comincio a chiedere agli autisti dei numerosi van se conoscono la mia compagnia di trasporto. Tutti si mostrano gentili e desiderosi di aiutarmi, come una giovane donna che chiama il numero di telefono presente sul voucher chiedendogli spiegazioni sulla loro non presenza, ottenendo come risposta di attendere ancora un po’ il loro arrivo. Di minuti ne passano tanti e in preda ad un senso di esasperazione decido di pagare circa 60 dollari per un taxi che mi conduce, senza intoppi, al mio motel in circa 40 minuti.
Sono circa le nove di sera e inizia a nevicare copiosamente, Il motel è posizionato su una strada di scorrimento veloce e le camere, abbastanza spaziose, sono disposte lungo un corridoio esterno affacciato su un grande parcheggio che rende l’atmosfera alquanto inquietante. Con lo stomaco vuoto mi metto alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa, ma la città è deserta e i pochi locali sulla strada sono tutti chiusi, così mi devo accontentare di fare un fugace spuntino al distributore automatico del motel a base di biscotti e aranciata.
La mattina seguente mi gusto finalmente una buona tazza di caffè americano e ciambelle calde. Il gestore è un simpatico signore afroamericano con la passione per il canto che intrattiene me e il resto degli ospiti con simpatici motivetti del mitico Frank Sinatra.
Finalmente sono pronta per partire alla scoperta della città innevata che appare ancora una volta quasi deserta. Si sussuegono una serie di palazzi abbandonati e chiese cattoliche dall’architettura sofisticata, come la Old Saint Mary’s Church che si trova proprio accanto al casinò della città. Il centro cittadino è piuttosto raccolto, con diversi palazzoni con la facciata a specchio che ospitano centri commerciali molto eleganti.
La scelta museale è ricca e interessante. Il Detroit Institute of Arts è uno dei musei più grandi e importanti di tutti gli Stati Uniti e si trova a circa tre chilometri dal centro città. Il museo ospitata non solo reperti di arte figurative e decorative che ripercorrono la storia americana, ma anche capolavori di arte europea come la “Madonna col Bambino benedicente” di Giovanni Bellini, olio su tela custodito per lungo tempo nella pinacoteca di Brera di Milano e successivamente trasferito a Detroit. Questo capolavoro pittorico viene dipinto dall’artista quanto aveva già ottant’anni e mette in evidenza la sua innata capacità ad aggiornarsi sulle ultime tendenze. Mi colpisce moltissimo questa tela, e rimango diverso tempo in contemplazione, la figura della Madonna con in grembo il bambino eretto sulle sue ginocchie apparentemente non ha alcun legame con il paesaggio naturale rappresentato alle sue spalle, intervallato solo da un drappeggio di colore verde, ma nonostante ciò la sensazione che mi pervade è di perfetta integrazione tra sacro e profano.
Lo spazio espositivo di tutto il museo è molto ben organizzato e con una bella sezione di arte contemporanea che però non desta in me molto sorpresa come la precedente.
La città ha una bella offerta di locali dove trascorrere serate piacevoli ascoltando musica dal vivo o concerti jazz. Vengono spesso organizzati importanti eventi musicali e artistici con la presenza di celebrità canore, con l’intento di attrarre turisti da ogni parte del mondo.
Il fiume Detroit, lungo 51 chilometri, percorre l’intera area e in alcuni punti è costeggiato da giardini pubblici dove gli abitanti si riversano con le belle giornate per fare sport o godere del bel panorama sulle coste canadesi da cui li separa solo un lungo ponte. Sfortunatamente le condizioni metereologiche e la neve non mi permettono di godere di questa meraviglia.
Dopo un paio di giorni di girovagare in questa città sorprendente arriva il momento di partire, ma la mappa in mio possesso è alquanto grossolana e quando viene il momento di trovare il bus pubblico per l’aereoporto si apre una sfida non da poco. Quasi nessuno è a conoscenza di informazioni precise in merito ai trasporti e dopo numerosi tentativi incontro delle giovani ragazze che mi indicano una stazione degli autobus poco distante dal centro cittadino e qui mi imbatto in un’ autista molto premuroso e disponibile che mi scarrozza a bordo del suo bus per un lungo tragitto per poi farmi segno di scendere in una fermata dove di lì a poco sarebbe dovuto passare l’aerobus.
La mia visita di Detroit si volge così al termine e io non posso far altro che fare una riflessione su una città che troppo spesso viene bistrattata e menzionata solo in virtù del suo alto tasso di criminalità, che non è poi così diverso da molte nostre città italiane. Una città che invece possiede una grande ricchezza: il cuore gentile dei suoi abitanti.
Lavoro nel settore turistico, viaggiare è la grande passione della mia vita, uno strumento di crescita spirituale che permette di apprezzare le piccole cose della vita. Amo le mete meno battute e ho un debole per i paesi orientali e le città europee.