Partiamo? E come si fa? La linea ferroviaria sono ormai quattro anni che ce l’hanno soppressa, i servizi pubblici di trasporto su gomma ce li diradano sempre più… ditemi voi come si fa a percorrere le nostre belle e verdi colline senza un’auto a disposizione.
“Aree interne”, le chiamano in burocratese, e di questa bella espressione si riempiono la bocca tutte le volte che qualcuno, dal capoluogo regionale o dal governo centrale di Roma, si ricorda di noi per patteggiare, in cambio delle solite vaghe promesse elettorali, l’ennesima chiusura di un ospedale o di un tribunale. “Lì tanto non c’è niente, ci sono già abituati”. È così che ci vedono, i politici della grande città e i cittadini dell’Italia rampante convinta di poter fare a meno di noi. Come se due interi massicci montani fossero “niente”, salvo poi individuare nell’area il sito di una nuova megadiscarica.
Ma sì, forse hanno ragione, in tanti ce ne siamo già andati, e noi pochi rimasti alla fine ci siamo abituati, come dicono loro. Ma come si fa ad abituarsi del tutto all’idea di dover scomparire dalla carta geografica? Di essere destinati alla cancellazione dalle pagine dell’atlante di geografia fisica, politica ed economica, per sopravvivere soltanto nelle vestigia di un intrepido remoto passato di orgoglio prelatino e preromano? E a questo punto immagino che vi starete ancora chiedendo dove diamine siamo: siamo in Irpinia, provincia di Avellino, ma non è poi così importante, perché sono sicuro che, stando ai discorsi fatti finora, avremmo potuto essere in parecchi altri posti in Italia…
Pietro Mitrione ci ha lavorato una vita, sui treni, e adesso proprio non ci sta, a veder le rotaie seppellite dal bosco che lentamente, inesorabilmente le inghiotte. Quelle stesse rotaie che erano il senso del suo appassionato lavoro di servizio al territorio ed il legame di speranza per la propria terra di tante generazioni di emigranti e di pendolari. È per questo che ha fondato l’Associazione InLocoMotivi, che si batte per il ripristino della strada ferrata prima che sia troppo tardi, prima che i nostri cuori cessino definitivamente di desiderarlo, per un futuro degno di tal nome per i nostri paesini arroccati in cima alle rupi che troneggiano sulle valli disseminate di noccioleti e di vigne. Vi piace il vino, vero? Il nostro è dei migliori nel mondo. Chissà se tutti quelli che lo bevono se lo chiedono ogni tanto, da dove viene, Il Greco di Tufo, il Fiano, il Taurasi.
Ma torniamo a Pietro: con lui abbiamo trascorso, il 2 marzo scorso, la Settima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Siamo in Irpinia, il treno che avremmo voluto prendere non c’è più e così abbiamo noleggiato un autobus, con cui partiamo dalla anch’essa moribonda stazione ferroviaria di Avellino per dirigerci verso quello che era il nostro vecchio capolinea, nonché ex snodo delle altre tre importanti direttrici di Foggia, Potenza, e Gioia del Colle: la stazione di Rocchetta Sant’Antonio, nell’attuale provincia di Foggia. Che oggi è l’ennesimo scalo abbandonato e deserto, posizionato com’è al centro di un vasto altopiano che sarebbe completamente vuoto, se non fosse per la presenza di enormi pale eoliche che ruotano nel vento freddo e incessante. Il paese? A quindici chilometri di strada dissestata: ci siamo arrivati per pranzo, ma il grande calore della spontanea e genuina accoglienza a noi riservata è riuscito a stemperare solo in parte il senso di profondo isolamento che proviamo.
Giambattista Assanti è uno sceneggiatore e regista cinematografico, ma soprattutto un amico di Pietro: basandosi sui tanti spunti di vita vissuta forniti dai suoi racconti, si era messo in testa di girare un film che parlasse della futura riapertura della ferrovia. E caparbiamente ci è riuscito: accaparrandosi addirittura, conquistati alla sua romantica causa, attori del calibro di Claudia Cardinale e Sergio Assisi. Dopo la visione del film, intitolato “Ultima fermata”, Giambattista ce ne ha parlato nel silenzio spettrale della stazione di Rocchetta, che colma con la gioia del suo sogno realizzato e dell’annuncio della prossima, prestigiosa anteprima al Taormina Film Fest.
Pietro lo affiancava orgoglioso, e stava di certo pensando che forse anche altri sogni ben più ambiziosi potrebbero un domani divenire realtà. Quel giorno però, consentitemelo, la realtà più bella eravamo noi: i due guerrieri Pietro e Giambattista reduci dalle loro ardue imprese, Francesco Celli ed i suoi amici dell’Associazione Info Irpinia, che sono qua per testimoniare cosa vuol dire avere vent’anni da queste parti e non volersi rassegnare ad andarsene, Rosanna Rebulla che ricorda di quando “di fronte alla stazione sostavano ancora le carrozzelle”, Valentina che è ferroviera anche lei e che, avendo saputo di noi dal web, è venuta addirittura da Orvieto per trascorrere questa giornata, l’intera popolazione ed amministrazione locale del minuscolo paesino di Rocchetta, che ci ha accolto – e pantagruelicamente rifocillato! – alla stregua di veri e propri graditissimi ospiti d’onore, e da ultimi permettetemi anche di automenzionarci, Giuliana ed io con la nostra videocamera…
La redazione di NST ama definirmi un “viaggiatore d’altri tempi”, e non si può dire che abbia tutti i torti: a cinquant’anni suonati, ho fatto in tempo a vedere un bel po’ di mondo com’era, appena prima che si trasformasse in quello di oggi. Questo mio prezioso bagaglio di viaggi “vintage” mi ha aiutato a costruirmi una personale filosofia di viaggio con la quale mi ostino ad interpretare i cambiamenti che sperimento in giro per il pianeta.
Splendido pezzo! Complimenti Carlo.